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Ambrosiana Inter 1937-38: il ritorno al vertice dei nerazzurri di Meazza

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Finito un ciclo come quella della Juventus era ben difficile riuscire a farne partire un altro altrettanto glorioso e dopo due Scudetti consecutivi per il Bologna sembrava già tempo di alzare bandiera bianca. I sudamericani Albanese e Liguera non riuscirono a dare l’apporto sperato, ma di certo i rossoblu non smisero di essere protagonisti del campionato. La Juventus aveva voglia di dettare ancora legge, il Milan aveva assaggiato l’alta classifica e ora non voleva più farne a meno e il Genova voleva tornare ai glorioisi fasti del passato. Chi invece sembrava essere la solita spendaccione dell’estate era l‘Ambrosiana Inter del Presidente Pozzani che questa volta fece le cose in grande e nel migliore dei modi.

Il cammino dei campioni


Da quando era entrato al comando dei nerazzurri nel gennaio del 1932, Ferdinando Pozzani non si era mai tirato indietro per quanto riguardava gli investimenti legati all’acquisto di giocatori di prima fascia. La sua Ambrosiana iniziava a essere vista da tutti come il paese dei balocchi, dove gli stipendi erano decisamente alti per l’epoca, ma i titoli scarseggiavano ad arrivare. Gli ungheresi Weisz e Feldmann fallirono la rincorsa al titolo, decisamente clamorosa quella del 1935, e nel 1936 venne a sorpresa trasportato dal campo alla panchina Armando Castellazzi, ancora trentaduenne.

La sua prima annata fu tutt’altro che esaltante con un settimo posto che sembrava propedeutico alla sua cacciata e invece il Generale Po stupì tutti riconfermandolo e mettendosi in prima linea nella creazione della nuova rosa interista. È la difesa il reparto che deve essere maggiormente rivoluzionato e che ha creato i principali problemi nella stagione appena trascorsa e così vengono ceduti in blocco Ghidini, Sala, Turchi e Villa e per sostituirli non badò a spese. Olmi dal Brescia, Setti dal Bari e i fratelli Nicola e Antonio Ferrara dal Napoli per un’Ambrosiana che in attacco sapeva di poter contare ancora su uno splendido Giuseppe Meazza. L’inizio del campionato della Beneamata risultò essere ancora una volta molto zoppicante, soprattutto a causa di un andamento in trasferta non proprio impeccabile.

Nella gara d’esordio a Lucca le reti e lo spettacolo non mancarono con Nicola Ferrara che realizzò al debutto la rete del 2-3 che sembrava dare i primi due punti dell’anno, ma a tempo scaduto ecco il pareggio di Coppa. Non si andò oltre il pareggio nemmeno nel viaggio nel nord est contro la Triestina, mentre all’Arena Civica la squadra piaceva e divertiva. Castellazzi adorava il gioco arioso e offensivo, affidandosi sempre all’ottimo Peruchetti in porta che però doveva quasi sempre raccogliere almeno un pallone dal fondo della rete.

Un ruolo importantissimo nella squadea lo aveva anche Giovanni Ferrari, che dopo essere stato l’uomo chiave nel quinquennio d’oro della Juventus voleva iniziare a vincere anche a Milano. Il suo primo gol arrivò nel trionfo interno contro il Livorno, mentre con la Fiorentina ci fu lo spettacolo del fantastico duo Meazza e Frossi che con una doppietta a testa stesero la Fiorentina per 5-1. Alla quinta giornata era già tempo di scontro diretto al Littoriale contro il Bologna campione in carica e i rossoblu dimostrarono ampiamente di essersi ripresi dopo un inizio a rilento. A metà primo tempo fu Reguzzoni a trovare la rete della vittoria che costò la prima sconfitta ai meneghini e quella emiliana fu l’unica partita in tutto il girone d’andata dove l’Ambrosiana fu incapace di segnare.

Se lontano dalla Lombardia le cose faticavano a ingranare, in casa tutto procedeva per il meglio e quale partita migliore del derby con il Milan per rilanciarsi. Pietro Ferraris e Giovanni Ferrari bucarono la porta di Zorzan per un 2-1 che valse il sorpasso sui cugini e l’avvicinamento alla coppia di testa formata da Juventus e Roma. La rincorsa proseguì anche nel turno successivo quando anche il Napoli venne piegato all’Arena Civica da un Meazza che fu croce e delizia, dato che segnò la rete del vantaggio ma nella ripresa venne anche espulso. Il Genova era tornato a essere una squadra di primo livello nel campionato e il pareggio di Marassi fu ben accolto prima dell’attesissimo scontro al vertice di Milano contro la Vecchia Signora.

