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Le 4 stelle dell’Uruguay: senza la Celeste regina olimpica, il Mondiale non sarebbe nato

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A un attento conoscitore di calcio non sarà sfuggito il particolare che l’Uruguay nello stemma reca 4 stelle e non 2. Questo perché oltre ai due Mondiali FIFA del 1930 e del 1950 la nazionale charrúa considera le edizioni dei Giochi Olimpici del 1924 e del 1928 alla stregua dei campionati del mondo. Una situazione che non ha mai finora destato polemiche, anzi che la FIFA stessa sembrava vedere quasi di buon occhio.

Ma è notizia di queste ore che il massimo organismo internazionale del calcio ha chiesto alla Puma, l’azienda che veste l’Uruguay, di creare una nuova divisa per la Celeste togliendo dalla maglia e dallo stemma due stelle. Le due stelle olimpiche appunto.

In Uruguay si è subito acceso una forte polemica. Se da un punto di vista teorico è vero che le Olimpiadi del 1924 e del 1928 non possono essere considerate edizioni di Coppa del mondo (competizione che parte ufficialmente nel 1930) è altrettanto vero però che quelle due edizioni dei Giochi rappresentarono davvero l’élite mondiale del periodo e furono decisive per la creazione del Mondiale FIFA.

Un discorso per certi versi simile può essere fatto per la Mitropa Cup del periodo 1927 – 1940, che fu l’antesignana della moderna Coppa Campioni/Champions League o per la Coppa Internazionale 1927 – 1960, una sorta di Europeo ante litteram.

Con l’ulteriore discrimine però che in questo caso le Olimpiadi di Parigi ’24 e Amsterdam ’28 furono davvero la molla che portò Jules Rimet, presidente della FIFA, a pensare a una Coppa del mondo ad hoc dedicata esclusivamente al calcio.

Vediamo come sono andati i fatti.

Le Olimpiadi di Parigi 1924

Paavo Nurmi, il re dei Giochi parigini

Le Olimpiadi parigini del 1924 sono ancora oggi ritenute tra le edizioni più memorabili dei Giochi. Il protagonista assoluto fu il mezzofondista finlandese Paavo Nurmi, capace di vincere 5 ori con 2 record olimpici nella corsa campestre individuale, nella corsa campestre a squadre, nei 1500 metri, nei 3000 e nei 5000.

Ma grande cassa di risonanza ebbero anche le imprese del nuotatore Jonny Weissmüller, vincitore di tre ori nei 100 e 400 stile libero e nella staffetta 4×200, che dall’anno seguente avrebbe firmato un contratto con la Metro-Goldwin-Mayer, diventando attore di fama mondiale e recitando in numerosi film nei panni di Tarzan.

Come dimenticare poi le vicende nell’atletica leggera dei velocisti britannici Harold Abrahams, oro nei 100, ed Eric Liddell, oro nei 400, immortalati nel meraviglioso film “Chariots of Fire”, tradotto in italiano in “Momenti di Gloria?”.

Oltre all’atletica e al nuoto, quei Giochi sono ricordati anche per il calcio. A quei tempi, Gran Bretagna a parte, tutti i migliori giocatori del mondo erano ancora dilettanti e dunque a quell’edizione olimpica – che significò un netto balzo in avanti sul piano della competitività, della qualità e del numero di partecipanti (dalle 14 squadre di Anversa 1920 si passò a 22) – radunò davvero il meglio o quasi del panorama internazionale.

Fu un’edizione spartiacque anche perché per la prima volta erano rappresentati tre continenti: c’era l’Africa con l’Egitto, c’era l’America con Stati Uniti e Uruguay e c’era l’Europa con 19 nazionali al via tra le più prestigiose.

