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Roma 1941-42: la prima volta della Capitale

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La Seconda Guerra Mondiale è entrato ormai sempre di più tristemente all’interno delle vite degli italiani e molti giocatori sono chiamati a prestare servizio al fronte. È impossibile riuscire a capire come possa svolgersi il campionato e così un innumerevole serie di innovazioni tattiche che sono all’orizzonte, come l’ormai netto e deciso passaggio dal Metodo al Sistema, vengono limitate per la mancanza di materiale umano. A risentirne più di tutte sono le nobili del calcio italiano, quelle che hanno dominato l’ultimo decennio. Juventus, Bologna e Ambrosiana Inter sono le uniche ad aver vinto il campionato a girone unico, ma tutte e tre sono ben lontane dal confermarsi al vertice e così sono nuove realtà a farla da padrone. Il Torino sta mettendo le basi per diventare Grande, il Venezia vuole uscire dall’anonimato e soprattutto la Roma vuole portare il titolo nella Capitale.

Il cammino dei campioni


Nell’estate del 1941 furono in pochi a pronosticare la Roma tra le candidate al successo finale, soprattutto perché la conferma di Alfréd Schaffer in panchina non sembrava portare a risultati scintillanti. Inoltre la presidenza era cambiata e dopo Piero Baldassarre si era passati al parmense Edgardo Bazzini, importante imprenditore e dirigente dell’Agip ma che lasciava molte perplessità in ambito sportivo. Per questo motivo lasciò la costruzione della rosa al direttore sportivo Vincenzo Biancone che fece un lavoro straordinario insieme al tecnico di Budapest che era convinto della bontà della squadra e che servissero pochi e mirati acquisti.

Dal Perugia arrivò Andreoli per rafforzare la difesa, mentre in centromediana venne prelevato Mornese dal Novara. Nel ruolo di interno venne fatto un doppio colpo con Cappellini dal Napoli e Di Pasquale dal Padova e in tempo di guerra non si poteva certo pretendere di più. La stella della squadra era senza dubbio il centravanti Amedeo Amedei e già alla prima giornata di campionato dimostrò tutto il suo enorme talento nella sfida interna contro il Napoli che venne dominata in lungo e in largo tanto da essere vinta con un perentorio 5-1 con tripletta del numero nove. Una partenza estremamente convincente, ma la convinzione che la squadra potesse essere la vera sorpresa del campionato si ebbe alla seconda giornata, quando i ragazzi di Schaffer viaggiarono alla volta di Bologna per sfidare i campioni in carica.

I giallorossi riuscirono a ingabbiare i padroni di casa portandosi in vantaggio a inizio ripresa con Donati e subito dopo l’espulsione di Fiorini sembrò segnare definitivamente la partita. I rossoblu pareggiarono con Andreoli, ma a tempo quasi scaduto ci pensò l’albanese Naim Krieziu a battere Ferrari per la rete dell’1-2 che diede un’enorme iniezione di fiducia e di morale. A convincere ancora di più tutti sulla bontà della squadra capitolina arrivò anche la terza vittoria consecutiva in casa contro la Juventus per 2-0, prima di tornare bruscamente con i piedi per terra.

La doppietta di Conti permise al Genova di vincere per 2-0 a Marassi, prima di incappare in un altro passo falso in trasferta a Firenze con la Roma fermata sul 2-2. Dopo cinque giornate la Lupa si trovava così al secondo posto a pari punti con il Venezia dietro alla sorpresa Triestina, ma per il primato solitario si dovettero aspettare solamente sette giorni. La squadra piaceva e divertiva e così allo Stadio del PNF accorsero quasi trentamila spettatori per assistere alla sfida contro il Milano che venne decisa già nel primo tempo dalle reti di Di Pasquale e Donati per un 2-0.

