Parlare di ali volgendo uno sguardo al passato e l’altro al presente non รจ facile. Si tratta di un ruolo che con il passare dei decenni ha subito diverse metamorfosi. L’interpretazione storica dell’ala tuttavia era quella di un calciatore, schierato a destra o a sinistra dello scacchiere offensivo, la cui prerogativa era quella di saltare l’uomo e crossare palloni al servizio degli attaccanti, in particolare del centravanti. E’ stato cosรฌ sia in epoca pre-televisiva, quando a livello mondiale gli allenatori tendevano a schierare il Metodo o il Sistema, due moduli di gioco riassumibili in 2-3-5 o 3-2-5, sia in quella successiva, quando fece la sua comparsa il Catenaccio e, in egual misura, negli anni a seguire. Fino alla fine degli anni ’90 l’ala, quasi all’unanimitร , era un ruolo al servizio degli attaccanti. Il gol era visto come un plus, mentre prioritari erano il dribbling, la velocitร , la rapiditร e l’abilitร di crossare palloni invitanti. Per poter far ciรฒ era indispensabile schierare il calciatore sulla fascia lungo la quale poteva svolgere al meglio i propri compiti: un’ala destra, ad esempio, solitamente veniva schierata a destra, perchรฉ se fosse stata posizionata a sinistra avrebbe avuto maggiori difficoltร sia nel dribblare il proprio avversario che nel crossare. Ovviamente, poi, grazie a spiccate qualitร tecniche alcuni di questi giocatori si sarebbero imposti anche come realizzatori. Mettendosi in proprio, alcune ali avevano la capacitร di puntare il diretto avversario ed invece di guardare nel cuore dell’area spesso si accentravano ed andavano a concludere a rete.
Oggi, tuttavia, assistiamo ad un ribaltamento di prospettiva: la funzione principale dell’ala non รจ piรน quella tradizionale, ma quella di accentrarsi, inventare e, spesso, andare a concludere. Oggi รจ decisamente piรน facile osservare un’ala giocare, come si dice, ‘a piede invertito’, ovvero sulla fascia che un tempo non sarebbe stata di sua competenza. Il calcio contemporaneo abbonda di casi – molto spesso anche illustri – di questo tipo. Calciatori che nel calcio di ieri, probabilmente, non avrebbero occupato quella posizione. Avrebbero o giocato sulla fascia opposta o, piรน probabilmente, sarebbero stato dei trequartisti. Tra i primi il caso piรน eccezionale รจ probabilmente quello di Arjen Robben. Robben รจ un calciatore oggi a fine carriera, un atleta che ha pagato a carissimo prezzo diversi infortuni ma che in un certo senso รจ stato uno dei calciatori piรน innovativi dei nostri tempi: รจ stato con tutta probabilitร il primo prototipo di ala destra quasi unicamente mancina. Sebbene sostenere che Robben fosse un calciatore monogiocata o ‘capace di fare una cosa sola’, come asseriscono alcuni, sia alquanto ingeneroso, non รจ tuttavia azzardato sostenere che Robben debba alla sua capacitร di accentrarsi ed andare a concludere buona parte della sua fama. Tra i secondi, invece, ovvero quei calciatori che in un’altra epoca avrebbe probabilmente occupato la posizione di trequartisti dietro le punte, abbiamo certamente Lionel Messi e Eden Hazard.
