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Bologna 1938-39: terzo tricolore negli ultimi quattro anni per gli emiliani

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L’Italia calcistica stava vivendo momenti meravigliosi della propria storia e così, dopo il Mondiale del 1934 e l’Olimpiade del 1936, ecco che arrivò anche il secondo successo iridato in Francia nel 1938. La Serie A si confermava sempre di più come straordinaria terra di campioni del pallone e l’Ambrosiana Inter voleva confermarsi ancora campione, tanto che decise di far tornare in Lombardia il sudamericano Demaria.

La città meneghina stava iniziando a conoscere anche i rossoneri del Milan, ormai denominati Milano, che volevano uscire dall’anonimato nel quale erano ormai costretti da troppo tempo. Il Torino vuole dire la sua e il Liguria sarà la grande sorpresa, ma il Bologna vuole tornare a imporsi dopo aver abdicato un anno in favore della Beneamata.

Il cammino dei campioni


I rossoblu emiliani erano stati la squadra in grado di raccogliere la grande eredità lasciata dalla Juventus dopo i cinque successi consecutivi dei bianconeri, ma ripetere il filotto d’oro dei torinesi era praticamente impossibile. Dopo due trionfi era stata l’Ambrosiana a riportare il Tricolore a Milano, ma il Bologna voleva dimostrare che aveva ancora tanto da dimostrare.

Árpad Weisz sedeva ancora sulla panchina dei felsinei pur sapendo che ormai il suo destino era tristemente segnato. Le sue origini ebree stavano per diventare un problema e l’allenza tra Italia e Germania stava per portare anche nel Belpaese la triste vicenda legata alle Leggi Razziali. L’ungherese però non aveva intenzione di mollare e così in estate fu la mente che progettò la rifondazione della squadra.

Per allungare la rosa vennero arruolati come interni Andreoli dalla Lucchese e Marchese dalla Sanremese, mentre nell’undici titolare entrarono di prepotenza il terzino del Ravenna Ricci e soprattutto il centravanti uruguaiano Ettore Puricelli che andava a sostituire quel Busoni che non era mai stato in grado di rimpiazzare Angelo Schiavio. Non ci mise molto il ragazzo di Montevideo a farsi apprezzare dai suoi nuovi tifosi perché già nella gara d’esordio in casa del Genova trovò la via della rete in una pazzesca ed entusiasmante partita conclusasi con il punteggio di 2-3 per i bolognesi. La fragilità difensiva era però diventata ormai chiara a tutti già alla seconda giornata quando al Littoriale arrivò il Bari che fece sudare le proverbiali sette camicie ai ragazzi di Weisz.

Le reti di Reguzzoni e Marchese dopo pochi minuti sembrarono spianare la strada verso una comoda vittoria, ma i Galletti trovarono per due volte il pareggio, prima il 2-2 e poi il 3-3. Fu ancora Puricelli a decidere la sfida permettendo di portare a casa due punti preziosi, ma la testa del tecnico ormai era lontana dal campo. Sapeva che avrebbe dovuto scappare dall’Italia e così le sue ultime due partite furono un vero disastro. Il Livorno banchettò comodamente per 3-1 sulla carcassa dei feriti emiliani e un altro tris venne calato dal Torino proprio davanti al pubblico di Bologna per quello che rimase l’ultima partita di sempre di uno dei più grandi allenatori della storia della Serie A.

I tre Scudetti vinti rimarranno sempre momenti straordinari di calcio, ma nell’ottobre del 1938 dovette forzatamente emigrare in Belgio e in Francia prima di essere catturato dai soldati nazisti ed essere deportato ad Auschwitz dove perse la vita. Al suo posto venne chiamato una figura mitologica a Bologna, quell’Hermann Felsner che era da poco tempo diventato forzatamente tedesco in seguito all’Anschluss, ma il suo cuore viennese e austriaco batteva fortissimo per i colori rossoblu.

Dal 1920 fino al 1931 infatti aveva già guidato gli emiliani ottenendo anche i due Scudetti del 1924 e del 1929 ed era l’uomo giusto per poter riprendere la corsa al Tricolore. Il suo impatto fu devastante, con la squadra che sistemò il reparto arretrato diventando cinica, solida e soprattutto vincente. Il 2-0 alla Lazio al Littoriale permise di dare il via alla rimonta che portò a un’importante serie di cinque successi consecutivi. Dopo i romani cadde anche il Novara e Felsner provò grande gusto e soddisfazione nel battere per 2-1 il Milano, squadra che aveva lasciato proprio per tornare in Emilia. Incredibilmente dopo sette giornate il Liguria era primo in classifica e se il Bologna non voleva far scappare la sorprendente capolista doveva assolutamente ottenere punteggio pieno in quel di Genova.

