Spesso pensiamo che il gioco del calcio sia quasi un affare esclusivo tra Europa e Sudamerica, e non abbiamo tutti i torti. L’infinita produzione di talenti in questi due continenti è una prova difficilmente confutabile, e i motivi possono essere diversi: geografici, culturali, sociali. Di recente abbiamo parlato anche dell’Africa, che soprattutto negli ultimi trent’anni ha prodotto ben più di un fuoriclasse di caratura internazionale in grado di scrivere importanti pagine di calcio, ma quasi mai si parla di Asia (Medioriente compreso). Ora, che l’Asia sia infinitamente indietro per quanto riguarda la produzione di fuoriclasse è indubbio – e, anche qui, i fattori sono diversi – ma con l’articolo di oggi vorrei provare a ricordarne alcuni, che hanno avuto il merito di aver inciso nel “calcio che conta” (mi si perdoni l’arroganza) ed essere entrati nella memoria degli appassionati, chi più, chi meno. Naturalmente ho preferito scegliere giocatori che hanno già concluso la carriera – tranne un paio di nomi, per manifesta superiorità! – e che sono riusciti anche ad avere un impatto in campo internazionale. Ho cercato di non essere eccessivamente italocentrico, infatti alcune nostre vecchie conoscenze del calcio italiano non ci saranno – il terzino interista Nagatomo, il piccolo samurai Morimoto, il nostro “giustiziere” Ahn – sacrificati per altri giocatori che nel complesso ritengo che abbiano fatto “di più”.
10) Lee Wai Tong
Ebbene sì, questo giocatore è impossibile da giudicare ed inserire in una graduatoria, se non altro per l’estrema lontananza temporale e geografica. Il calcio cinese degli anni Venti e Trenta del secolo scorso – quando in Europa imperversava Meazza e in Sudamerica Scarone – è una materia ancora nebulosa e sconosciuta, eppure le cronache e le testimonianze dell’epoca ce lo descrivono come un autentico pioniere del calcio cinese. Cresciuto ad Hong Kong, non a caso colonia britannica dove l’influenza del Football era più forte che altrove, e allenatosi fin da bambino a tirare calci ai sacchi pieni di sabbia – esperienza dolorosa ma utile a conferirgli un’incredibile forza nel tiro – Lee vive una rapida ascesa nel South China, che lo porta a guidare la propria nazionale a vincere per ben cinque volte i Far East Games (una sorta di giochi olimpici asiatici), nonché a rappresentare la Cina nelle olimpiadi di Berlino del 1936. La mancanza di immagini e video ha dato il la a diverse leggende sulla sua figura: si parla di 1260 reti in carriera, si parla di otto gol in una partita con tanto di porta sfondata per la potenza del tiro di Lee. La sua eredità calcistica si interrompe con lo scoppio della Seconda guerra mondiale contro i giapponesi e, una volta terminata, con il proseguo della guerra civile tra i comunisti di Mao Zedong e i nazionalisti del Kuomintang. Nel 1949, Lee va a Taiwan da allenatore e porta la squadra a vincere i giochi del ’54. Un autentico “mito” del calcio cinese, riconosciuto anche dalla FIFA, che nel 1976 annovera Lee come uno dei cinque giocatori più influenti fino ad allora. Gli altri quattro erano Matthews, Puskas, Di Stefano e Pelè. Il nostro Simone Cola ha scritto diversi anni fa un articolo su Lee Wai Tong per Uomo nel Pallone. Lo potete trovare qui.