Messi, cosรฌ come Robben, in carriera ha spesso giocato a destra ma al contrario dell’olandese ha avuto licenza di muoversi maggiormente su tutto il fronte d’attacco, di impostare ed andare a concludere. Per tutti Messi รจ un 10, per molti รจ stato – o รจ tuttora – l’erede di Maradona. Ma in un calcio che predilige ritmo e velocitร alla fantasia rispetto a Maradona Messi ha giocato spesso decentrato, alcuni anni come falso nueve. Un discorso simile potrebbe essere fatto per Eden Hazard, un altro di questi casi di successo. Hazard, destro di piede, ha storicamente giocato a sinistra e cosรฌ come Messi dall’altra parte ha sfruttato le proprie abilitร tecniche per concludere ed assistere i compagni con la qualitร dei 10 classici ma partendo, appunto, dalla fascia. Un ultimo eccellente esempio รจ rappresentato da Cristiano Ronaldo. Il portoghese da questo punto di vista rappresenta un ibrido: nato come ala destra, oggi รจ un giocatore molto diverso. Ma chi ha buona memoria ricorderร anche il Ronaldo degli esordi, quello al quale, all’Europeo del 2004, manifestazione vinta dalla Grecia di Otto Rehhagel, furono addebitate le colpe per un gol preso dal Portogallo proprio contro la Grecia nei gironi: secondo la stampa europea il calciatore non avrebbe seguito l’incursione del greco Seitaridis che avrebbe poi portato ad un calcio di rigore trasformato dagli ellenici. Solamente qualche anno dopo Ronaldo sarebbe enormemente cambiato: grazie al fatto di essere ambidestro verrร schierato da Sir. Alex Ferguson tanto a destra come a sinistra, e svincolato da compiti difensivi, prima a Madrid e poi a Torino, il calciatore sarebbe diventato quasi un attaccante a tutti gli effetti ed oggi, all’alba dei 36 anni, รจ vicino a battere il record di realizzazioni di ogni tempo. Nel tempo Ronaldo ha perso qualcosa a livello di imprevedibilitร e mobilitร ma ha guadagnato in concretezza, sempre e comunque partendo dal ruolo di esterno d’attacco.
Ad ogni modo il nocciolo della questione รจ : quando parliamo di ali, possiamo includere anche gli esterni d’attacco? Possiamo considerare gli esterni d’attacco come l’evoluzione delle ali di un tempo? La discussione, ovviamente, รจ apertissima e le interpretazioni sono tante. Questo articolo si concentra tuttavia sulle ali vecchia maniera, quelle a cui veniva chiesto in prima battuta di dribblare e crossare e meno di andare a segno. Quindi, partiamo con la decima posizione!
10. Dragan Dzajic

Dragan Dzajic รจ stata una delle stelle piรน splendenti della Stella Rossa e dell’allora nazionale jugoslava. Oltre a collezionare titoli su titoli con il proprio club, Dzajic si รจ anche sottolineato per le proprie prestazioni nelle principali competizioni internazionali. Lo squillo maggiormente degno di nota รจ senz’altro l’Europeo del 1968, competizione che vedrร la Jugoslavia abdicare soltanto in finale contro l’Italia. Si tratta di un format atipico, molto diverso da quello odierno e decisamente a ranghi ridotti. Dzajic, tuttavia, si sottolinea per la sua vena realizzativa andando in gol in due occasioni il che gli varrร il titolo di capocannoniere e, a fine stagione, il terzo gradino del podio al Pallone d’Oro, dietro soltanto a due mostri sacri come George Best e Bobby Charlton. Non solo: alla fine di quell’anno indimenticabile Dzajic e compagni giocano una finale al Maracanร di Rio de Janeiro che li vede opposti al Brasile di Pelรฉ. La partita รจ una delizia per gli amanti del bel gioco e Dzajic non passa inosservato, tanto che Pelรฉ a fine partita dirร : “Peccato che non sia brasiliano, perchรฉ non ho mai visto un giocatore del genere”. Con la fascia di capitano al braccio Dzajic ha anche preso parte all’edizione del 1974 dei Mondiali. Nell’occasione la Jugoslavia conferma il suo marchio di fabbrica, ovvero quello di essere una formazione di assoluto talento capace di sorprendere ed allo stesso tempo anche deludere. Dopo il pareggio a reti bianche contro il Brasile, Dzajic si mette in mostra nella sfida contro la Cenerentola Zaire: dalla sua fascia di competenza – quella sinistra – pennella un cross perfetto per la testa di Bajevic e pochi minuti dopo rimpingua il bottino con una punizione splendida che si insacca sotto l’incrocio dei pali. Il portiere degli africani non รจ perfetto e non lo sarร anche per il resto della sfida, tanto รจ vero che raccoglierร il pallone dalla propria rete altre sette volte ed il risultato finale, 9-0 per Dzajic e compagni, risulterร essere la vittoria piรน larga nella storia della Coppa del Mondo in coabitazione con altri due incontri. Poi, perรฒ, la Jugoslavia si arena nel girone successivo: terminerร ultima e lascerร un ricordo agrodolce ai propri tifosi e non.