La sfida fu estremamente equilibrata e a trovare il vantaggio a fine primo tempo fu Maini, che trovò la prima rete del suo campionato battendo Profumo, e nella ripresa fu Michele Andreolo a trovare il raddoppio. Spivach accorciò le distanze, ma non servì a nulla perché gli emiliani avevano vinto con merito portandosi così a un solo punto di ritardo dalla capolista. Il periodo d’oro continuò anche la settimana successiva quando al Littoriale arrivò la disastrata Juventus, relegata nei bassifondi della classifica, ma il fascino della grande sfida rimaneva. Fu Sansone a realizzare l’unica rete dell’incontro e grazie alla contemporanea vittoria della Lazio sul Liguria arrivò l’aggancio al primo posto in compagnia del Torino.

L’entusiasmo generato dall’arrivo del nuovo allenatore si stava però esaurendo e la flessione era dietro l’angolo. Puricelli evitò la sconfitta nella trasferta di Trieste e fu da cardiopalma la rimonta casalinga contro una Lucchese che a un quarto d’ora dal termine era in vantaggio per 0-2. Il terzo pareggio consecutivo arrivò l’1 gennaio 1939 nel derby contro il Modena, permettendo così al Liguria di riportarsi in vetta con un punto di margine.

L’anno nuovo aveva portato però anche energie fresche da poter mettere in campo e così, dopo il ritorno al successo grazie all’1-0 sulla Roma, fu glorioso l’1-6 con il quale la squadra si impose all’Ascarelli di Napoli, riuscendo a mandare in rete ben cinque giocatori diversi, con il solo Puricelli in grado di realizzare una doppietta. I liguri erano dunque stati ancora una volta riagganciati, ma la sfida al vertice contro l’Ambrosiana finì in una nulla di fatto, con Meazza che pareggiò su rigore la rete del cannoniere uruguagio.

I nerazzurri non erano riusciti ad accorciare e rimanevano a quattro punti di distanza, il Torino a venti non mollava la presa, mentre a ventidue chiudevano a pari merito come campioni d’inverno il Bologna e il Liguria per un campionato che sembrava dover essere ancora estremamente equilibrato.


Era chiaro però come la società successiva alla Sampierdarenese non potesse mantenere certi ritmi per tutto il campionato e così i rossoblu capirono che bastava spingere un pochino sull’acceleratore per poter dare già la mazzata definitiva al campionato. Inoltre la presenza di Puricelli garantiva un’enorme quantità di gol che si rivelò decisiva per allungare sulla concorrenza.

Il Genova venne schiantato al Littoriale sotto i colpi di un pesante e netto 3-0, mentre incredibilmente bastarono tre pareggi consecutivi per portarsi al primo posto solitario. Il cannoniere venuto dal Sudamerica salvò la squadra nell’insidiosa trasferta di Bari realizzando una doppietta che valse un punto preziosissimo e altrettanto fece contro in casa contro il Livorno per garantire l’1-1 in vista dello scontro diretto contro il Torino.

I granata si erano portati a tre punti di distacco e sembravano essere loro i veri rivali, soprattutto dopo che all’andata si erano imposti con un perentorio 0-3. Al Filadelfia si presentò il pubblico delle grandi occasioni e a metà primo tempo fu Baldi a realizzare il gol del vantaggio che mandò in estasi il tifo granata. Il Bologna però riprese le redini della partita giocando meglio e schiacciando i rivali nella propria metà campo, fino a quando non arrivò il meritato pareggio con Sansone che bucò Olivieri per l’1-1 che valse il primo posto solitario a causa del pesante 5-2 subito dal Liguria in casa dell’Ambrosiana Inter.

Da quel giorno i rossoblu divennero imprendibili per tutti avvicinandosi sempre di più alla vittoria del loro quinto titolo nazionale. Il successo ritornò nella giornata seguente a Roma contro la Lazio grazie a una rete nel finale di Puricelli e alla grande prestazione in porta di Pietro Ferrari che divenne inaspettatamente titolare nel finale di campionato a causa di un infortunio al braccio che da tempo limitava Ceresoli. Il ritorno dei due punti fu una splendida ventata d’aria fresca e il portiere reggiano alzò la saracinesca contro Novara e Milano garantendo così ai felsinei altre due importanti vittorie che volevano dire fuga.

