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Bologna 1936-37: gli emiliani si confermano sul tetto d’Italia

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Confermarsi a grandi livelli non è mai facile e soprattutto la stagione appena terminata ha dimostrato come tutte le migliori squadre della Serie A abbiano un livello molto simile. Il Bologna campione d’Italia punta ancora molto sul gruppo della stagione precedente ma devo trovare sostituiti in attacco e in porta e la regina del mercato è ancora una volta l’Ambrosiana Inter del Presidente Pozzani che però si rivelerà la grande delusione del campionato. Chi lotta veramente per la prima volta per lo Scudetto è la Lazio del grandissimo canonniere Silvio Piola, oltre che a un Torino che dopo aver assaggiato l’alta classifica non ha più intenzione di tornare indietro.

Il cammino dei campioni


Gli anni ’30 sono un periodo d’oro per il calcio italiano e l’annata 1936-37 iniziò con la Nazionale che tornava da Berlino con l’oro al collo dimostrando ancora una volta come la Serie A potesse essere considerato il miglior campionato del mondo. La posta in palio era dunque altissima e il Bologna di Weisz non aveva la minima intenzione di perdere il proprio primato, anche se sapeva bene che avrebbe dovuto fare a meno di due punti di riferimento dell’anno precedente: il portiere Gianni e il cannoniere Schiavio.

A rimpiazzarli vennero chiamati per l’attacco il livornese Giovanni Busoni dal Napoli e in porta sorprese l’acquisto di Carlo Ceresoli, portiere storico della Nazionale ma che dopo la trionfale partita di Highbury contro l’Inghilterra era caduto in disgrazia disputando due stagioni estremamente negative. Il tecnico ungherese però lo conosceva bene fin dai tempi dello Scudetto con l’Ambrosiana Inter e per questo motivo intensificò fino allo sfinimento il suo allenamento estivo. Dal settore giovanile era stato portato stabilmente in prima squadra un’ala destra di assoluto talento che sarebbe entrato nella storia come l’inventore del doppio passo: Amedeo Biavati.

Se i rossoblu erano arrivati al titolo di campioni d’Italia il primo anno tramite un gioco estremamente attento difensivamente e votato al contropiede, lo furono ancora di più nella stagione seguente dove però riuscirono finalmente a invertire la tendenza delle gare in trasferta. L’esordio al Campo del Littorio di Alessandria infatti ruppe un incantesimo che durava addirittura dal girone d’andata della Serie A precedente e con la rete di Fedullo a metà primo tempo il Bologna iniziò il campionato con il piede giusto vincendo lontano da casa. La tattica attendista però si rivelò molto pericolosa nella sfide interne soprattutto con squadre in lotta per la salvezza come dimostrò il pareggio alla seconda giornata contro il Bari, dove gli emiliani sprecarono un doppio vantaggio abbassandosi troppo e facendosi rimontare sul 2-2 nel secondo tempo.

Il risultato arrivava proprio alla vigilia di un doppio impegno mortale, ma all’Arena Civica di Milano i rossoblu dimostrarono perché erano i campioni d’Italia in carica e con una rete di Reguzzoni batterono l’Ambrosiana mentre ci furono da sudare le proverbiali sette camicie per non perdere in casa contro la Lazio. Fu Busani a portare in vantaggio i romani, ma a un quarto d’ora dalla fine fu inaspettatamente Montesanto a trovare la via di un pareggio assolutamente fondamentale. Il periodo non troppo brillante continuò a Lucca con il terzo pareggio in cinque partite e la perdita del primo posto in favore del Torino, mentre i biancocelesti concludevano l’aggancio.

Serviva una svolta soprattutto dall’attacco e Busoni finalmente divenne importante soprattutto con la doppietta con la quale stese la Sampierdarenese nel 4-1 che diede la prima vittoria interna dell’anno e la settimana seguente si dimostrò ancora mattatore delle liguri realizzando a metà ripresa il punto del successo a Marassi contro il Genova. La doppia vittoria aveva riportato i rossoblu al primo posto proprio alla vigilia dell’attesissimo scontro diretto contro i granata, ma il Littoriale continuò a non portare bene ai ragazzi di Weisz. Una rete nel finale di Galli valse i due punti e il sorpasso in classifica da parte dei piemontesi con la Lazio che tallonava da vicino le rivali permettendo così a continui cambiamenti in vetta.

In trasferta il Bologna volava con prestigiose vittorie di misura come quella ottenuta all’Ascarelli di Napoli e al Campo Testaccio contro la Roma, in entrambi i casi l’uomo vittoria fu Reguzzoni, ma in casa tutto veniva vanificato con pareggi con Busoni che evitò due sconfitte con Juventus e Fiorentina riacciuffando il pareggio. L’1-1 contro i gigliati permise di allungare sui granata, ma i biancocelesti erano diventati imbattibili e battendo la Lucchese agganciarono i felsinei in vetta. Il 1936 si chiuse con un ottimo successo per 1-2 a Trieste e l’anno nuovo scacciò i dubbi e le perplessità casalinghe con un roboante 5-1 al malcapitato Novara anche se proprio sul più bello venne perso il titolo d’inverno.