9. Bruno Conti

Bruno Conti, ve lo anticipiamo, รจ l’unico italiano che troveremo in questo prestigiosissimo novero di campioni. Ci piange il cuore dover escludere campioni del calibro di Donadoni, Sala e Causio ma dopotutto abbiamo dovuto fare delle scelte dolorose. Bruno Conti, perรฒ, in questa speciale classifica ci entra di diritto. Bandiera indiscussa della Roma – uno dei giocatori piรน vincenti nella storia del club – e simbolo della nazionale vincitrice della Coppa del Mondo del 1982, Conti, oltre a caratterizzarsi per le virtรน tipiche dell’ala, spiccava anche per le sue capacitร balistiche. Indimenticabile ad esempio รจ la rete che mise a segno contro il Perรน ai Mondiali del 1982, una traiettoria telecomandata all’incrocio dei pali peraltro con il piede che utilizzava meno, quello destro. La rassegna iridata terminerร in trionfo per gli azzurri e per Conti stesso, che nella finale contro i tedeschi entrerร in diversi highlights del match prima procurandosi un rigore – sbagliato da Cabrini – e nel secondo con una cavalcata che porterร al 3-1 di Altobelli. Conti, a proposito, รจ una di quelle poche ali – ne incontreremo qualcun’altra – che pur essendo mancina giocava prevalentemente a destra. Il fatto di aver legato il suo nome a quello della Roma gli รจ poi valso l’onore di entrare a far parte dei quadri dirigenziali della societร capitolina.
8. Ryan Giggs

Ryan Giggs, nonostante qualche eccesso fuori dal rettangolo di gioco, รจ comunque riuscito ad avere una continuitร in carriera invidiabile, e lo ha fatto affermandosi come una bandiera dello United – 963 incontri ufficiali – quando i Reds dominavano la scena inglese ed a tratti internazionale. I Reds sono stati l’unica vetrina che gli ha dato la possibilitร di competere ai piรน alti livelli dato che la sua nazionale di provenienza, il Galles, recita da sempre il ruolo di comparsa sul palcoscenico internazionale. Ad ogni modo Giggs รจ uno dei pochissimi calciatori, assieme probabilmente a Gareth Bale e Ian Rush, a contendersi lo scettro di piรน forte calciatore gallese di sempre. Giggs ha certamente ottime carte in regola ed una di queste รจ proprio il ricchissimo palmares che vanta coi Reds. Brevilineo, capace di segnare e far segnare, Giggs ha giocato senza calare vistosamente di livello fino oltre i 41 anni. Poi รจ iniziata una carriera lontana dal campo ed oggi, all’etร di 47 anni, allena la sua nazionale.
7. Francisco Gento

Francisco Gento, in un’era nella quale la nazionale spagnola non aveva un ruolo da protagonista a livello internazionale, si impose come una delle principali – se non la principale ala sinistra – del suo tempo. Parliamo di una carriera che inizia nei primi anni ’50 e finisce nei primi del ’70, una carriera che si incrocia con il primo, vero, Real dei Galacticos. In realtร oggi a spiccare sono soprattutto due nomi eccellenti, due stranieri, ovvero Alfredo di Stefano e Ferenc Puskas. I ricordi di quel Real sono indissolubilmente legati a queste due figure che peraltro sono all’unisono considerati due dei principali campioni di ogni tempo. Tuttavia sarebbe sbagliato riassumere quella squadra in due volti, sarebbe come associare il Real delle ultime coppe al solo volto di Cristiano Ronaldo, o il Barcelona a quello di Leo Messi, quando invece appare del tutto evidente che per vincere cinque Coppe dei Campioni di fila serve un undici incredibilmente forte. Dopo la premiata coppia Di Stefano-Puskas, Gento fu con tutta probabilitร il fuoriclasse piรน acclamato, uno dei primissimi calciatori spagnoli – e non – del suo tempo assieme a Luis Suarez.