Alle loro spalle infatti tutte avevano ceduto pesantemente con il Liguria ancora nello strano ruolo di prima inseguitrice, ma ormai a quattro punti e incapace di vincere con continuità. Lo scontro diretto del Littoriale era l’ultima occasione possibile per la bellissima realtà allenata da Baloncieri e il nervosismo accompagnò tutti i novanta minuti. Entrambe le squadre rimasero in dieci uomini per le espulsioni di Pagotto e Spinola e anche le reti furono una per parte.

Al vantaggio ospite realizzato da Gabardo rispose prontamente nella ripresa l’imprendibile ala campione del mondo Biavati che garantì così ancora di poter mantenere un ottimo margine, ma con una giornata in meno e uno scontro diretto non più da giocare. Il Bologna commise però il grave errore di sentirsi già vincitore dello Scudetto e fu clamorosa la sconfitta rimediata a Torino contro una Juventus che poté allungare sulla zona retrocessione, ma il Liguria ormai aveva alzato bandiera bianca.

La sconfitta interna contro la Lazio permise all’Ambrosiana di salire al secondo posto a tre punti di distacco provando a mettere pressione agli emiliani che però ripresero immediatamente la loro marcia trionfale. La Triestina era stata la squadra contro la quale si erano festeggiati i successi del 1936 e del 1937, mentre in questa occasione diede l’ufficiosità del traguardo. Il 2-0 firmato da Fedullo e Biavati garantì l’allungo sui nerazzurri che caddero incredibilmente a Milano contro il Napoli permettendo ora al Torino di diventare a quattro punti la prima inseguitrice, ma ormai non c’era più tempo.

Lo scontro diretto tra meneghini e torinesi si concluse con un pareggio che non serviva a nessuna e il Bologna poté perfino permettersi il lusso di pareggiare a Lucca mantenendo le quattro lunghezze di vantaggio a quattro turni dal termine. I granata provarono a rientrare in corsa nel turno successivo quando vinsero in casa contro il Liguria, mentre i rossoblu incapparono ancora in un 1-1 nel rognoso derby contro il Modena, ma per la festa mancava solo la certezza. Il 30 aprile 1939 gli emiliani scesero al Campo Testaccio per sfidare la Roma con la convinzione che avrebbero festeggiato il titolo la settimana successiva davanti al proprio pubblico.

Il Torino però doveva affrontare la complicata trasferta contro il Genova, ma i piemontesi non potevano nemmeno immaginare alla disastrosa giornata alla quale sarebbero andati incontro. L’espulsione di Allasio complicò i piani dei ragazzi di Molnár e a fine primo i liguri si trovavano già in vantaggio addirittura per 4-0. La notizia arrivò immediatamente alle orecchie dei giocatori bolognesi che intanto avevano chiuse a reti bianche la prima frazione di gioco, ma a inizio ripresa si scaraventarono immediatamente in attacco.

Fu Puricelli dopo soli due minuti del secondo tempo a battere Masetti per la rete del vantaggio che voleva dire certezza matematica dello Scudetto con ben due giornate d’anticipo. A Marassi la situazione continuava a peggiorare per il Toro che venne travolto da un umiliante 6-1, mentre nella Capitale Pietro Ferrari fece buona guardia, ben protetto dai suoi prodi scudieri Pagotto e Ricci e il risultato non cambiò. Il Bologna si era laureato per la quinta volta nella sua storia campione d’Italia, la terza negli ultimi quattro anni.

Un trionfo assolutamente meritato e dominato superando anche le difficoltà iniziali dovute al forzato allontanamento di Árpád Weisz, ma ritrovando in Hermann Felsner un vecchio condottiero anche dannatamente concreto e vincente. Il campionato si chiuse di fatto in casa contro il Napoli dove ci fu festa grande d’innanzi al proprio pubblico con un roboante 4-0 infilitto ai partenopei, mentre all’ultima giornata l’Ambrosiana incoronò la squadra che l’ha succeduta sul trono d’Italia vincendo per 2-0, non riuscendo però a intaccare il dominio rossoblu.