A essere fatale fu San Siro e il Milan che trovarono la vittoria grazie a un rigore di Bonizzoni, mentre gli Aquilotti travolsero a domicilio il Bari per 3-1 portandosi così alla fine del girone d’andata capolisti solitari con due punti di vantaggio sui campioni d’Italia in carica.


Il girone di ritorno doveva dunque essere quello del cambio di marcia e fin dalle prime battute il Bologna sembrò finalmente essere tornata quella squadra che “tremare il mondo fa“. L’aggancio arrivò già alla prima giornata della seconda parte di stagione grazie al netto 4-0 rifilato a domicilio all’Alessandria, mentre nella stessa domenica la Lazio veniva travolta dal Milan. L’eroe di giornata fu Reguzzoni che continuò il suo periodo di forma smagliante decidendo con una rete sia il successo pugliese contro il Bari che quello casalingo contro l’Ambrosiana con Ceresoli che si fece rimpiangere dalla sua ex squadra.

I biancocelesti intanto erano entrati in un periodo negativo perdendo anche a Trieste e si arrivò così allo scontro diretto allo Stadio del PNF con i rossoblu avanti di due punti sui rivali. Weisz poteva dunque sfoggiare tutto il suo acume tattico e la sua intelligenza difensiva e così ne uscì uno 0-0 fondamentale per la riconferma dei felsinei come campioni d’Italia. Il pareggio era visto come il possibile snodo decisivo verso il trionfo finale eppure quello fu solo il primo di una lunga e interminabile sfilza di partite concluse senza vinti né vincitori.

Fortunatamente per il Bologna la Lazio iniziò a incappare in una serie incredibile e inspiegabile di sconfitte e così risultarono indolori lo 0-0 interno con la Lucchese, il 2-2 in rimonta contro la Sampierdarenese, già trasformata in Liguria, e soprattutto il pirotecnico 4-4 interno contro il Genova con gli emiliani quasi sempre in svantaggio di due reti. Intanto stava risalendo la classifica il Torino e dopo quattro pareggi consecutivi era tempo di viaggiare verso il Piemonte per una sfida che sapeva di Scudetto.

I granata si erano infatti portati a due punti di ritardo e con una vittoria avrebbero completato la rimonta realizzando l’aggancio in classifica e al Filadelfia oltre trentamila spettatori presero posto a sedere per spingere i propri beniamini. Il Toro partì alla grandissima sbloccando il risultato a fine primo tempo con Buscaglia e raddoppiando a inizio ripresa con Prato, ma i rossoblu non si lasciarono abbattere dalla situazione dato che ormai erano abituati a grandi rimonte. L’autogol di Allasio riaccese le speranze prima che l’ala destra Maini, più esperto e per questo preferito a Biavati, riuscisse a battere Maina per il pareggio prima del vantaggio di Sansone. Sarebbe stata la rete che avrebbe definitivamente ammazzato il campionato, peccato che nel finale fu Galli a battere Pierino Ferrari, riserva di Ceresoli che si era infortunato nel 2-2 contro il Liguria.

Il quinto pareggio consecutivo venne visto in maniera estremamente positiva, ma era giunto il momento di dare il colpo di grazia definitivo al campionato. Il Littoriale tornò a essere terra di conquista per i padroni di casa che sconfissero il Napoli per 2-1 sfruttando la sconfitta del Torino in casa contro l’Ambrosiana e ritrovandosi per una giornata come sorprendente prima antagonista il Milan. Lo spauracchio rossonero durò però solamente una giornata perché mentre i ragazzi di Weisz strapparono un ottimo 0-0 in casa della malandata, ma pur sempre pericolosa, Juventus, il Diavolo venne clamorosamente sconfitto dal Novara ultimo in classifica dimostrando come i lombardi non fossero ancora pronti per lottare fino in fondo per il Tricolore.

L’allungo decisivo lo realizzò Sansone che a sette minuti dalla fine stese la Roma al Littoriale mentre il Milan veniva fermato sul pareggio in casa dal Genova e con quattro punti di margine su Torino, Lazio e rossoneri a quattro turni dal termine si poteva tranquillamente amministrare. Nessuna delle tre aveva dimostrato particolare continuità nel corso dell’anno e la pratica titolata venne risolta ben presto. Il pareggio di Firenze non venne sfruttato da nessuna delle inseguitrici e il 2 maggio 1937 poté finalmente partire la festa.

Destino volle che al Littoriale arrivò ancora una volta la Triestina, la stessa squadra con la quale si era ottenuto il Tricolore solo dodici mesi prima, e come nel 1936 non ci fu partita. Carlo Reguzzoni sbloccò immediatamente il risultato e nel finale Michele Andreolo trovò il raddoppio che sigillò il risultato sul definitivo 2-0, ma la sola vittoria non bastava per vincere il titolo. La sconfitta della Lazio nel turno precedente la estrometteva matematicamente dai giochi e in quel 2 maggio ci pensarono anche Torino e Milan ad autoeliminarsi. I granata furono fermati sullo 0-0 dal Bari, mentre il Diavolo incappò in una pesante sconfitta per 2-0 in casa della Juventus.