9) Majed Abdullah
Soprannominato “il Pelè del deserto” o “il gioiello arabo“, è considerato l’icona per eccellenza del calcio saudita. Alto di statura, incredibilmente rapido con la palla al piede e con una presenza fisica debordante rispetto ai suoi colleghi, Majed è stato eletto terzo miglior calciatore asiatico del XX secolo nel 1999, nonché giocatore asiatico dell’anno per tre volte consecutive dal 1984 al 1986. Raramente è uscito dai confini dell’Arabia Saudita, dove ha dominato le scene con la maglia dell’Al Nassr essendo per 6 volte il capocannoniere del campionato e vincendo per 5 volte il titolo di campione d’Arabia, in un’avventura durata ben 22 anni. È il massimo cannoniere (72 gol in 115 partite) della nazionale dell’Arabia Saudita, che trascina alla vittoria di ben due Coppe d’Asia (1984 e 1988), e soprattutto al glorioso mondiale in America nel 1994: sotto il cocente sole estivo, gli arabi si fermano solamente agli ottavi contro la Svezia di Ravelli e Brolin. Majed non si è mai confrontato con le squadre europee, il governo saudita non permetteva ai calciatori di espatriare, in quanto considerati dilettanti e non professionisti. Si rifece però nel 2008, quando disputò la sua partita d’addio contro il Real Madrid ospite d’onore. La gara finì 4-1 per gli arabi, i Blancos lasciarono le luci della scena a Majed Abdullah, in trionfo tra la sua gente.
8) Ali Daei
Leggenda vivente, considerato il miglior calciatore iraniano di tutti i tempi, Ali Daei è noto al pubblico occidentale principalmente per essere stato il miglior marcatore di una nazionale di calcio (109 reti in 148 presenze), prima di essere stato recentemente superato da Cristiano Ronaldo.
Ali Daei è stato figlio della rivoluzione khomeinista del 1979, quando l’Iran rovesciò lo scià per costruire una società nuova, con tutte le contraddizioni del caso. Anche Ali Daei si lanciò verso il nuovo ed edificò se stesso, passo dopo passo, solo con il duro allenamento. Diventò una punta in grado di fare tutto: gol con entrambi i piedi, precisi e potenti, e soprattutto sviluppò un notevole fiuto nella lettura di gioco e nell’esecuzione dei movimenti, quasi da giocatore di scacchi. Si laureò in Ingegneria dei materiali, prima di proseguire la sua carriera di calciatore tra Iran e Qatar, con l’apice in Germania, prima nell’Arminia Bielefeld e poi nel Bayern Monaco, dove segna sei gol in un anno, vincendo il campionato ma perdendo allo scadere la finale di Champions League contro il Manchester United al Camp Nou.
7) Keisuke Honda
Osservandolo giocare, ai tempi del Milan, notavo in lui una curiosa antinomia: il suo look con i capelli biondo che lo faceva sembrare un cantante pop della scena musicale asiatica che va molto di moda in questi anni faceva contrasto con la sua andatura al piccolo trotto in campo, da monaco shintoista assorto in esercizi fisici e spirituali. Insomma, un contrasto tra mondanità e ascetismo che lo ha reso per un lungo tempo un enigma per me. La qualità dei suoi piedi era indiscutibile, il suo sinistro assomigliava molto a quello di Nakamura. Tatticamente invece era di difficile collocazione, e l’idea di schierarlo sulla fascia non era certo delle migliori. Andò meglio dietro le punte in posizione più centrale, ma nel complesso le sue prestazioni rimangono oscillanti. Di tutt’altro tenore fu invece la sua avventura in Russia con il CSKA Mosca, dove vinse diversi titoli e soprattutto la sua storia con la nazionale del Sol Levante: 9 presenze e 4 reti in tre mondiali (2010,2014,2018) nonché la vittoria della Coppa d’Asia del 2011 da migliore giocatore del torneo.
6) Shinji Kagawa
Giocatore ben noto al pubblico europeo, soprattutto per i suoi trascorsi con il Borussia Dortmund, Kagawa è uno dei migliori asiatici della sua generazione, nonché detentore del record di maggior numero di presenze in una competizione UEFA da parte di un giocatore del Sol Levante. È fondamentalmente una mezzala, che può giocare anche più largo, sfruttando la rapidità del passo. Giocatore asimmetrico, non potente fisicamente ma dotato di ottimi piedi con i quali fornisce assist ai compagni, vince due campionati tedeschi di fila sotto la guida di Jurgen Klopp ed è una pedina importante anche per i gialloneri di Thomas Tuchel, mentre invece la sua avventura di due anni al Manchester United viene considerata deludente, in un contesto dove – complice anche un periodo di transizione del club – il giapponese non riesce mai ad imporsi.
