Il ciclo d’oro della Juventus era ormai giunto al termine e tra addii illustri sia in campo che in panchina era giunto il momento di capire chi avrebbe preso il posto che fu della Signora per cinque lunghe stagioni. Alla vigilia la Roma sembrava essere quella meglio attrezzata grazie agli arrivi di Monzeglio e Allemandi, ma i ritorni in Sudamerica di Guaita, Scopelli e Stagnaro tolsero qualità alla rosa giallorossa.
Torino voleva ergersi ancora una volta come grande patria del calcio italiano e dunque non solo i bianconeri, ma anche gli ambiziosi granata cercarono di entrare in una lotta Scudetto che comprendeva anche quell’Ambrosiana Inter sempre seconda nelle precedenti due annate. Tra le tante regine del mercato però c’era chi il grande acquisto lo fece in panchina e quel Bologna decise che era giunto il momento di far tremare il mondo.
Il cammino dei campioni
Il Bologna degli anni ’30 dimostrava tutte le sue qualità in campo internazionale, mentre in Italia mancava sempre qualcosa per poter vincere il Tricolore che mancava ormai dall’ultima stagione non più a girone unico. Nel 1934 però era arrivato nel capoluogo emiliano un industriale pronto a rivoluzionare per sempre la storia della Serie A: Renato Dall’Ara.
Il Presidente sapeva che per vincere serviva un grosso lavoro di preparazione alle spalle e per poter compattare il gruppo si affidò ciecamente ad Árpád Weisz, tecnico che già nella stagione 1929-30 era stato in grado di vincere il campionato guidando l’Ambrosiana Inter. L’ungherese era subentrato a stagione già iniziata l’anno precedente al posto del connazionale Lajos Kovács e aveva voglia di tornare ad alzare titoli dopo sei anni di digiuno personali e per farlo riuscì a ottenere il ritorno di Francisco Fedullo, un uruguaiano che era tornato in Patria per motivi personali, mandando in prima persona il suo vice Pascucci, ma al ritorno non furono solo in due. A fargli compagnia vi era anche Michele Andreolo, centromediano dalla spiccata intelligenza tattica che fece da perfetto tramite tra la difesa e l’attacco.
La difesa sembrava indebolita in seguito alla cessione di Monzeglio, ma dal settore giovanile era tempo di lanciare a pieno regime Dino Fiorini che disputò una stagione eccezionale. I felsinei erano squadra quadrata, rocciosa che concedevano poco o nulla ai rivali e nelle prime giornate i risultati furono ampiamente positivi. Nella prima partita il Genova cercava lo sgambetto in terra emiliana portandosi in vantaggio con Stabile, ma nella ripresa fu un trionfo bolognese con la bellezza di quattro reti realizzate in soli diciassette minuti e un dominio che fece ben sperare.
Nella seconda giornata la trasferta di Firenze si rivelò difficile, contro un avversario che nella stagione precedente era stata per gran parte del torneo in vetta alla classifica, ma alla fine vincente grazie al figliol prodigo Fedullo che bissò la rete della settimana precedente. La grande attesa però per una delle partite chiave della stagione era già alla terza gara con l’Ambrosiana Inter che scese al Littoriale per essere travolto dalla furia rossoblu. Fu un trionfo quello del Bologna che già nel primo tempo chiuse la pratica con un netto e devastante 3-0 dove vennero festeggiate le reti dell’eterno Angelo Schiavio e soprattutto il primo centro di Andreolo. A Napoli arrivò il quarto successo prima di viaggiare verso Torino per l’attesissimo scontro diretto contro i cinque volte campioni d’Italia della Juventus.
I rossoblu erano gli unici a punteggio pieno fino a quel momento e al Mussolini ne uscì una partita molto combattuta ma dove a prevalere furono le difese con lo 0-0 che non si schiodò per tutti i novanta minuti. Il punto diede lo slancio decisivo per infilare un’altra splendida serie di vittorie consecutive contro Brescia, Milan e soprattutto nello scontro diretto contro quella Roma che stava faticando più del previsto a inizio anno. Furono Sansone e Fedullo a trafiggere Masetti per due volte nella ripresa facendo volare così i ragazzi di Weisz sempre più in vetta con tre punti di vantaggio sul Torino.
Tutto stava andando alla grande, probabilmente fin troppo e le squadre di prestigio si riconoscono soprattutto nei momenti di difficoltà. Il deludente 0-0 contro la Sampierdarenese venne succeduto da un altro pareggio, questa volta interno, che non convinse contro l’Alessandria e questo calo arrivò proprio subito prima della trasferta al Filadelfia. I granata però non erano stati in grado di approfittare dei due punti persi dai rossoblu e per la seconda volta il Bologna si accontentò del pari nella trasferta piemontese. Lo 0-0 permetteva dunque di rimanere con tre punti di vantaggio sul Toro, quattro sulla Juventus, cinque sulla Roma e sei sull’Ambrosiana e il Natale fu festeggiato nel migliore dei modi con un netto 2-0 alla Lazio.
