A pochi mesi dalle Olimpiadi di Tokyo 2020, intervistiamo Antonio Rossi, campionissimo e leggenda azzurra, uno degli atleti simbolo dello sport italiano.
Che effetto le fa vivere da fuori le Olimpiadi, dopo averne vissute tante da protagonista?
Le Olimpiadi sono emozionanti, sempre. Ogni edizione ha un fascino particolare, legato al Paese che le ospita, al periodo storico in cui si celebrano, ai protagonisti in campo. Quando le vivi da atleta le sensazioni che regalano sono amplificate all’ennesima potenza e ogni volta sono diverse, anche quando si compiono gesti scaramantici pre gara già ripetuti all’infinito… Se penso alle cinque edizioni dei Giochi a cui ho partecipato mi vengono in mente miriadi di pensieri, immagini e suoni. Tra tutti i ricordi spicca la gioia per lo sventolio del Tricolore. Vederlo più in alto di tutte le altre bandiere e sentire, poi, in sottofondo l’inno di Mameli regala una felicità indescrivibile. Guardando le gare di Tokyo mi immedesimerò nei ragazzi azzurri e spero di emozionarmi molte volte alla vista del verde, del bianco e del rosso.
Le Olimpiadi giapponesi - previste per il 2020 - sono state rimandate a causa del Covid-19, oggi il Comitato sembra sia orientato a dire di sì, qual è la sua opinione?
Celebrarle è davvero importante per tutti, non solo per gli atleti e i tifosi. I Giochi di Tokyo rappresentano, infatti, un simbolo di rinascita per il pianeta intero, prim’ancora che per lo sport. Il mondo, da sempre diviso, ha capito che insieme può sconfiggere qualsiasi nemico, anche il più subdolo e invisibile come il maledetto virus del Covid. Quando sono uniti, gli esseri umani possono fare cose grandiose, progredire nella loro evoluzione, raggiungere risultati inimmaginabili. Lo sport ne è una conferma. La sana competizione spinge chi gareggia a fare sempre meglio per battere se stesso e gli altri e al contempo lo avvicina ai rivali nel sacrificio, nel sudore, nella fatica. Inoltre, porta i singoli a sfidare l’impossibile per migliorarsi, alzando il livello e i limiti propri e così di tutti.
Secondo un sondaggio il 59,7% della popolazione giapponese si dice contraria a causa del rischio contagi, in un contesto che vede i vaccini andare a rilento. Come fare le Olimpiadi senza privarle del calore dei tifosi?
I giapponesi volevano le Olimpiadi e, credo, siano ancora felici che si disputino a casa loro. Suppongo che quel 59,7%, a cui lei si riferisce, tema che l’arrivo di atleti, tecnici e personale dall’estero possa infrangere l’armonia attuale, l’equilibrio con il virus costruito con dolore e sacrifici. La ‘bolla’ che si creerà per i Giochi, però, dovrebbe riuscire a proteggere tanto i giapponesi quanto gli atleti. Considerando anche le recenti aperture effettuate dal calcio per gli Europei, credo che per Tokyo sulle misure relative agli spettatori una decisione veramente definitiva potrà essere vista solo sotto data. Anche per questo motivo sarà un evento di grande importanza per il futuro dello sport. Il successo della manifestazione, poi, renderà certamente i giapponesi pieni di orgoglio.
È stato un anno difficilissimo, lo sport si è fermato, poi è ripartito ma senza l’apporto del pubblico. Da atleta che ha vissuto Olimpiadi, Mondiali, Europei sempre in condizioni normali, ritiene che l’assenza del tifo abbia in qualche modo “falsato” i risultati nelle varie competizioni sportive o lo ha “solo” privato della sua gioiosa cornice?