5) Shunsuke Nakamura
Trequartista dal passo compassato e con un mancino letale nel tiro e negli assist ai compagni, eccellente tiratore di calci piazzati, Nakamura è una nostra vecchia conoscenza, fin dai tempi della Reggina, che dopo il mondiale 2002 lo porta in Europa. A Reggio Calabria il giapponese vive un rendimento alterno, complice anche diversi infortuni, prima di volare a Glasgow, sponda Celtic, e diventare un autentico idolo bianco-verde, amato dai tifosi e rispettato da allenatore e compagni che in lui vedono una punta di diamante. Con il Celtic fa incetta di titoli nazionali – importantissimo quello del 2008, suggellato da splendida punizione contro gli odiati Rangers – ma il suo apice fu senza dubbio quel gol al Manchester United nei gironi 2006/07 che permise al Celtic di approdare per la prima volta nella sua storia agli ottavi della Champions League. Le sue prestazioni gli valgono il titolo di giocatore dell’anno in Scozia, titolo che spettò anche a Paul Gascoigne e Brian Laudrup, non due qualunque. Poco fortunata è invece la sua avventura in Spagna all’Espanyol, della durata di pochi mesi, mentre in nazionale vediamo la sua versione migliore: tra il 2000 e il 2004 (dove fu grande protagonista) vince due coppe d’Asia e ne sfiora un’altra nel 2007, dove fa un grande torneo ma esce in semifinale contro l’Arabia Saudita.
4) Hidetoshi Nakata
Centrocampista offensivo dai piedi vellutati, abile passatore dotato di un’ottima visione di gioco, Nakata è stata la stella del calcio asiatico a cavallo dei due millenni. Il suo calcio era basato sulla velocità nel dare e ricevere la palla, da buon orientale cercava di evitare le mischie e il contatto fisico, che voleva ridurre al minimo.
Trascinatore del Giappone verso un’incredibile qualificazione ai mondiali di Francia ’98, il presidente del Perugia Luciano Gaucci lo porta in Serie A tra lo scetticismo generale, che però si dissolve quasi subito, in occasione della doppietta del giapponese alla Juventus campione in carica. Nelle due stagioni a Perugia, Nakata si consacra come star del Sol Levante, attirando fiotte di connazionali nella tranquilla città umbra, che vive un successo inaspettato. Nel 2000 arriva la chiamata da 32 miliardi di lire della Roma di Fabio Capello, intenzionato ad affidargli il ruolo che fu di Falcao (che Nakata, tra l’incredulità dei giornalisti, ammise candidamente di non conoscere). Il giapponese però non si ambienta nella città eterna, e nel suo ruolo è chiuso dall’intoccabile Francesco Totti in piena maturazione. Il giapponese riesce però ad essere protagonista di uno dei momenti più importanti della storia della Roma: è suo il gol del 2-2 in rimonta a Torino contro la Juventus, che pesa una tonnellata in ottica della corsa scudetto, in una partita passata alla storia per le polemiche inerenti alla contemporanea presenza in campo di 5 giocatori extracomunitari, a suon di normative comunitarie e sentenze della Corte Federale. Nakata gioca altri tre anni a Parma su buoni livelli e disputa un ottimo mondiale “casalingo” nel 2002. Con i trasferimenti a Bologna, Firenze e infine in Inghilterra, il giapponese cala abbastanza precocemente, fino ad arrivare ad un anticipato ritiro dal calcio a soli 28 anni, nauseato da un ambiente che non sentiva suo e da una sua distaccata concezione del calcio, che evidentemente rappresentava per lui solo un mestiere e non una passione.