Tutto andava alla perfezione, fino a quando non arrivò la clamorosa prima sconfitta. Fu il sud Italia a risultare fatale per i felsinei che chiusero il 1935 con una clamorosa sconfitta interna contro il Bari per 0-2 e iniziarono il 1936 con la stessa perdita, ma questa volta a festeggiare fu il Palermo. Quel titolo d’inverno che sembrava ormai certo stava per sfumare perché i due inattesi tonfi permisero alle torinesi di agganciare il treno emiliano e il periodo no non era ancora terminato. La Triestina era una delle realtà più belle del campionato e nell’ultima partita del girone d’andata non si dede per vinta nemmeno dopo il doppio svantaggio nato dalla doppietta di Sansone, perché nella ripresa Nereo Rocco trovò il definitivo 2-2 che valse il sorpasso della Juventus che sognava già il sesto titolo.
L’equilibrio regnava sovrano al termine della prima metà della stagione e ci si accorse come tutto fosse ampiamente aperto già alla prima del ritorno dove ritornò il terzetto di testa. Palermo divenne fatale anche per la Vecchia Signora, mentre il Bologna ottenne solo l’aggancio in classifica grazie a Maini che pareggiò a Genova il vantaggio di Sposito, mentre il Torino vinse con la Roma. L’equilibrio rimase costante fino alla fine con nessuna squadra che riusciva a staccarsi dalle rivali e anzi questo andamento molto altalenante permise anche all’Ambrosiana e proprio alla Lupa capitolina di rientrare in corsa per il successo finale.
Per i nerazzurri fu fondamentale proprio il dominante 3-1 rifilato a un Bologna che sembrava essersi ripreso dopo la vittoria interna contro la Fiorentina, ma che invece stava solo continuando un ruolino di marcia disastroso in trasferta che sarebbe continuato fino alla fine del campionato. Dopo la partita in casa dei nerazzurri però arrivò fortunatamente una doppia sfida al Littoriale dove l’uomo della vittoria fu sempre l’uomo inatteso: Gerardo Ottani. I rossoblu utilizzarono solamente quattordici giocatori per tutta la stagione e il ragazzo milanese era uno dei tre elementi che vennero utilizzati solamente in caso di emergeza, ruolo che ormai ricopriva da diversi anni. L’assenza di Sansone nelle gare contro Napoli e soprattutto Juventus venne tamponata proprio con il suo ingresso e si rivelò la mossa vincente.
L’uruguaiano era decisamente un centrocampista più offensivo rispetto a Ottani che garantiva meno fantasia ed estro in fase offensiva, ma permetteva di aiutare maggiormente il reparto arretrato eppure furono le sue reti a portare i quattro punti. Contro i partenopei segnò il decisivo vantaggio per 2-1 a inizio ripresa e con i bianconeri riuscì a concedere il bis. Al Littoriale una folla impressionante riempì le tribune date che le due squadre erano appaiate in vetta al classifica a ventisei punti e tutto si decise nel primo tempo. Il solito Schiavio aprì le marcature prima del raddoppio ancora una volta di Ottani che rese inutile il centro di Gabetto. Il secondo 2-1 consecutivo valeva il primo posto solitario che però durò ben poco. Ebbe del clamoroso la sconfitta per 2-1 contro l’ultimo e ormai spacciato Brescia e dopo essersi ripresi con un roboante 4-1 interno contro il Milan, fu una rete di Cattaneo a tempo quasi scaduto a dare i due punti alla Roma facendo rientrare i giallorossi in piena corsa Scudetto.
Alla ventitreesima giornata, per la terza volta da inizio campionato, Bologna, Juventus e Torino dovevano condividere il primo posto con la Roma pronta a sfruttare ogni distrazione con tre punti di ritardo. La sconfitta ebbe ripercussioni importanti sul morale dei rossoblu che persero altri due punti preziosi attraverso due miseri pareggi con Sampierdarenese e Alessandria, il tutto prima dello scontro diretto contro i granata che erano diventati capolisti con un punto di vantaggio. Il Littoriale sapeva che avrebbe dovuto fare la differenza e il tifo bolognese fu straordinario con la vittoria che non poteva proprio sfuggire.
Nel primo tempo il risultato non si sbloccò, ma nella ripresa Reguzzoni fece esplodere lo stadio trasformando un presentissimo calcio di rigore che galvanizzò a tal punto la squadra che trovò il raddoppio subito dopo con Maini. Era un 2-0 fondamentale e a sole quattro gare dal termine il primo posto poteva valere una fetta di titolo, grazie anche al crollo verticale della Juventus. Le partita lontano da casa continuarono a essere un problema e solo Schiavio evitò la sconfitta contro la Lazio, ma il Torino aveva subito il contraccolpo psicologico mancando il possibile aggancio con un pirotecnico pareggio interno contro il Genova.