L’aria dell’altissima classifica si dimostrò però un clamoroso boomerang in un mese di dicembre che vide solamente pareggi, sebbene molti di questi prestigiosi. L’unico realmente deludente fu il primo arrivato per 2-2 a Bergamo contro l’Atalanta, mentre nelle successive tre giornate ci furono altrettanti scontri diretti con Venezia, Triestina e Torino. Due di questi, contro veneti e piemontesi, vennero disputati tra le mura amiche ma in tutte e tre le circostanze il verdetto fu sempre lo stesso: 0-0. Dopo dieci giornate la Serie A non era mai stata così equilibrata con la bellezza di undici squadre racchiuse solamente in tre punti e a tredici punti erano Roma, Venezia e Triestina a comandare una classifica che più corta non avrebbe potuto essere.

Con l’inizio del 1942 la Guerra era entrata sempre di più nel vivo e diverse città italiane iniziarono a essere svegliate dal triste suono delle bombe, mentre la Capitale veniva ancora risparmiata. L’inizio del nuovo anno vide i giallorossi volare verso Genova per affrontare la sorpresa Liguria che era distanziate di un solo punto, ma dopo una serie infinita di pareggi fu gennaio il periodo perfetto per provare la fuga verso la gloria. Contro quella che diventerà di lì a poco la Sampdoria arrivò una vittoria estremamente netta e convincente con Coscia, Cappellini e Amadei che diedero il successo finale per 0-3 e fu solo la prima di quattro brillanti vittorie consecutive. L’11 gennaio Roma si divise per assistere al suo attesissimo derby tra i Lupi e la Lazio e la sfida fu da cuori forti.

I due cannonieri Amadei e Piola non mancarono l’appuntamento con la rete, ma a tempo ormai scaduto fu una sfortunata deviazione di Faotto a battere il proprio portiere Gradella e a consegnare ai giallorossi una preziosissima e decisiva vittoria. Dopo aver battuto Bologna e Juventus a inizio anno mancava solo l’Ambrosiana all’appello delle nobili vincitrici del campionato a girone unico sconfitte dai ragazzi di Schaffer e all’Arena Civica si completò il quadro. Grande protagonista di giornata fu Naim Krieziu che sbloccò il risultato a fine primo tempo e raddoppiò nella ripresa per uno 0-2 che valse l’allungo sul Venezia e il primo posto solitario in classifica.

Il mese d’oro continuò con una folla festante che salutò con gioia il trionfale 4-0 al Livorno, prima di un piccolo incidente di percorso a Modena contro gli emiliani con uno 0-0 che permise al Torino di portarsi a un punto di distanza, ma allo stesso tempo garantì uno storico titolo di campioni d’inverno.


Il sogno che per molti sembrava impossibile sembrò diventare sempre di più realtà domenica dopo domenica, anche perché il girone di ritorno garantì un importante allungo. L’1-1 di Napoli infatti venne ben digerito in seguito alla sconfitta dei granata contro il Liguria, mentre nel turno seguente fu la Lazio a fermare i piemontesi sul pareggio, intanto che la Roma tornava alla vittoria grazie a una rete di Cappellini contro un Bologna sempre più in caduta libera in classifica.

Tutto stava andando secondo i piani e i tre punti di vantaggio in classifica iniziavano a essere un ottimo margine da poter gestire, ma nessuno poteva immaginare a un improvviso crollo mentale. Al Mussolini, la Juventus riaprì completamente la Serie A grazie a una netta vittoria per 2-0, ma il disastro arrivò la settimana seguente quando Bertoni e Ispiro del Genova realizzarono le due reti che condannarono i giallorossi alla prima sconfitta casalinga della stagione e in un colpo solo i capitolini passarono dal primo al terzo posto. Infatti in quelle settimane sia Venezia che Torino fecero punteggio pieno e tutte e due si portarono a braccetto a quota ventisei staccando così i giallorossi per un punto.

Un campionato che sembrava quasi chiuso cambiò completamente il proprio destino, soprattutto perché la Roma aveva ormai le batterie scariche. Fu estremamente difficoltosa la vittoria interna contro la Fiorentina decisa da Pantò a soli dieci minuti dal termine, ma le difficoltà lontano dalla Città Eterna continuarono. Il Milano banchettò sulla carcassa dei giocatori di Schaffer con un perentorio 4-2 che portò a conseguenze devastanti.