6. Kurt Hamrin

Kurt Hamrin ha legato il suo nome alla sua nazionale, la Svezia, e a livello di club soprattutto alla Fiorentina. Hamrin fu un elemento chiave della miglior Svezia di sempre, quella che nel 1958 ospitรฒ la Coppa del Mondo e implose soltanto all’ultimo respiro, contro il Brasile di Pelรฉ. Hamrin era sceso in campo con altri due ‘italiani’, Gren e Skoglund, da anni a Milano sulle due sponde opposte del naviglio. Allenata da George Raynor, la Svezia del 1958 fa prima carne trita del Messico e poi, in un incontro decisamente piรน combattuto, supera ciรฒ che rimane della Grande Ungheria: Hamrin con la sua doppietta รจ decisivo. Grazie alla posizione che Raynor ha pensato per lui e per Skoglund, decisamente avanzata, l’ala destra si trova spesso nella posizione di creare pericoli. Prima insacca un comodo pallone a porta vuota e poi, una ventina di minuti dopo, supera Grosics con un pregevole lob di destro. La cavalcata della Svezia prosegue ed Hamrin ne รจ uno degli artefici principali: nei quarti di finale gli scandinavi hanno difatti la meglio dell’URSS. Hamrin sarร autore di un gol fortunoso e poi, a due minuti dallo scadere, di un cross al bacio per Simonsson che siglerร la rete decisiva. Fu una vittoria epica per il calcio svedese dal momento che, come Hamrin ricorderร a fine partita, i precedenti deponevano tutt’altro che a loro favore: qualche anno prima l’URSS si era difatti fatta beffe della Svezia in due occasioni, a Mosca prima e in Svezia successivamente, sconfiggendo gli scandinavi per 7-0 e 6-0. Hamrin riporterร alla luce anche un aneddoto curioso: Bergmark, uno dei calciatori a disposizione di Raynor, aveva deciso di tornarsene a casa e non presenziare nemmeno, dato che riteneva l’esito dell’incontro scontato. Ed invece Hamrin e compagni arrivarono fino in finale dopo aver superato anche la Germania dell’Ovest, la campionessa in carica, con Hamrin che prima provoca l’espulsione del tedesco Juskowiak – che griderร invano la propria innocenza scatenando una semi rissa in campo – e poi va nuovamente a segno. Chiuderร il torneo a quattro reti, tante quante il compagno Simonsson. Hamrin ha confermato la propria media realizzativa anche a livello di club: in un’occasione รจ stata capocannoniere del campionato svedese e poi, in Italia, ha mantenuto medie realizzative di tutto rispetto soprattutto con la casacca della Fiorentina. Degna di nota รจ soprattutto la stagione 1965-66 al termine della quale la Fiorentina solleva la Coppa Italia ed Hamrin chiude il torneo da capocannoniere.
5. Zoltan Czibor

Zoltan Czibor รจ stato indubbiamente una delle principali figure di spicco dell’Aranycsapat, ovvero la Squadra d’Oro ungherese che ha incantato il mondo nella prima metร degli anni ’50. Sebbene nell’immaginario collettivo la nazionale magiara sia indissolubilmente legata alla figura di Ferenc Puskas, sarebbe riduttivo descrivere quella squadra senza menzionare calciatori del calibro di Bozsik, Hidegkuti, Kocsis e, appunto, Czibor. Czibor era un istrione, un ribelle nato. In un certo senso, รจ stato un precursore delle ali che sarebbero nate anni dopo: l’ungherese, difatti, era in grado di giostrare su entrambe le fasce ed in virtรน della sua duttilitร veniva spesso schierato a destra. Ciรฒ avvenne, ad esempio, nella finale della Coppa del Mondo del 1954, il famoso Miracolo di Berna. Chiunque abbia visto anche soltanto uno spezzone di quella sfida avrร immediatamente compreso il perchรฉ di tale appellativo: Czibor coronรฒ un Mondiale splendido da un punto di vista collettivo e personale andando in gol nell’occasione ma al termine dell’incontro il tabellone recitava 3-2, e non per i magiari. Da quel giorno, Czibor e compagni sarebbero stati erroneamente etichettati come una nazionale perdente. A ben vedere, perรฒ, quella finale non fu che il canto del cigno di una generazione di calciatori che pochi anni prima qualcosa aveva anche vinto, come i Giochi Olimpici del 1952 e la Coppa Internazionale del 1953. Nella prima occasione, tra l’altro, Czibor era risultato decisivo in finale mettendo a segno la seconda rete dell’incontro. Al termine della gara piรน testimoni avrebbero riportato le sue parole nel tunnel che portava agli spogliatoi, ovvero: ” Abbiamo battuto il comunismo!”, un riferimento al fatto di aver sconfitto la Yugoslavia di Tito. Czibor non era l’unico calciatore di quella squadra avverso al regime e nel 1956, quando la Rivoluzione Ungherese fu repressa nel sangue, decise di abbandonare l’Ungheria per passare prima alla Roma e poi, una volta terminato il ban della FIFA, al Barcelona. assieme all’ex compagno Sandor Kocsis. Qui Czibor vinse due campionati contro l’allora Real del compatriota Puskas, anch’essi fuggito in Spagna, e disputรฒ una finale di Coppa Campioni dal sapore amaro tanto quanto quella mondiale.