La mancanza di pubblico ha giocato un duplice ruolo, cambiando d’improvviso il contesto delle competizioni. Non direi che ha falsato i risultati quanto piuttosto che può aver condizionato le prestazioni di alcuni dei protagonisti in gioco. C’è chi ha saputo approfittarne, trovando la massima concentrazione e rendendo anche oltre quelli che credeva i propri limiti. E c’è chi ne è rimasto colpito negativamente, esprimendo risultati e prestazioni al di sotto delle sue aspettative. Diciamo che ha sparigliato le carte, facendo emergere chi aveva una maggiore forza interiore. Certo, l’assenza della cornice gioiosa di pubblico ha reso meno emozionanti alcuni momenti ma ha anche amplificato il pathos di altri, come quelli legati alle prime gare e alle prime partite disputate dopo il ‘lockdown’. Eppoi, qualche spunto interessante l’assenza di pubblico l’ha dato: chi segue, per esempio, il calcio in tv ha scoperto come gli allenatori siano quelli che sudano, urlano e si agitano di più in campo… Per tanti tifosi è stata una vera sorpresa…
Lei è un innamorato dello sport, nel secondo tempo della sua vita è, oggi, politico con il ruolo di Sottosegretario ai Grandi eventi sportivi della Regione Lombardia. Quindi si occuperà delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Siamo ancora lontani, ma come stanno andando i lavori di preparazione?
Possiamo dire che quella di Milano-Cortina sarà la mia sesta Olimpiade. Dopo aver lavorato duro come sottosegretario regionale per presentare al meglio la candidatura e aver gioito per il successo conquistato, c’è ancora tanto da fare. La manifestazione sportiva sarà organizzata dalla Fondazione Milano-Cortina 2026 e sono sicuro che il risultato sarà eccellente, perché gli uomini che ne compongono lo staff hanno già dato prova in passato di saper ottenere risultati di prestigio. Come Regione vogliamo che tutto sia eccezionale. Siamo impegnati su più fronti, dalla promozione dell’evento alla realizzazione di opere e infrastrutture che permetteranno di viverlo al massimo dei giri. Mancano, però, ancora elementi importanti nella struttura di coordinamento nazionale: speriamo che il Governo acceleri. Non c’è più tempo da perdere e noi vogliamo arrivare all’appuntamento a Cinque Cerchi con tutti i progetti realizzati al 100%.
Con quali atleti si sente e si confronta nel suo attuale ruolo politico per le Olimpiadi 2026?
Con Diana Bianchedi e Valentina Vezzali, innanzitutto, ma anche con tanti altri campioni che, come loro due, in molti casi hanno condiviso le partecipazioni e i successi olimpici con me, dalla mia prima Olimpiade del 1992 sino alla quinta del 2008. È bello dopo tanto tempo ritrovarsi insieme a lavorare per il nostro Paese, dopo aver regalato all’Italia tante medaglie e tante soddisfazioni. Voglio menzionare anche le ragazze e i ragazzi delle specialità invernali di ieri, di oggi e in qualche caso di domani: ognuno è in grado di apportare esperienze e visioni dello sport capaci di arricchire il risultato finale.
In Italia il calcio la fa da padrone, come si possono offrire occasioni di maggiore visibilità e spazio agli altri sport?
Il calcio è preponderante, soprattutto nell’universo maschile. Ha, però, anche un ruolo di traino per tutto il movimento sportivo nazionale, sia maschile sia femminile. Smuove interessi importanti, in alcuni casi li monopolizza ma al contempo porta ricadute positive su tante altre discipline. Fa generare, per esempio, spazi sui media che poi, talvolta, vengono arricchiti anche dalla presenza di altre discipline. Se è vero, inoltre, che tanti ragazzi iniziano a fare sport sognando un giorno di diventare un calciatore famoso è altrettanto vero che spesso, dopo aver rinunciato a sogni di gloria con il pallone, continuano a praticare attività fisica e, magari, scoprono di avere enormi potenzialità da valorizzare in altre discipline. Oggi, che il calcio femminile attrae sempre più interesse, piano piano si sta assistendo alla nascita di un fenomeno simile anche tra le ragazzine. Negli Stati Uniti il soccer rosa è già esploso e smuove rilevanti interessi economici, da noi chissà, molto dipenderà anche dai risultati della nazionale.
Da atleta, e oggi politico, ha anche un ruolo sulla crescita dei ragazzi. In che modo Regione Lombardia incentiva l’attività fisica?
