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Adriano Panatta e Francesco Totti e quel 27 settembre che li unirà per sempre…

Roma: nella data in cui Panatta e la nazionale azzurra si qualificano per la finale di Coppa Davis battendo l'Australia, nasce Francesco Totti

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È un lunedì di inizio autunno e a Roma l’aria non è tranquilla. Sono gli anni di piombo ma non è quello il motivo di tanta agitazione. La verità è che l’Italia del tennis fibrilla perché al Foro Italico ci si gioca l’accesso alla finale di Coppa Davis contro l’Australia. La situazione è incerta e quando Adriano Panatta e John Newcombe scendono in campo per l’ultimo singolare la situazione è di perfetta parità, 2-2. Si riprende a giocare di lunedì, il match domenicale è stato interrotto per l’arrivo dell’oscurità. Dall’altra parte di Roma, zona San Giovanni, una famiglia ha altri pensieri. Enzo Totti e Fiorella Marrozzini sono sposati da anni e hanno un figlio, Riccardo. Tutto è pronto per la nascita del secondo. Visto che è maschio, si chiamerà Francesco. Un tennista famoso e una famiglia normale stanno per fare la storia. Panatta può almeno immaginarselo, la famiglia Totti di sicuro no.

Brutti clienti gli australiani

Che fosse una squadra molto forte lo si sapeva. Che Newcombe fosse un fuoriclasse, sia pure avanti con gli anni, era noto a tutti. Ma anche gli altri fanno paura. Il secondo singolarista, John Alexander, è un giocatore completo, solido e anche agile, per la stazza che ha. Da tempo è stabile fra i primi 10 del ranking. È soprattutto Panatta a soffrirne la potenza, la precisione e la regolarità dei colpi. Alexander dà all’Australia i punti che servono per sperare. Nella prima giornata Barazzutti ha battuto Newcombe e poi il giorno dopo, nel doppio, PanattaBertolucci si sono sbarazzati in tre set della coppia NewcombeRoche. Domenica 26 settembre 1976, Panatta e Newcombe si giocano il punto decisivo. L’impianto del Foro ha occhi, cuore e voce soltanto per Adriano, ma l’avversario è tosto e non molla. Il campionato di calcio inizierà la domenica successiva, dunque a poche centinaia di metri l’Olimpico è muto. Se la Roma non gioca è un pensiero in meno per Enzo e Fiorella. Può essere questione di ore, o magari chissà, Francesco nascerà il giorno successivo. Bisogna essere pronti a tutto, di solito i bambini non preannunciano il loro arrivo.

Panatta e il punto della vittoria

Da San Giovanni con rigore

La famiglia Totti è un nucleo familiare fatto di persone semplici ma unite e, dicono quelli che li conoscono, molto perbene. Abitano in via Vetulonia, l’Olimpico è lontano chilometri, il Foro Italico anni luce. Enzo e Fiorella si sono sposati nel 1969 e l’anno successivo è nato Riccardo. Per l’ISTAT sarebbe la perfetta fotografia della famiglia italiana media di allora. La nascita del secondo figlio dipende probabilmente dall’esigenza di dare una compagnia al primogenito. Alla metà degli anni 70 il numero complessivo dei cittadini italiani è in regressione ma sono ancora pochi i figli unici. A inizio anno è arrivata la bella notizia, a occhio e croce il bambino nascerà a settembre. Giorno più, giorno meno, l’evento è previsto verso la fine del mese. Intanto domenica 26, il pubblico del Foro Italico vive momenti di grande tennis, ma anche di forte incertezza. Il “vecchio” Newcombe, 32 anni compiuti da poco, ha vinto il primo set per 7-5 e nel secondo non cede di un colpo. È coriaceo, lo stile è quello di sempre. Attempato ma combattente. Non è previsto il tie-break, dunque il set andrà avanti fino a quando uno dei due contendenti non avrà conquistato due giochi di vantaggio.

It’s a long way to the top…

…canta proprio in quegli anni un gruppo rock agli esordi. Sono gli AC/DC, non ancora conosciuti dal grande pubblico internazionale ma famosi proprio in Australia. In effetti, per Panatta e compagni è stata una via lunga e anche dura. La finale è a un passo e non si può cedere proprio adesso. Il capitano non giocatore è un grande campione del passato. Nicola Pietrangeli ha un compito arduo, quello di ottenere risultati da un gruppo in realtà poco coeso. Panatta e Bertolucci sono compagni di doppio e amici nella vita, ma il rapporto con gli altri due, Barazzutti e Zugarelli, è abbastanza delicato. Un giorno Pietrangeli confesserà pubblicamente che di frequente la squadra si allenava in doppia coppia perché tra i quattro c’era perfino chi talvolta non si rivolgeva la parola. Malgrado un ambiente non proprio ideale, i risultati arrivano. In sequenza Polonia, Jugoslavia e Svezia devono abbandonare la Coppa Davis 1976 per mano degli italiani. In pieno agosto, malgrado l’incognita dell’erba di Wimbledon, anche l’ostacolo Inghilterra è superato. Gli Stati Uniti non partecipano (e per fortuna), dunque la strada verso la finale è abbastanza spianata. Dall’altra parte del tabellone è prevista la semifinale fra Unione Sovietica e Cile, ma in segno di protesta verso il regime di Augusto Pinochet, i sovietici danno forfait. Il Cile si trova dunque in finale senza nemmeno aver giocato e a Santiago aspettano soltanto di sapere chi sarà la sfidante per il titolo.