4. Luis Figo

Nonostante il suo Portogallo non fosse tra le migliori formazioni del panorama globale, Luis Figo รจ stato senz’altro uno dei fuoriclasse che ha segnato maggiormente gli ultimi 30 anni di calcio. Un’ala atipica, forse non rapida e guizzante come alcune ali classiche ma con l’eleganza ed un controllo del pallone proprio dei trequartisti. Luis Figo ha legato il suo nome alla Spagna avendo giocato – e vinto – tanto nel Barcelona quanto nel Real Madrid. Se al Barcelona giostrava principalmente da ala destra, al Real Figo si adattรฒ a giocare dietro l’unica punta assieme a due altri compagni: i Blancos avevano iniziato il progetto Zidanes y Pavones, ovvero un connubio tra alcune delle piรน grandi stelle del panorama mondiale – i Zidanes, pagati a peso d’oro – e dei giovani promettenti della cantera, i Pavones. Al Real Madrid il giocatore mise le mani sia sulla Champions League che sulla Coppa Intercontinentale e grazie a tali successi รจ difficile stabilire in quale contesto abbia inciso di piรน. Il passaggio da Barcellona a Madrid, peraltro, non fu una passeggiata di salute: nei giorni precedenti all’addio, diverse voci proliferate su televisioni e giornali parlavano di un possibile, clamoroso, approdo del giocatore nella Capitale. Figo aveva smentito tutto e tutti, aveva rassicurato i propri tifosi che d’improvviso si erano acquietati. Ma qualche mattina dopo, quando i tifosi culรฉs aprirono i giornali e videro Figo sorridente che esponeva la maglietta blanca, andarono su tutte le furie: la loro peggiore paura si era concretizzata. Terminata la parentesi spagnola il giocatore si accasรฒ all’Inter. Qui, nonostante qualche perplessitร relativa all’etร , il calciatore diede comunque un apporto non da poco: giocรฒ in entrambi i ruoli di sua competenza e vinse all’Inter piรน di quanto non avesse fatto nelle sue precedenti avventure. La sua statura tecnica unita al suo carisma lo hanno portato a diventare una sorta di ambasciatore del club meneghino.
3. George Best

George Best rappresenta secondo molti, al pari di Diego Armando Maradona, il prototipo del calciatore tutto genio e sregolatezza. Oggi George Best nella sua cittร , Belfast, รจ un’autentica icona. Il mito di Best a Belfast รจ con tutta probabilitร paragonabile a quello di Maradona a Napoli e Puskas a Budapest. George Best si guadagna a pieno titolo il podio di questa personale classifica in virtรน di piรน fattori: uno di questi era senz’altro la sua capacitร di svariare su tutto il fronte d’attacco. Best, difatti, non giostrava unicamente sulla fascia, anzi, da dribblomane qual era piรน volte sfondava per via centrali. Uno dei suoi gol piรน iconici, quello messo a segno contro il Benfica, รจ un gol atipico per un’ala: Best scippa il pallone al difensore centrale, mette a sedere il portiere e deposita in rete. Il Benfica, forse ancora succube della maledizione di Bela Guttmann, soccombe e i Reds sollevano la Coppa Campioni. Best verrร nominato Pallone d’Oro ed รจ tutt’ora l’unico calciatore nordirlandese a potersi fregiare di tale titolo. George Best, se vogliamo, ha dato vita ad una sorta di ‘dinastia’: quella dei 7 dello United, una dinastia che inizia con lui, passa per David Beckham e termina, in attesa di nuovi eccellenti successori, con Cristiano Ronaldo. E in un certo senso queste tre generazioni ci danno anche un’idea di come il ruolo sia cambiato nel tempo: Best, tra i tre, รจ stato decisamente quello piรน guizzante, quello con la maggior capacitร di mettere il difensore – o portiere – a sedere e, forse, ma qui sono io a sbilanciarmi, il piรน talentuoso. Beckham aveva un dono comune a diverse ali, ovvero un grandissimo calcio che gli consentiva di crossare palloni al bacio per gli attaccanti, ma rispetto al suo predecessore probabilmente peccava nel dribbling e nell’agilitร e Ronaldo, l’ultimo tassello di questa magnifica triade, รจ stato l’esemplificazione del giocatore un moderno: un campione di una completezza che ha reinterpretato il ruolo secondo i canoni attuali.
