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L’Hakoah diventa grande: nuovo stadio e acquisti di valore

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Immagine di copertina: i giocatori dell’Hakoah Ernő Schwarz, Fabian e Béla Guttmann durante un allenamento [https://twitter.com/AntiqueFootball]

Quando Gaskell arrivò all’Hakoah, la squadra veniva da due annate straordinarie: nel 1919-20 aveva conquistato la prima storica promozione nel massimo campionato austriaco al termine di un’annata dominata con 107 reti fatte, 20 subite e una sola sconfitta; nel 1920-21 era giunta quarta. Gaskell seppe andare addirittura oltre: l’Hakoah lottò per il titolo e chiuse al secondo posto, a due sole lunghezze dalla vincitrice Wiener Sportklub. Il club oramai era entrato nel novero delle migliori formazioni del Paese e la conferma arrivò dalla costruzione del nuovo stadio a Krieau, la stessa zonadove oggi si trova l’Ernst Happel Stadion che ospita le partite della nazionale. Inizialmente la società aveva cercato un campo nel distretto di Floridsdorf, dove la prima squadra si allenava, e al Prater, ma senza esito.

L’impianto, costruito da Richard Beck, contava 5mila posti a sedere e poteva ospitare altre 20mila persone in piedi. Faceva parte di un enorme centro sportivo con sei campi da tennis, un campo da hockey su prato, spogliatoi, docce e due appartamenti: dopo l’Anschluss i nazisti avrebbero confiscato tutti i beni e convertito la struttura in un deposito militare. La costruzione dello stadio, ribattezzato Krieauer Sportplatz, richiese un massiccio investimento di denaro da parte dei dirigenti (si parlò di 250mila scellini) e questo impedì di confermare Gaskell, che riceveva un lauto stipendio.

Billy Hunter

Il solco dei tecnici di scuola britannica era però tracciato e l’Hakoah scelse al suo posto lo scozzese Billy Hunter: anche lui conosceva Hogan – lo aveva sostituito alla guida del Dordrecht in Olanda – e anche lui era un cultore del passing game. Si integrava dunque perfettamente nella filosofia di gioco della squadra. L’arrivo di Hunter coincise con quello di alcuni validissimi giocatori ebrei in fuga dalla vicina Ungheria, discriminati in patria dalle leggi antisemite di Miklos Horthy.

Salito al potere nel 1920, Horthy era stato negli anni della Grande guerra prima ammiraglio e poi comandante supremo della marina militare dell’Impero asburgico. Impresse da subito una svolta autoritaria, anche se sarebbe errato parlare di dittatura: tutti i partiti, ad eccezione di quello comunista, partecipavano alle elezioni, i deputati godevano dell’immunità parlamentare ed esisteva una certa libertà di stampa. Il regime di Horthy era una sorta di monarchia nazionale ispirata ai principi della tradizione e del cristianesimo. Tra i suoi principali bersagli c’erano appunto gli ebrei, ritenuti una delle cause della crisi economica.

L’ex ammiraglio varò diverse leggi antisemite che limitarono il loro accesso alle università e ad alcune professioni. Durante la Seconda guerra mondiale l’Ungheria divenne alleata della Germania nazista ma paradossalmente gli ebrei ungheresi, seppur discriminati, non furono inizialmente deportati nei lager. La situazione cambiò nel 1944 quando Hitler, accortosi che Horthy voleva trattare una pace separata con gli angloamericani e i sovietici, invase il Paese: da quel momento anche gli ebrei magiari conobbero l’abominio dei campi di sterminio.

I cinque calciatori ungheresi di origine ebraica che rinforzarono l’Hakoah nei primi anni ‘20 furono il portiere Sandor Fabian, i centrocampisti Bela Guttmann e József Eisenhoffer, gli attaccanti Sandor Nemes ed Ernő Schwarz. Elementi di ottimo livello internazionale che alzarono ulteriormente il tasso qualitativo dell’organico e aprirono la strada per i due momenti di apogeo sportivo del club: il trionfo sul West Ham del 1923 e lo scudetto del 1925. 

4- Continua

Miklos Horty e Adolf Hitler: un’alleanza… pericolosissima per l’Ungheria

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