Il Toro infatti era diventato una macchina perfetta incapace di perdere colpi e in sole quattro partite i granata avevano completamente ribaltato la situazione trasformando uno svantaggio di tre punti in un vantaggio con il medesimo punteggio. A nove giornate dal termine il tempo per poter rimontare c’era ampiamente, ma quello che ormai mancava era la convinzione della squadra nei propri mezzi quasi essendosi rassegnata al costante ruolo di comprimaria di lusso del campionato. A dimostrazione che anche il popolo romanista era ormai sfiduciato fu la scarsissima partecipazione allo Stadio Nazionale del PNF in vista della partita contro l’Atalanta, ma in quella settimana tutto cambiò.

Una doppietta di Pantò stese i bergamaschi e soprattutto Genova e Bologna vinsero contro Venezia e Torino permettendo il sorpasso sui veneti e un sensibile avvicinamento ai piemontesi, il tutto proprio in vista della delicatissima trasferta in laguna. La domenica del 26 aprile fu entusiasmante, perché non solo vi era la sfida come prima inseguitrice del Torino, ma i granata dovevano anche vedersela nel derby contro la Juventus.

I bianconeri non riuscirono a fermare i cugini venendo sconfitti per 1-2, ma al Penzo fu chiaro ormai a tutti chi sarebbe stata la principale sfidante al titolo. A metà secondo tempo fu Amadei a vincere lo scontro diretto con Valentino Mazzola decretando così il successo per 0-1 che mantenne così ancora tutto apertissimo. Il Toro iniziò incredibilmente a perdere i colpi venendo sconfitto in un pirotecnico 4-3 subito a Genova, mentre la Roma non riuscì pienamente a fare il proprio dovere chiudendo sullo 0-0 la gara contro la Triestina, risultato che comunque voleva dire aggancio in vetta proprio alla vigilia dello scontro diretto.

Una folla enorme riempì le tribune del Filadelfia e forse fu proprio il calore della gente a evitare la sconfitta ai padroni di casa. I giallorossi infatti giocarono meglio e passarono per due volte in vantaggio grazie ad Amadei che batté Bodoira con una doppietta, ma nel finale fu Petron a realizzare la rete del definitivo 2-2. A cinque giornate dalla fine tutto era ancora terribilmente aperto e qualcuno iniziò a pensare anche alla possibilità dello spareggio.

La sensazione sembrò diventare certezza la settimana seguente quando entrambe ottennero successi dominanti con i giallorossi che rifilarono addirittura sette reti al Liguria, mentre i piemontesi si fermarono a quota cinque nella trasferta di Milano contro i rossoneri. C’era ancora però un ostacolo durissimo per la Roma da superare e come da tradizione il derby è sempre una partita a sé stante. Dopo il vantaggio immediato di Pantò, la Lazio trovò la via del pareggio nella ripresa con Puccinelli e il contemporaneo 9-1 del Torino sull’Atalanta suonò come una pietra tombale sul campionato. Il rischio di lasciarsi abbattere era enorme, ma il campionato 1941-42 aveva ancora diverse sorprese all’orizzonte e il 31 maggio ecco l’ennesimo ribaltone.

La Roma giocò a tennis contro una spaesata Ambrosiana Inter rifilando un insindacabile 6-0 con doppiette di Pantò e Borsetti, mentre il Venezia non si diede ancora per vinto e a domicilio sconfisse per 3-1 il Torino. A due giornate dal termine tutto poteva ancora succedere ma la classifica vedeva ora la Roma di nuovo davanti a tutte con un punto di vantaggio sul Toro e due sui veneti. Non si poteva più sbagliare e alla penultima giornata tutte vinsero per 2-0, con i giallorossi che stesero in Toscana il Livorno, prima di scrivere la storia il 14 giugno 1942.