2. Stanley Matthews

Stanley Matthews in questa speciale classifica non poteva assolutamente mancare. Bisogna perรฒ fare una doverosa precisazione: Matthews non vanta assolutamente il palmares o le vittorie di chi lo precede o lo segue in questa classifica. Questo per vari motivi, il principale, indubbiamente, รจ relativo all’epoca nella quale ha giocato ed un’altra, non meno rilevante, รจ il fatto che il giocatore avrebbe legato il proprio nome a due club, lo Stoke City prima ed il Blackpool poi, non le formazioni piรน vincenti d’Inghilterra. Ciรฒ che rende Stanley Matthews unico รจ la sua longevitร : ha giocato ad ottimi livelli anche dopo i 40 anni e per piรน di venti รจ rimasto nei ranghi della nazionale inglese, una nazionale che, perรฒ, per scelta propria, ha iniziato a calcare i palcoscenici internazionali soltanto a partire dagli anni ’50. Matthews, 35enne, giocava ancora ed era il veterano della nazionale di Sua Maestร , ma al Mondiale brasiliano non sarร che una comparsa, esattamente come l’Inghilterra che uscirร ai gironi rimediando la sua prima, cocente, delusione in campo internazionale. E non sarร di certa l’ultima, visto che due anni dopo gli inglesi escono dalle Olimpiadi al primo turno contro il Lussemburgo e soli due anni dopo, a qualche mese di distanza dalla doppia batosta subita contro gli ungheresi, confermano il loro declino ai Mondiali svizzeri: escono ai quarti contro l’Uruguay. Matthews, quasi 40enne, puรฒ poco ma contribuisce comunque con un eccellente prestazione ed in un ruolo inedito, quello del trequartista, ad 4-4 contro il Belgio. Ma per capire davvero chi fosse Matthews bisogna tornare indietro di parecchi anni, precisamente al 1938: รจ il 75esimo anniversario dell’FA Cup e siamo alla soglia della Seconda Guerra Mondiale e l’Inghilterra, la cui superioritร non รจ messa in discussione da nessuno, sfida il Resto d’Europa. Capitano di quest’ultima รจ il fuoriclasse belga Raymond Braine che al termine dell’incontro, folgorato dalle giocate di Matthews lo definirร ‘il calciatore piรน forte che ho mai visto’. Un endorsement non da poco da parte di chi ha giocato con e contro finalisti e semifinalisti mondiali.
And the Winner is…..Garrincha!

Si tratta di un verdetto che piรน di altre volte riteniamo scontato. Garrincha, a nostro parere, รจ stato l’ala per eccellenza, l’archetipo del giocatore del giocatore di fascia che abbiamo descritto nell’introduzione. Capace di fintare e saltare il proprio rivale ma allo stesso tempo andare a concludere, Garrincha รจ considerato quasi all’unanimitร uno dei tre calciatori piรน forti del movimento calcistico verdeoro. La stella di Manรฉ Garrincha ha brillato con ma anche senza Pelรฉ: se il ciclo vincente del Brasile inizia con l’apparizione sulla scena di O’ Rey in un momento nel quale Garrincha รจ nel fiore degli anni, quattro anni dopo, nel 1962 la coppia si scoppia presto, dato che Pelรฉ a causa di un infortunio รจ costretto a dire addio al Mondiale cileno. Garrincha metterร a segno quattro reti, si laureerร come uno dei capocannonieri della competizione ma, soprattutto, verrร nominato quale migliore giocatore della competizione. Garrincha, tra l’altro, in portoghese significa uccellino. Questo il soprannome che suo fratello maggiore gli aveva dato in virtรน delle sue gambe, una piรน lunga dell’altra, un handicap che grazie al proprio talento Manรฉ ha trasformato in vantaggio. A livello di club il calciatore ha legato il suo nome al Botafogo, club con il quale ha vinto per tre volte il Campeonato Carioca.