Lo sport ha un ruolo fondamentale nella crescita psicofisica dei ragazzi. Il rispetto delle regole e degli altri, l’onesta, l’impegno quotidiano sono valori che con lo sport si apprendono giocando. Lo sport aiuta i ragazzi anche a sviluppare la socialità, permettendo a molti di loro di liberarsi dalle timidezze legate all’età e dando loro la forza di affrontare la vita più a viso aperto. Regione lavora ogni giorno per far sì che tutti i genitori possano portare i propri figli a fare attività fisica. La Giunta finanzia e patrocina iniziative sportive e promuove lo sport a vari livelli. Tra i tanti provvedimenti, pensati anche per aiutare la ripartenza del movimento regionale dopo i momenti terribili legati al Covid, c’è anche il contributo erogato alle società per l’organizzazione dei campus estivi sportivi per ragazzi in età scolare. Per il prossimo autunno, invece, vogliamo riproporre con una nuova formula la ‘Dote Sport’, sospesa proprio a causa della pandemia: vogliamo che per le famiglie sia ancora più facile ottenere il contributo a fondo perduto per far seguire ai propri figli i corsi sportivi.
Sappiamo che lei è anche un grande tifoso rossonero, il suo Milan sta ritrovando dopo anni difficili un’identità di squadra e quest’anno per alcuni mesi è sembrato potesse giocare alla pari con i cugini dell’Inter. Cosa è mancato?
Il secondo posto e la conquista della qualificazione alla Champions League sono due eccellenti risultati. Per puntare più in alto probabilmente ci sarebbe voluta una panchina più lunga e un Ibra più presente. Il Milan ha giocato un numero impressionante di partite, mettendo in mostra quasi sempre bel gioco e un gran carattere. La flessione è arrivata quando Covid, infortuni e assenze di tanti giocatori si sono sommate a un periodo troppo lungo di stop di Zlatan. Lui e Pioli sono stati i due artefici della rinascita della squadra: sono riusciti a creare uno spirito di gruppo eccezionale e a far crescere tanti giovani in maniera esponenziale. Pioli ha teleguidato dalla panchina i suoi ragazzi, Zlatan li ha comandati sul rettangolo di gioco e quando è stato costretto all’assenza ha comunque urlato, strepitato, sbattuto le mani da bordo campo per incitare i ragazzi a non mollare. Averlo in campo, però, per dei giocatori giovani come i nostri, è tutta un’altra cosa. Spero si rimetta presto dall’infortunio: lui è maniacale nella preparazione e sono sicuro che l’anno prossimo aiuterà il Milan a crescere ancora.
Quale giocatore della storia passata o recente l’ha stregato maggiormente tra quelli che hanno vestito la maglia rossonera?
Da Gianni Rivera a Ibrahimovic, passando per Baresi, Maldini, Van Basten, Gullit, Weah, Ronaldo, Kakà, Ronaldinho. Il Milan mi ha regalato momenti di grande gioia e spensieratezza e continua a regalarmene parecchi. Difficile fare una classifica, sarebbe ingeneroso verso di loro e verso il Milan. Il ritorno di Ibra, però, è stato qualcosa di eccezionale: per come è avvenuto, per il periodo in cui si è verificato e per i risultati conseguiti. In un anno ha aiutato la squadra a staccare il biglietto per l’Olimpo del calcio, la Champions, che è dove si merita di stare. Ha anche ridato alla squadra quella consapevolezza e sfrontatezza che negli ultimi anni era stata appannata da risultati a volte deludenti e da vicissitudini societarie che hanno fatto andare in crisi il cuore di tanti rossoneri.
Qual è la partita “indimenticabile” del Milan, che le è particolarmente cara?
Tra scudetti e coppe sono davvero tante. Certo che l’ultima di campionato vinta quest’anno contro l’Atalanta è stata una partita eccezionale, che per emozione e tensione mi ha riportato indietro di parecchi anni, alle tante finali di Coppa dei Campioni. È stata la partita del riscatto definitivo della squadra dopo anni di alti e bassi. È stata anche la conferma che questi ragazzi potranno fare in futuro grandi cose per il bene del Milan, di Milano, della Lombardia e dell’Italia.