Il grande Pepín aveva ricevuto due turni di squalifica dopo la sfida contro i partenopei e a sorpresa Castellazzi decise di abbassare leggermente la squadra avanzando così Nicola Ferrara nella linea dei tre d’attacco accanto a Frossi e Ferraris, mentre a centrocampo venne inserito il giovanissimo diciottenne Aldo Campatelli. Nonostante l’assenza della propria stella l’Inter disputò una partita straordinaria sbloccando il risultato a inizio ripresa con Pietro Ferraris, ma poco dopo un rigore di Foni riportò la situazione in parità. Mancavano meno di dieci minuti alla fine quando il grande e atteso ex Giovanni Ferrari trovò lo spiraglio giusto per battere Amoretti che valse il definitivo 2-1.

La vittoria sui bianconeri aveva un valore immenso, dato che voleva dire sorpasso in classifica e aggancio alla vetta della classifica a pari merito con la Lazio, proprio alla vigilia dello scontro diretto a Roma. Il successo sui piemontesi senza Meazza aveva dato una grande consapevolezza all’Ambrosiana che allo Stadio del PNF completò il suo periodo d’oro con la prima vittoria lontano da casa nel momento più importante. Fu un vero e proprio trionfo, con i nerazzurri che dominarono per lunghi tratti i biancocelesti portandosi a inizio secondo tempo sullo 0-2 grazie alla reti di Pietro Ferraris e Giuseppe Meazza, prima che un’autorete nel finale di Cobelli spezzasse i sogni di rimonta rivali iniziati con il rigore di Busani.

La Beneamata era diventata capolista solitaria del torneo e per tutto il girone d’andata non avrebbe più mollato la posizione. Quella romana rimase l’unica vittoria lontano da casa in tutta la prima parte del campionato, dato che a sorpresa la neopromossa Atalanta fermò l’Inter sull’1-1 e lo stesso risultato venne ripetuto contro la Roma, ma all’Arena Civica continuò lo spettacolo e il ruolino di marcia impeccabile. Ferraris trovò nel finale il punto per piegare un ostico Liguria, Meazza segnò la rete decisiva dell’incontro contro il Torino, nell’unica giornata del girone d’andata dove la porta di Peruchetti rimase inviolata e soprattutto al giro di boa iniziò la festa contro il Bari.

I Galletti pugliesi vennero travolti da un prorompente 9-2 con Meazza che segnò addirittura cinque reti dando l’impressione che l’Ambrosiana fosse imbattibile. Dopo la metà delle partite disputate i nerazzurri avevano già accumulato un vantaggio di ben quattro punti sul terzetto formato da Genova, Juventus e Bologna e la scarsa continuità di rendimento delle inseguitrici faceva credere che i campioni d’inverno avrebbero avuto la strada spianata verso il tanto atteso titolo che mancava da otto anni.


Tutto continuò a proseguire per il meglio anche nel girone di ritorno con l’Inter che stese a domicilio la Lucchese con un pesante 4-0, ma a un tratto ecco la crisi. A sorpresa i nerazzurri non andarono oltre lo 0-0 a Livorno, ma soprattutto incapparono nella prima sconfitta interna contro la Triestina. La doppietta di Trevisan arrivò come in doccia gelata permettendo così al Genova di approfittare completamente della situazione portandosi a un solo punto distacco.

Per fortuna arrivò la gara di Firenze contro la disastrata Fiorentina con Pietro Ferraris che realizzò una tripletta per un comodo e netto 0-3, subito prima dell’attesissimo scontro al vertice contro i campioni in carica del Bologna. All’Arena Civica una gran folla accorse per godersi lo spettacolo del Pepín Meazza che con una rete per tempo batté l’ex compagno Ceresoli mandando i felsinei a cinque punti di distacco e riuscendo a tenere quel minimo vantaggio sul Grifone che non voleva mollare. A cinque lunghezze di ritardo vi era anche il Milan e il derby era l’ultima occasione valida per poter rientrare in corsa per il titolo e come spesso accade nelle stracittadine sono le sfavorite a vincere.