I granata ormai erano completamente allo sbando e vennero travolti per 4-0 a Milano perdendo un altro punto grazie allo 0-0 del Bologna a Bari che permise però alla Roma di diventare la prima antagonista portandosi così a un solo punto di ritardo con due partite ancora da disputare. Una rete di Andreolo piegò la resistenza del Palermo e il tutto venne così rimandato all’ultima giornata grazie al successo dei giallorossi sull’Alessandria. Il 10 maggio 1936 lo Scudetto sarebbe stato assegnato o in Emilia o a Palermo, sede della trasferta della Roma. I felsinei stavano aspettando questo momento da sette lunghi anni e non avevano intenzione di lasciarsi scappare questa occasione e contro la Triestina disputarono novanta minuti perfetti.
Andreolo sbloccò il risultato dopo soli undici minuti e a inizio ripresa Angelo Schiavio chiuse i conti trafiggendo Tricarico per il 2-0 che spezzò le gambe agli alabardati. Uno sfortunato autogol di Nereo Rocco fece calare il definitivo tris e a nulla valse il successo per 1-3 della Lupa in Sicilia, perché il Bologna e Árpád Weisz ce l’avevano fatto a termine di un campionato meraviglioso ed equilibratissimo e dopo cinque anni di dominio Juventus era tempo di festeggiare dei nuovi straordinari campioni.
La formazione
Erano stati pochi i cambiamenti del Bologna rispetto alla stagione precedente, ma Weisz ora poteva plasmare i giocatori a sua immagine e somiglianza dopo averli conosciuti nel finale della Serie A precedente. Il suo Sistema era già apprezzato da diversi anni e in Emilia raggiunse forse la sua migliore versione con undici fedelissimo che lo seguì in tutto e per tutto. In porta vi era il Gatto magico Mario Gianni, portiere che era arrivato alla sua dodicesima e ultima stagione in rossoblu, riuscendo così a festeggiare uno Scudetto dove riuscì decisamente a mettere le proprie mani.
In difesa la coppia era formato da Dino Fiorini, terzino dotato anche di buona tecnica in fase di spinta e che non fece rimpiangere la partenza di Monzeglio, e Felice Gasperi, marcatore implacabile vero incuno dei centravanti. Nella mediana i due esterni sono avevano il compito di fermare in qualsiasi modo le ali avversarie con Mario Montesanto che prediligeva soprattutto il gioco aereo, mentre a sinistra Giordano Corsi sfruttava qualsiasi mezzo per recuperare palla. Michele Andreolo era arrivato quasi per caso dell’Uruguay e fu l’unica novità della nuova annata ed ebbe un ruolo fondamentale, essendo dotato di una straordinaria capacità di interrompere l’azione avversaria e di farla ripartire da lontano.
Il tris di uruguagi veniva completato dai due interni, l’elegante e aggraziato Raffaele Sansone e il grintoso leader Francisco Fedullo. Il trio d’attacco vedeva invece all’ala destra Bruno Maini, dotato di un tiro devastante, all’ala sinistra Carlo Reguzzoni, definito dal tecnico del Wunderteam austriaco Hugo Mesil come il migliore laterale del Continente, e al centro l’eterno e immortale Angelo Schiavio che già era in squadra nei successi del 1925 e del 1929, prima di diventare campione del mondo con l’Italia nel 1934.
Il capocannoniere
Quel Bologna non era la cosiddetta macchina da gol e anzi faceva della fase difensiva il proprio fiore all’occhiello. Fu per questo motivo che la squadra si laureò campione d’Italia pur segnando solamente trentanove gol e solamente un giocatore riuscì ad andare in doppia cifra: Angelo Schiavio.
Il cannoniere della Nazionale campione del mondo due anni prima non era più quell’implacabile bomber capace di vincere la classifica marcatori nel 1932 e di andare costantemente oltre i venti centri, ma il trentunenne emiliano sapeva quando fare male. La sua stagione iniziò comunque nel migliore dei modi perché già all’esordio contro il Genova segnò la rete del 2-1 che ribaltava il risultato prima del 4-1 finale. Ormai si esaltava nei grandi eventi e lo dimostrò ampiamente già alla terza giornata contro l’Ambrosiana Inter che venne travolta da un netto 3-0 dove si erse a protagonista assoluto proprio Schiavio che realizzò una favolosa doppietta.
Ancora una rete poche settimane dopo per piegare la resistenza del Brescia prima di entrare in un periodo fortemente negativo, dato che per rivederlo gonfiare la rete si dovette aspettare quasi un girone intero nella sfida interna contro la Juventus. Scelse il momento migliore e più importante per tornare a segnare e dopo venticinque minuti batté Valinasso per l’1-0 che sbloccò il risultato e diede la vittoria ai suoi. Il ritorno al gol fu una mano santa, dato che mise in porta la palla anche nella sfortunata trasfera di Brescia e poi trovò una sensazionale doppietta nel roboante 4-1 interno contro il Milan.
Tre partite consecutive prima di un’altra piccola pausa che portò all’esaltazione in due partite decisive per la vittoria. Subito dopo il successo contro il Torino, che valse il primo posto, fu un suo centro a permettere di pareggiare a Roma contro la Lazio mantenendo il primato e soprattutto fu suo il punto del raddoppio nel giorno della festa contro la Triestina. I dieci gol di quell’anno non rappresentano di certo la sua miglior annata, ma bastarono per farlo diventare il capocannoniere del Bologna campione d’Italia.