3) Cha Bum-Kun
Attaccante dal tiro esplosivo (in Germania lo soprannominavano Cha-Boom) e con i movimenti da furetto d’area di rigore uniti ad un gran tempismo nel gioco aereo, nel 1999 è stato nominato “miglior giocatore asiatico del secolo”. In Europa lo abbiamo conosciuto per essere stato protagonista del calcio tedesco negli anni Ottanta, prima con la maglia dell’Eintracht Francoforte (1979-1983) e poi con la maglia del Bayer Leverkusen (1983-1989), senza dimenticare la fugace apparizione di appena una presenza nel 1978/79 con il Darmstand 98. Cha nel suo periodo in Germania va molto spesso in doppia cifra – la sua annata migliore è quella 1985/1986, dove mette a segno 17 reti in Bundesliga – e si guadagna la stima illustre di Lothar Matthaus, suo avversario in Germania e in Europa, che lo ha definito “uno dei migliori attaccanti al mondo”, nonché di Ferguson, all’epoca tecnico dell’Aberdeen, che dopo averlo affrontato in campo internazionale dice di lui che si tratta di un “unstoppable player“. È il primo asiatico a vincere una Coppa UEFA nel 1979-80, ed è il primo asiatico a segnare in una finale europea (1987-1988), ed è un gol che pesa come un macigno: la partita d’andata a Barcellona con l’Espanyol si conclude con un netto 3-0 per i padroni di casa, quasi senza appello. Al ritorno i tedeschi la ribaltano e Cha segna il terzo gol, che permette al Bayer di andare ai rigori e mettere le mani sulla coppa. Rimane tutt’oggi il miglior marcatore della storia della nazionale della Corea del Sud con 56 reti, noi italiani ce lo ricordiamo per averlo affrontato durante i mondiali di Messico 1986, durante la sua ultima partita in nazionale.
2) Park Ji Sung
Giocatore completo in entrambe le fasi, estremamente duttile, la sua intelligenza tattica lo rende abile nell’anticipo e allo stesso tempo propositivo in fase offensiva, dove spesso sa fare male con i suoi inserimenti, Sir Alex Ferguson lo vuole a Manchester nel 2005, dopo averlo ammirato con la maglia del PSV. Con i Red Devils gioca sette stagioni ad alto livello, tra cui la più importante, quella che corona la “Manchester rossa” regina d’Europa (2007/08). Park dà il suo contributo con buone prestazioni da titolare, ma Sir Alex con la morte nel cuore non lo schiera titolare nella finale di Mosca. Ad oggi è l’unico asiatico ad avere alzato la Coppa dalle Grandi Orecchie.
1) Son Heung-min
Il primo non poteva che essere lui, che da anni è il giocatore più importante del Tottenham, insieme ad Harry Kane. Attaccante esterno, veloce di gambe e dribbling, tagliente e mortifero nel tiro, incisivo nella falcata e nei movimenti con e senza palla, dopo anni di apprendistato in Germania tra Amburgo e Bayer Leverkusen, Son approda in Premier League nel 2015 diventando presto uno dei giocatori più importanti e più amati, anche in virtù di un carattere votato all’assoluta correttezza e ad uno spirito di sacrificio decisamente orientale. Nominato più volte “miglior giocatore internazionale asiatico dell’anno” (2015,2017,2019), Son si è dimostrato anche un importante uomo-gol, vincendo la classifica marcatori della Premier League 2021/22 con 23 reti, a pari merito con Momo Salah. Con la sua nazionale maggiore ha preso parte a ben tre edizioni del campionato del mondo (2014, 2018, 2022), segnando tre reti.
Menzioni d’onore
Naturalmente la lista è opinabile e tutt’altro che oggettiva. Ci sono state esclusioni eccellenti: dal mitico idolo di casa Yasuhito Endo, alla leggenda Miura (ancora in attività!), passando per il coreano Kim Joo Sung che gode di alta considerazione in patria, nonché per il “Maradona iraniano” Ali Karimi, splendido numero 10 dal talento scintillante e dal carattere bizzoso che spesso lo ha penalizzato.