La squadra azzurra dopo la vittoria nella finale di Coppa Davis contro il Cile

Il calcio ovunque

San Giovanni è un quartiere di piccola e media borghesia. Né proletari, né tanto meno pariolini. Un quartiere in cui il calcio è importante, un gioco che scandisce i tempi della vita ed è un passatempo semplice e irrinunciabile. I bambini giocano in strada o all’oratorio della Natività in via Gallia. A Piazza Epiro c’è la Fortitudo, verso la Ferratella in Laterano troneggia la Romulea, fucina storica di talenti. Le statue di San Giovanni vedono calcio a distanza di sicurezza, sacro e profano sembrano mischiarsi alla perfezione ma senza mai confondersi. Da via Vetulonia 16 la visuale è stretta ma se ci si affaccia alla finestra la scena è quasi sempre la stessa: ci sono bambini pronti a sfidarsi ogni pomeriggio davanti al piazzale della Scuola “Alessandro Manzoni”. Tra qualche anno Francesco potrà andare alle elementari lì, pensa ad alta voce Fiorella. Intanto i giorni scorrono, il momento cruciale si avvicina.

«Sto c***o de Newcombe, ma quando molla?»

Spesso il vernacolo dei tifosi vale più di un trattato di psicologia dello sport. La tensione al Foro Italico è sempre più palpabile. Adriano Panatta sa come gestirla, il problema è semmai fare fronte ai consueti alti e bassi. Ha 26 anni e il 1976 è l’anno magico della sua vita sportiva. A maggio ha vinto, proprio al Foro Italico, gli Internazionali d’Italia, poche settimane dopo si è ripetuto a Parigi. Anche il Roland Garros si è piegato al genio incostante di Adriano. Poter vincere la Davis (e per l’Italia sarebbe la prima volta) significherebbe rendere il 1976 l’anno perfetto. Ma Newcombe non lascia strada. Del resto il tennista di Sydney è un campione affermato, non si vince il torneo di Wimbledon (tre volte) per caso. Non si conquistano gli US Open (due volte) per sbaglio. Non si diventa #1 del ranking per diritto divino. Ma è un fuoriclasse sul viale del tramonto, dunque sarebbe importante portare il match più avanti possibile e farlo stancare. Non troppo avanti, se no la partita riprende il giorno dopo e a quel punto John è di nuovo riposato. Panatta vince il secondo set per 8-6, rimettendo così la situazione in parità. Si gioca al meglio dei tre set su cinque. Il match fra Barazzutti e Alexander è stato interminabile. Ha vinto l’australiano, al quinto set. Dunque, il rischio di dover rimandare tutto al giorno dopo, c’è. O Panatta vince prima che il buio arrivi, oppure deve sfiancare Newcombe il più possibile. Proprio domenica 26 settembre è tornata l’ora solare. E infatti, all’improvviso le tenebre incombono. Stanno un set pari e il match viene sospeso. Si riprende la mattina di lunedì 27. Dall’altra parte di Roma un bambino non ha fretta di venire al mondo. Anche qui, tutto rimandato al giorno dopo.

Totti con suo papà Enzo

I don’t like mondays

A cantare stavolta sono i Boomtown Rats e la frase deve suonare convincente per il signor John David Newcombe. In effetti, quando lui e Panatta si ritrovano l’uno contro l’altro la mattina del giorno dopo, l’ex #1 del ranking ha perso lo smalto del pomeriggio precedente e l’eroe del Foro sembra ormai padrone del match. 

«A-dri-aaa-no», canta il pubblico battendo il tempo con le mani, l’impresa sembra vicina.

Nel frattempo c’è una famiglia che ha un problema urgente da risolvere, anzi due: nel 1976 le scuole iniziano ancora a ottobre, chi tiene Riccardo in una situazione di emergenza come questa? L’estate è passata, la temperatura è ancora calda e le vacanze sono un ricordo. Il lavoro ha ripreso i ritmi usuali ma quel lunedì c’è poco traffico in strada. Addirittura qualcuno si è preso un giorno di ferie per vedere l’ultimo sforzo di Panatta per il punto decisivo. In casa Totti, un giorno di ferie può avere altre motivazioni. 6-4 nel terzo, 6-2 nel quarto. Newcombe è battuto, grazie alla vittoria di Adriano Panatta l’Italia è in finale. Anche in casa Totti esultano, è nato Francesco. Non possono saperlo, ma è appena venuto al mondo un futuro campione del calcio. Un giocatore in grado di assommare la grandezza e i limiti della romanità in campo sportivo. L’Italia vincerà la Coppa Davis il 18 dicembre 1976, a fine anno Panatta sarà #4 del ranking. I signori Enzo e Fiorella avranno una nuova responsabilità cui assolvere. E che responsabilità.

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