A dieci minuti dalla fine Capra diede il successo al Diavolo, ma anche i rossoblu incapparono in un’inattesa sconfitta nel derby con il Liguria permettendo così all’Ambrosiana di rimanere in vetta, ma dando la possibilità alla Juventus di agganciare la seconda piazza. Il campionato era più vivo e incerto che mai e i ragazzi di Castellazzi continuarono il loro momento di flessione ancora per diverse settimane. Nel finale fu Meazza a evitare la sconfitta a Napoli, che però non impedì alla Vecchia Signora di completare l’aggancio e nello scontro diretto contro il Genova all’Arena Civica non si andò oltre lo 0-0.

I bianconeri vennero fermati sul pari dalla Lazio e alla ventiquattresima giornata era enorme l’atteso per lo scontro direttissimo tra Juve e Inter, co. le due appaiate in vetta alla classifica a pari punti. Al Mussolini si poteva decidere la sorte dello Scudetto e i padroni di casa fecero esplodere lo stadio dopo pochi minuti grazie al vantaggio di Bellini, ma come nella gara di andata fu Giovanni Ferrari a dare un grande dispiacere alla sua ex squadra siglando il pareggio. Nella ripresa Gabetto batté per la seconda volta Peruchetti e. delitto perfetto della Signora era completato, perché con sole sei partite da giocare era diventata la nuova capolista. Sembrava ormai tutto perso e tutto da buttare per l’ennesima stagione che da trionfale si stava trasformando in drammatica, ma il 1938 fu un anno incredibile.

L’Ambrosiana si ricompattò immediatamente e la Lazio venne travolta da un netto 3-1 a Milano, ma quando la Juventus nel turno successivo pareggiò in casa contro la Roma, i nerazzurri vennero sconfitti pesantemente per 3-1 in casa del Liguria. Invece che recuperare un punto lo si era incredibilmente perso e tre lunghezze a quattro turni dal termine sembravano una chimera.

Tutto però si riaprì nel turno successivo con i bianconeri che dimostrarono di essere arrivati al gran finale con le batterie scariche e così vennero sconfitti per 2-0 in casa della Triestina, mentre Pietro Ferraris a un quarto d’ora dalla fine piegava la resistenza di un’Atalanta in corsa per la salvezza. Tutto rimaneva invariato anche nel turno successivo con l’Ambrosiana che si faceva raggiungere nel finale fal Torino sull’1-1, mentre una Juve a corto d’ossigeno limitava i danni strappando uno 0-0 in casa di un Bologna che sognava l’aggancio al vertice.

Quell’anno però era il Liguria la squadra che voleva issarsi come bestia nera delle grandi e così andò incredibilmente a vincere a Torino in casa della Vecchia Signora, mentre a Milano Giovanni Ferrari, e chi se non lui quando la palla diventa rovente, realizzava l’unico gol dell’incontro nella complicata gara contro la Roma. Era l’incredibile sorpasso, l’Ambrosiana era tornata al primo posto quando manacavano solamente novanta minuti al termine. Il campionato era più incerto che mai dato che, oltre a nerazzurri e bianconeri, erano ancora in lotta Scudetto passando per lo spareggio anche il Milan, il Bologna e il Genova, lontani solo due punti dalla Beneamata.

Il 24 aprile 1938 l’Inter scese a Bari, con i Galletti poco intenzionati a lasciare un facile successo agli avversari dopo l’umiliante 9-2 dell’andata. Le belle notizie arrivavano però dagli altri campi, dove nessuna stava vivendo e nel finale del secondo tempo ecco la pietra tombale sul campionato. Fu Giuseppe Meazza a trafiggere Cubi per lo 0-1 che ormai stava per cucire il Tricolore sulle maglie nerazzurre e a tempo scaduto ci fu gloria anche per Annibale Frossi che segnò il quinto gol di un campionato per lui non memorabile, ma che gli garantì il titolo di campione d’Italia. Per la quarta volta nella storia l’Inter era la miglior squadra della Penisola e otto anni dopo l’ultimo successo era ancora Pepín Meazza l’uomo della svolta e del trionfo.

La formazione


La pessima stagione 1936-37 aveva portato il Presidente Pozzani a cambiare ancora una volta diversi interpreti, ma a sorpresa venne confermato in panchina il giovane Armando Castellazzi. La sua idea era quella di un calcio offensivo dove la cosa più importante era segnare e divertire e solo successivamente cercare di non subire.

