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Grandi stagioni quasi dimenticate: da Basler 1999-Tadić 2019 a Keane-Simeone 2000

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Smaltita la sbornia mondiale, proseguiamo la nostra esplorazione delle grandi stagioni un po’ “dimenticate”; ribadiamo, giusto per allontanare lo spettro della polemica sterile, che il concetto di dimenticanza va inteso in chiave relativa: i giocatori sopracitati, a parere di chi scrive, disputano una stagione che li annovera nella cerchia ristrettissima riservata ai migliori calciatori in circolazione, almeno nel loro ruolo, ma nel dibattito pubblico e nelle graduatorie internazionali vengono pressoché sempre dimenticati.

Mario Basler 1998/1999 vs Dušan Tadić 2018/2019

Nel 1999 la discussione sempre un po’ sterile sul “miglior del mondo” coinvolge un Rivaldo versione extraterrestre, uno Shevchenko che pare un carrarmato, eventualmente Batistuta, o magari le stelle dello United, o anche quell’Amoroso che il Parma di Tanzi strappa all’Udinese per una cifra record, immaginando che possa replicare al Tardini le meraviglie che hanno rubato il cuore dei friulani. In pochi tuttavia, e a mio parere ingiustamente, associano quella stagione al grande eccentrico del calcio tedesco anni ’90, Mario Basler, eppure Supermario nel 98/99 è uno dei giocatori più decisivi in circolazione. In Bundesliga, il colosso di Renania è il giocatore che spezza e “sloga” il classico rigore/grigiore dei tedeschi con i suoi lampi, giocando con una continuità che forse gli era sempre mancata in carriera e mettendo a referto numeri importanti alle voci gol, assist e giocate determinanti. Ma è soprattutto l’Europa il palcoscenico dove Mario diventa davvero Super: il Bayern si aggrappa alle sue invenzioni per approdare alla finale e al Camp Nou è ancora una volta una sua giocata (la celebre punizione) che illude i bavaresi di poter portare a casa la quarta Coppa dei Campioni/ Champions League della loro storia. Nella graduatoria del pallone d’oro Basler viene però pressoché interamente ignorato, forse perché era oramai passato di moda.

Discorso analogo vale per un altro “lungo” con i piedi che cantano, il serbo Dušan Tadić. Nel complesso, il calciatore balcanico è un campione di categoria, che milita quasi sempre in un calcio di secondo piano come quello olandese e che durante il lungo interregno britannico esibisce colpi da “genio” slavo, ma soffre una certa discontinuità e non si afferma mai tra i giocatori più significativi della Premier League. Nel 2018/2019, tuttavia, il fantasista serbo cambia marcia: il suo Ajax domina l’Eredivisie e Tadić gioca e segna come mai gli era successo in carriera, facendo innamorare i palati fini che si assiepano sulle tribune dell’Amsterdam Arena. Esattamente come accaduto con Basler vent’anni prima, tuttavia, è soprattutto la Champions del serbo a farmi stropicciare gli occhi: Tadić è il genio della lampada che risolve le situazioni complicate e trascina un’Ajax giovane, bellissimo e ingenuo a un passo dalla finale di Coppa. La sua prestazione di Madrid è una delle più grandi della storia della competizione, e il 10 assegnatogli nell’occasione dall’Equipe è il giusto coronamento di una serata memorabile. Il fatto che non figuri ai primi posti in nessuna graduatoria di fine anno è a mio parere una grave ingiustizia.

Roy Keane 1999/2000 e Diego Pablo Simeone 1999/2000

Anche in questo caso, è sufficiente srotolare la mappa dei nomi in voga al termine della stagione 1999/2000, o prendere in considerazione le graduatorie finali del Pallone d’oro, per notare l’assenza di due mediani/tuttofare reduci da una stagione strepitosa, che a mio parere avrebbero meritato molti più applausi e riconoscimenti.

Roy Keane, leader maximo dello United, si traveste da Superman e vince una Premier praticamente mai in discussione da numero uno, dei suoi e dell’intero campionato. Il campione irlandese sfoggia un repertorio da giocatore universale, capace di evocare le gesta di un Johan Neeskens (mi si perdoni l’esagerazione) e di essere votato calciatore dell’anno davanti a fuoriclasse tecnicamente più dotati.

Il Cholo è atteso da un destino analogo: la Lazione campione d’Italia vende nella Brujita il pifferario magico e il giocatore di maggior talento, e in altri fuoriclasse (Nesta e Nedved su tutti) i perni del successo, ma a mio parere sarebbe ingeneroso disconocere lo straordinario contributo di Simeone, che da mediano disputa una stagione memorabile (come certificato anche dalle sue “medie-voto”) e segna alcuni dei gol decisivi ai fini del titolo, su tutti quello che alimenta le speranze di rimonta dei biancocelesti al Delle Alpi. Il Cholo, nel corso della stagione 1999/2000, è uno dei primi centrocampisti del mondo, ma viene completamente ignorato da ogni graduatoria dell’epoca.

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