Allo Stadio Nazionale del PNF una folla oceanica si accalcò sugli spalti per poter assistere alla sfida contro il Modena e poter realizzare quell’impresa che sembrava essere svanita a un certo punto della stagione ma che ora stava per diventare una realtà. Quel giorno niente e nessuno potevano mettersi in mezzo tra la Roma e il Tricolore e già nel primo tempo i Canarini vennero messi in gabbia grazie alle reti di Cappellini e Borsetti che trafissero Sentimenti per il 2-0 definitivo.

Già a fine primo tempo il pubblico modificò il testo di Lili Marleen per osannare la squadra ormai campione d’Italia e il risultato giunse anche a Torino e Venezia che mollarono perdendo entrambe contro Fiorentina e Lazio. Per la prima volta la Capitale d’Italia ne era diventata anche campione in un anno strano e particolare, ma assolutamente meritato anche a discapito di qualche malelingue che parlò di Scudetto politico.

La formazione


Il passaggio dal Metodo al Sistema era diventata ormai una scelta sempre più comune nel panorama calcistico italiano, ma per vincere nei momenti di crisi serve sempre la continuità. Fu proprio in quest’ottica che Schaffer decise di non stravolgere il suo credo tattico mantenendo un tipo di gioco già ben noto ai suoi giocatori ritenendo che in tempo di Guerra non era necessario cambiare più di tanto i meccanismi già oliati.

La prima scudettata vedeva in porta il leggendario gatto magico Guido Masetti, scelto anche come Capitano della squadra e davanti a lui vi erano i solidissimi Luigi Brunella e Sergio Andreoli, con l’ottima assistenza della prima riserva Mario Acerbi. La mente della mediana venne affidata all’ottimo Edmondo Mornese, mentre la copertura delle fasce venne affidata al duo formato da Giuseppe Bonomi e Aldo Donati.

Il principale creatore di gioco offensivo fu Aristide Coscia che venne affiancato da una coppia di nuovi acquisti con Renato Cappellini spesso preferito a Luigi Di Pasquale. Il tridente d’attacco invece era composto da due ali estremamente forti e veloci, con a destra l’albanese Naim Krieziu e a destra l’argentino Miguel Ángel Pantò ed entrambi avevano il compito di servire nel migliore dei modi lo straordinario centravanti Amedeo Amadei, per tutti il “Fornaretto di Frascati“.

Il capocannoniere


La Roma negli anni ’30 ha avuto modo in diverse occasioni di lottare per lo Scudetto, ma quello che le mancò sempre in precedenza fu la presenza di un cannoniere implacabile sotto porta e nel 1941-42 poté tranquillamente dire di averlo trovato. Amedeo Amadei fu uno dei giocatori più amati nella storia giallorossa e nell’anno del titolo non perse tempo a trovare la via della rete, perché già all’esordio casalingo contro il Napoli mise a segno una doppietta.

Nel girone d’andata non riuscì però a esprimersi al meglio e nelle successive giornate trovò il gol solamente nella trasferta con la Fiorentina terminata con un 2-2, prima di entrare in un lungo stop di cinque partite consecutive senza segnare. L’incantesimo s’interruppe con l’ingresso nel nuovo anno e a Genova contro il Liguria chiuse i conti sullo 0-3 prima di segnare la rete del vantaggio nell’importantissima vittoria nel derby con la Lazio.

Chiuse il girone d’andata con un’altra doppietta in casa contro il Livorno, ma fu nel girone di ritorno a diventare decisivo. Contro il Napoli evitò la sconfitta e dopo un altro lungo stop segnò l’inutile centro nella sconfitta di Milano contro i rossoneri prima di diventare implacabile nei momenti decisivi. Un suo gol decise la delicatissima trasferta di Venezia e soprattutto fu splendido protagonista dell’altro scontro diretto contro il Torino dove realizzò una doppietta al Filadelfia. Contro il Liguria mise a segno la prima e unica tripletta del suo campionato e concluse la sua straordinaria annata segnando anche contro Ambrosiana Inter e Livorno portandosi a quota diciotto reti.

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