La sfida tra Juventus e Atalanta è diventata da anni una partita di alta classifica in Serie A grazie all’esponenziale crescita dei bergamaschi che sono passati da essere realtà di provincia a grande del calcio italiano. I nerazzurri si presentano questa sera a Torino con quattro punti di vantaggio sui bianconeri e in molti vi è la sensazione che la banda di Gasperini possa anche allungare in classifica sulla Vecchia Signora. Tanti giocatori hanno vestito entrambe le maglie con alterne fortune e probabilmente questi cinque non li ricordavate tra Bergamo e Torino.
Nicola Amoruso
Attaccante gira Italia per eccellenza, un mito in provincia dove ha quasi sempre fatto molto bene nelle sue esperienze riuscendo a entrare anche nella lista dei cannonieri con più di cento gol nel massimo campionato. Nicola Amoruso lasciò presto la sua Puglia per passare alla Sampdoria e già con i blucerchiati in giovane età riuscì a mettersi in mostra segnando i suoi primi gol. Fu però in Serie B al Fidelis Andria e soprattutto in A al Padova, dove mise a segno quattordici reti, ad attirare su di sé le attenzioni delle grandi squadre e la Juventus lo acquistò per sostituire il partente Ravanelli. In bianconero si rivelò prezioso attaccante di riserva per ben tre annate, segnando anche gol importanti come a San Siro con il Milan e in Champions con l’Ajax, ma alla fine venne veduto al Perugia e al Napoli. Tornò per mezza stagione con Lippi nel 2001 prima di iniziare un continuo cambio di maglia, riuscendo a trovare continuità solamente a Reggio Calabria dove visse tre annate memorabili, soprattutto quella 2006-07 dove formò un attacco storico con Rolando Bianchi. Dopo l’avventura amaranto non riuscì più a esprimersi e l’ultima sua avventura fu per sei mesi dal gennaio 2010 proprio con l’Atalanta dove segnò una sola rete, guarda caso nella gara di Torino contro la Juventus.
Pierino Fanna
Estreno d’attacco molto apprezzato per la sua grande dedizione al lavoro e al sacrificio, pedina importante per tutte le squadre nelle quali ha vinto lo Scudetto. Pierino Fanna nacque in Friuli, ma iniziò a farsi conoscere al grande calcio grazie al suo passaggio in giovane età all’Atalanta, squadra con la quale poté giocare e segnare le sue prime reti da professionista. Dopo Scirea nel 1974 e Cabrini nel 1976 toccò a questo giovane esterno prendere il treno da Bergamo in direzione Torino per vestire la maglia della Juventus, ma nonostante qualche buona partita non riuscì certo a replicare la storia dei suoi illustri predecessori. Vinse tre Scudetti ma mai con un ruolo da vero protagonista e nel 1982 venne ceduto al Verona e proprio nella città scaligera visse i suoi tre anni migliori diventando un simbolo del Tricolore gialloblu. Riprovò l’esperienza in una grande squadra, ma anche all’Inter alternò prestazioni di livello ad altre più deludenti e così, dopo il campionato vinto da riserva nel 1989, tornò nella sua amata Verona.
Giuseppe Meazza
Il più grande campione italiano nella storia prima della Seconda Guerra Mondiale, una leggenda capace di far appassionare milioni di italiani al gioco del calcio. Giuseppe Meazza, detto Pepín, è stato una colonna dell’allora Ambrosiana Inter con la quale è stato in grado di vincere più volte il campionato e di laurearsi capocannoniere già nel 1930 quando doveva ancora compiere vent’anni. Divenne ben presto una leggenda dell’Italia con la quale vinse da assoluto protagonista i Mondiali del 1934 e del 1938, memorabile il suo rigore in semifinale contro il Brasile quando realizzò dal dischetto trattenendosi i pantaloncini che gli stavano per cadere. Gli anni ’30 ebbero solo ed esclusivamente i colori nerazzurri per lui, ma nel 1940 cambiò la sponda della città meneghina passando al Milan, allora ancora Milano, e la sua prima rete in rossonera fu proprio decisiva per il pareggio in un derby con la sua precedente squadra del cuore. Con il Diavolo però subì diversi infortuni e riuscì a segnare solamente undici reti in due stagioni e nel 1942 passò alla Juventus dove visse l’ultima annata positiva in carriera, andando in doppia cifra e diventando anche in questo caso mattatore della sua vecchia Ambrosiana segnando sia all’andata che al ritorno, ma finita la guerra lasciò Torino per tornare in Lombardia passando prima al Varese e poi all’Atalanta. A Bergamo iniziò anche a sedersi in panchina con il doppio ruolo di giocatore-allenatore segnando due gol, prima di chiudere ancora con l’Inter.
Pablo Daniel Osvaldo
Attaccante dalle grandi qualità atletiche, dal grande talento e dalla sfrontatezza, ma con un carattere che non gli ha permesso di poter esprimersi ai suoi livelli. Pablo Daniel Osvaldo era uno dei giovani più interessanti in Argentina e fin dai suoi esordi dimostrò tutto il suo valore vestendo la maglia dell’Huracán, segnando ben undici reti. L’Atalanta lo acquistò dunque giovanissimo e poté festeggiare la promozione in Serie A, seppur avendo uno spazio minimo ma segnando un gol contro il Pescara, il suo primo italiano. Venne ceduto con troppa fretta al Lecce, ma fu la Fiorentina nel 2007 a dargli fiducia come attaccante di riserva di Giampaolo Pazzini, anche se si stancò presto di fare panchina. Prima Bologna e poi le grandi annate con l’Espanyol e la consacrazione con la Roma, che gli consentì anche l’italianizzazione e svariate chiamate in Azzurro. I problemi nella Capitale lo portarono in Inghilterra, ma a gennaio 2014 fu la Juventus ad acquistarlo diventando prezioso attaccante in Europa League e mattatore proprio dei giallorossi in campionato. Durò solo sei mesi la sua esperienza bianconera, prima di passare all’Inter e poi chiudere la carriera tra Boca Juniors, Porto e Banfield.
Marco Zanchi
Difensore centrale dalle grandi qualità dimostrate pienamente però solo a livello giovanile e con un potenziale mai pienamente espresso. Marco Zanchi debuttò come ragazzo prodigio nell’Atalanta già a diciotto anni nel 1995 dove giocò anche con una discreta continuità prima di passare in prestito a Chievo e Bari. I bergamaschi però non furono completamente convinti della bontà del giocatore e nel 1997 venne ceduto all’Udinese dove trovò poco spazio con Zaccheroni, andò meglio con Guidolin, ma fu nella terza annata con De Canio che esplose definitivamente dimostrandosi come uno dei migliori centrali del campionato, pronto per il grande salto di qualità. Nell’estate del 2000 inoltre vinse da titolare l’Europeo Under 21 e con il passaggio alla Juventus era dunque pronto per una sfavillante carriera. Ancelotti lo schierò titolare in tre delle prime quattro partite, ma le sue pessime prestazioni nel 2-2 di San Siro contro il Milan e a Torino contro la sua Udinese gli costarono caro, tanto da giocare solo altre partite prima di essere ceduto in prestito al Vicenza, dove fu coinvolto nella retrocessione. Provò ancora in Veneto a riscattarsi, ma a Verona la storia non cambiò e dopo due anni da riserva a Bologna fu a Messina che trovò le giuste ispirazioni, controllando la difesa siciliana per quattro stagioni, prima di tornare al Vicenza dopo il fallimento giallorosso del 2008 e chiudere carriera nel 2012.