La formazione


La squadra del 1938-39 venne pensata dal Presidente Renato Dall’Ara e soprattutto da Árpád Weisz che però non ebbe il tempo di portare a compimento la sua opera a causa delle Leggi che stavano nascendo in Italia. L’allenatore di quella grandissima rosa fu dunque l’austriaco Hermann Felsner, vecchia conoscenza del Bologna che lasciò senza rimpianti il Milano nel bel mezzo della stagione.

La squadra era formata da diversi elementi che avevano vinti i campionati del 1936 e del 1937 e tra questi vi era il portiere Carlo Ceresoli che però dovette abdicare nel finale di stagione al più giovane Pietro Ferrari che ne raccolse egregiamente la pesante eredità. La difesa dovette fare a meno dell’infortunato Dino Fiorini che però venne perfettamente sostituito dal nuovo acquisto dal Ravenna Secondo Ricci, difensore elegante ed essenziale, che si trovò in perfetta armonia con il veterano Mario Pagotto.

La mediana vedeva come sempre al centro l’intelligenza tattica di Michele Andreolo, mentre sugli esterni vi era molta alternanza. Sulla destra il titolare era sempre il roccioso Mario Montesanto, ma in diverse occasioni venne schierato in quell’insolito ruolo anche Bruno Maini che cercava spazio in campo. Sulla sinistra invece Giordano Corsi dovette sgomitare con il nuovo arrivato dalla Lucchese Piero Andreoli, anch’egli giocatore più offensivo rispetto al compagno di reparto.

Gli interni di centrocampo erano i due intoccabili uruguaini Raffaele Sansone e l’intramontabile Francisco Fedullo, che a fine anno decise di tornare in Patria per un’ultima stagione prima del definitivo ritiro. Il terzetto d’attacco, già formidabile nelle stagioni precedenti con le imperdibili ali Amedeo Biavati e Carlo Reguzzoni, diventa assolutamente perfetto con l’aggiunta di un vero grande centravanti che mancava dagli anni d’oro di Angelo Schiavio. Ettore Puricelli venne prelevato dal Central di Montevideo e il suo impatto fu devastante a tal punto da vincere immediatamente la classifica dei marcatori.

Il capocannoniere


Se il Bologna aveva basato prevalentemente sulla difesa i successi del 1936 e del 1937, nel 1939 la situazione cambiò profondamente perché dal Sudamerica arrivò un sensazionale centravanti in grado di spaccare le reti: Ettore Puricelli.

La colonia uruguaiana era già molto folta e infatti non ebbe grossi problemi ad ambientarsi all’interno della squadra e anche in campionato divenne subito una sentenza. Fu sua infatti la decisiva rete all’esordio con la quale i ragazzi di Weisz riuscirono a imporsi per 2-3 in casa del Genova e risultò ancora essere uomo da momenti importanti quando siglò il 4-3 nella difficoltosa vittoria contro il Bari.

Le ultime due particolari e completate gare con il tecnico ungherese lo videro senza realizzazioni, ma con l’arrivo di Felsner si mise immediatamente in mostra segnando il primo gol della nuova gestione contro la Lazio. I suoi centri contro Novara e Milano valsero altre due vittorie, prima di tornare al gol dopo una breve pausa nell’1-1 contro la Triestina. Tra dicembre e gennaio si fermò per tre partite prima di contribuire in maniera decisiva alla conquista del primo posto con una doppietta nel trionfale 6-1 contro il Napoli e soprattutto nella preziosa rete che valse l’1-1 contro i campioni in carica dell’Ambrosiana.

Ormai era entrato perfettamente nei meccanicismi e continuò anche nel girone di ritorno un andamento pazzesco, fatto da altre quattro reti consecutive contro Genova, Bari, che subì una doppietta, e Livorno. Dopo due settimane dalla rete ai toscani segnò il punto decisivo nella durissima trasferta di Roma contro la Lazio che probabilmente valse una fetta importante di Scudetto.

Ancora in gol contro il Novara per calare il definitivo tris e fu suo il gol che garantì i due punti a Milano contro i rossoneri, prima di fermarsi per altre tre partite. Il gol contro la Lucchese permise di tenere a distanza gli avversari e contro la Roma non poteva che essere sua la rete della matematica conquista del Tricolore. Arrivò a quota diciannove nella festa del Littoriale contro il Napoli e ciò che sorprese di Puricelli fu la straordinaria continuità, segnando soltanto una doppietta in tutto il campionato.

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