Non si era dovuto attendere l’ultimo turno come nella stagione precedente e con ben due giornate di anticipo il Bologna si era confermato per il secondo anno consecutivo come la squadra più forte d’Italia. Nelle ultime due ininfluenti giornate venne dato un premio ad Angelo Schiavio venendo tesserato e facendolo scendere in campo contro Novara e Milan e proprio contro questi ultimi riuscì anche a segnare una doppietta, mettendo così la propria firma sul quarto campionato vinto dai felsinei.

La formazione


Squadra che vince non si cambia, eppure il Bologna 1936-37 fu obbligato ad apportare delle modifiche in particolar modo per la veneranda età di suoi uomini cardine e guida come il portiere Gianni e il centravanti Schiavio. Árpád Weisz perfezionò ancora di più il suo Sistema creando delle perfette trame difensive e per farlo aveva bisogno di un nuovo portiere che conoscesse alla perfezione la sua idea di impostazione difensiva.

Fu in quest’ottica che venne acquistato dall’Ambrosiana Inter Carlo Ceresoli, portiere di fama mondiale ma che era considerato ormai l’ombra di sé stesso e nonostante le grandi perplessità riuscì a zittire i più scettici con prestazioni da campione. La coppia di terzini non era più stabile perché l’unico a essere certo del posto era Dino Fiorini, mentre il veterano Felice Gasperi dovette sgomitare e non poco per togliersi ancora delle soddisfazioni prima del definitivo lancio del giovane friulano Mario Pagotto, grande sorpresa del torneo. La mediana era rimasta invariata rispetto alla stagione precedente con Michele Andreolo faro della manovra e con i ruvidi e robusti Mario Montesanto e Giordano Corsi a dare manforte prevalentemente ai due terzini di difesa.

A supportare la fase offensiva ci pensò il duo di campioni uruguaiani tutta classe e grinta formato da Raffaele Sansone e Francisco Fedullo, mentre l’attacco aveva qualche pecca. L’unica certezza era dettata dall’immarcabile ala sinistra Carlo Reguzzoni che divenne in varie circostanze il Salvatore della Patria risolvendo partite molto complicate, mentre sulla destra il passaggio di consegna non era ancora stato definitivo. Il giovane Amedeo Biavati piaceva tantissimo e il suo modo di giocare era visto come un autentico sguardo verso il futuro, ma per Weisz non era ancora il titolarissimo perché il più esperto Bruno Maini spesso veniva preferito in occasione dei grandi incontri.

L’assenza di Angelo Schiavio al centro dell’attacco era ben difficile da sostituire e dal Napoli si fece un tentativo con Giovanni Busoni che però, pur giocando sempre titolare, non riuscì a convincere fino in fondo e deluse realizzando solamente nove gol in campionato.

Il capocannoniere


Árpád Weisz non aveva propriamente impostato la squadra all’arrembaggio, anzi per l’ungherese era fondamentale prima non prenderle e poi cercare di passare in vantaggio. Questo modo di giocare non poteva di certo esaltare più di tanto i giocatori offensivi e con l’addio di Angelo Schiavio il capocannoniere della squadra divenne l’ala sinistra Carlo Reguzzoni. Il laterale di Busto Arsizio ebbe un ruolo fondamentale nella conquista del quarto Scudetto della storia emiliana soprattutto perché i suoi gol arrivavano sempre nei momenti fondamentali. La prima rete stagionale infatti fu nella terza giornata di campionato quando dopo venti minuti trovò l’unico punto dell’incontro nella delicatissima trasferta di Milano contro l’Ambrosiana Inter dando così la vittoria nello scontro diretto.

La Lucchese si rivelò la sorpresa della stagione e Reguzzoni fu decisivo nella trasferta in Toscana piazzando la rete del 2-2 che valse la rimonta. Qualche giornata di riposo prima di tornare a essere determinante quando ce n’era più bisogno e i due successi del Bologna per 0-1 in casa di Napoli e Roma portarono la sua firma. Nel girone d’andata mise in porta la sua quinta rete nel successo per 1-2 in casa della Triestina, prima di iniziare nel migliore dei modi il girone di ritorno. La tripletta realizzata contro l’Alessandria lo fece avanzare nella classifica marcatori, ma i centri più importanti furono quelli nella trasferta Bari e nella gara interna contro l’Ambrosiana con entrambe le partite concluse 1-0 per i rossoblu.

Da lì in poi il suo apporto in zona gol divenne molto più deficitario e dopo aver garantito la definitiva rimonta contro il Liguria per 2-2 non poté certo dimenticare di segnare il 2 maggio 1937 quando una sue rete aprì le danze nel giorno dello Scudetto contro la Triestina, la dodicesima e ultima della sua annata.

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