In quest’ottica fu fondamentale la presenza di un portiere estremamente affidabile come la Pantera Nera Giuseppe Peruchetti, formidabile nelle uscite alte di pugno. In difesa venne confermato per il secondo anno consecutivo il campano Carmelo Buonocore, acquistato nel 1936 dal Messina, e il neoacquisto dal Bari Duilio Setti, famoso per giocare con un fazzoletto nero in testa e difensore molto amato per la sua capacità di lanciare dalle retrovie i compagni d’attacco.

La linea mediana aveva in Ugo Locatelli il pezzo più pregiato, campione in grado di recuperare palla e far ripartire l’azione, mentre sulle fasce vi erano il nuovo acquisto dal Brescia Renato Olmi, importante in difesa con buoni doti offensive, e Piero Antona, che a sinistra non andava tanto per il sottile negli interventi. Come interni a servire le punte ci pensavano l’intramontabile e leggendario Giovanni Ferrari, ancora una volta decisivo nelle conquiste di Scudetti, e i fratelli Nicola e Antonio Ferrara.

Il primo dei due piccoletti aveva compiti maggiormente difensivi rispetto al secondo che amava prevalentemente stare più a ridosso delle punte e per questo motivo era prevalentemente una seconda scelta. L’attacco era da favola con Annibale Frossi che giostrava sulla fascia destra, ma in stagione mancò troppo spesso l’appuntamento con la rete, mentre a sinistra non si fece attendere in fase realizzativa Pietro Ferraris, che visse la miglior annata della sua carriera.

Al centro da ormai dieci anni c’era sempre Giuseppe Meazza, che non era più il bimbo prodigio dello Scudetto del 1930, ma bensì la stella più brillante e luminosa di tutta la Serie A conquistando il suo secondo Scudetto da capocannoniere del campionato.

Il capocannoniere


L’Ambrosiana Inter tornava a vincere lo Scudetto dopo otto anni di tentativi falliti e come nel 1930 i gol arrivavano dal suo straordinario fenomeno in squadra: Giuseppe Meazza. Se a vent’anni era considerato l’unico finalizzatore della squadra, mentre con il tempo divenne anche molto più uomo a tutto campo capace di dialogare con tutto il reparto offensivo.

La stagione del cannoniere nerazzurro iniziò subito nel migliore dei modi andando a rete nella partita d’esordio contro la Lucchese, ma il suo centro non valse la vittoria con il risultato finale che fu solo 3-3. Nelle prime partite non riuscì a essere molto continuo, perché la doppietta contro la Fiorentina arrivò dopo uno stop di due giornate e lo stesso accadde con la rete contro il Napoli, gara che gli costò anche l’espulsione e due turni di squalifica. Tornato dalla pausa forzata andò in rete nello scontro direttissimo al vertice a Roma contro la Lazio e regalò un felice Natale ai nerazzurri segnando l’unico gol della sfida casalinga contro il Torino.

L’aria dell’anno del Mondiale galvanizzò in maniera importante il campionissimo che nel gennaio 1938 regalò due pazzesche prestazioni nello spazio di soli sette giorni. Il Bari venne travolto a Milano per 9-2 e Meazza realizzò ben cinque reti, mentre contro nel 4-0 alla Lucchese si limitò a mettere a segno una tripletta portandosi così in vetta alla classifica marcatori. Peppino era in forma sensazionale e dopo il rigore segnato contro la Triestina segnò una splendida doppietta nello scontro diretto contro il Bologna, per un 2-0 che sembrò far volare i nerazzurri verso il titolo.

A quel punto però l’Ambrosiana entrò in crisi e anche il suo simbolo calò di rendimento trovando solo la rete del pareggio nella trasferta di Napoli, ma dopo le quattro giornate senza vittorie fu decisivo segnando un gol contro la Lazio nella ripresa alla corsa al titolo. Il suo ultimo e ventesimo gol arrivò proprio nel giorno della festa, quando fu lui a trafiggere ancora una volta il portiere del Bari sbloccando una partita che stava diventando sempre più complicata e così a fine anno fu campione d’Italia grazie ai due punti di vantaggio sulla Juventus e capocannoniere per due gol in più sul Trevisan della Triestina.

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