Sul campo l’Uruguay mise in mostra un calcio fantastico, vincendo lo scetticismo iniziale a suon di prestazioni meravigliose: demolì 7-0 la Jugoslavia al debutto; 3-0 gli Stati Uniti negli ottavi; 5-1 i padroni di casa della Francia nei quarti al termine di una partita che rimase a lungo nella memoria di chi la vide per la straordinaria qualità dei giocatori in maglia Celeste; 2-1 l’Olanda in semifinale nel match più combattuto; e 3-0 la Svizzera in finale.

Il protagonista assoluto fu il nero José Leandro Andrade, mediano laterale, noto anche per le sue frequentazioni extra sportive: di giorno fenomeno in campo, di notte re dei locali parigini. In uno di questi conobbe la famosa cantante Joséphine Baker, con cui intrattenne una relazione passionale e tumultuosa.

Furono Giochi molto seguiti dal pubblico: oltre 30mila spettatori assistettero allo stadio Colombes di Parigi al quarto di finale tra Francia e Uruguay e più di 40mila alla finale tra Uruguay e Svizzera.

Le Olimpiadi di Amsterdam 1928

Ancora più straordinarie, sul piano della qualità tecnica, furono le Olimpiadi calcistiche di Amsterdam. Le nazionali scesero da 22 a 17, ma si alzò il livello. Sempre tre continenti rappresentati: oltre all’Europa con 11 squadre, l’Africa portò il solito Egitto e il continente americano addirittura 5 formazioni, con almeno una rappresentante per zona geografica: Argentina, Uruguay e Cile per il Sudamerica; il Messico per il Centroamerica; gli Stati Uniti per il Nordamerica.

Una fase di gioco di Uruguay-Argentina, finale olimpica del 1928

Argentina e Uruguay, in particolare, erano due autentiche corazzate, le migliori nazionali al mondo, superiori probabilmente in quel momento anche all’Inghilterra (il calcio britannico negli anni ’20 ebbe un calo dopo i fasti dei decenni precedenti e sarebbe tornato ad alto livello negli anni ’30).

L’Italia stessa presentava al via una formazione di qualità clamorosa, non molto lontana come forza dalle future nazionali vincitrici dei titoli mondiali nel 1934 e nel 1938.

Uruguay, Argentina e Italia furono non a caso le prime tre. La Celeste ebbe un cammino molto difficile, più che nel 1924 come confermò anche Vittorio Pozzo nelle sue cronache: dopo aver superato 2-0 l’Olanda negli ottavi, eliminò nei quarti la solida e coriacea Germania 4-1 e poi l’Italia 3-2 al termine di un match durissimo. La finale con l’Argentina, la rivale per eccellenza e l’altra grande favorita, fu epica: 1-1 nel primo incontro, 2-1 per l’Uruguay nel secondo.

Andrade era stato l’uomo in più nel 1924, il fantasista Héctor Scarone (vedi articolo su di lui: Héctor Scarone, il genio pre-televisivo che portò l’Uruguay in cima al mondo) lo fu nel 1928, decisivo sia con l’Italia sia in finale con il pazzesco gol del 2-1.

Sul piano delle presenze sugli spalti e dell’entusiasmo popolare fu un successo ancora più evidente che quattro anni prima: a vedere l’Uruguay allo stadio Olimpico di Amsterdam accorsero oltre 25mila persone già nel primo turno con gli olandesi, numeri poi confermati nei turni successivi (ci fu un lieve calo solamente nei quarti contro i tedeschi).

Gli effetti di Parigi ’24 e Amsterdam ’28

Jules Rimet, presidente della FIFA, con la Coppa del mondo

Fu proprio nelle notti olandesi, vedendo l’enorme indotto che il calcio suscitava in termine di discussioni tra tifosi, presenze sui giornali, atmosfera e interesse in città, che Jules Rimet si convinse definitivamente. «Le Olimpiadi sono state straordinarie e vedendo tutto questo non posso che pensare di creare una competizione ad hoc solo per il calcio», disse il numero uno della FIFA.

Nacque così la prima Coppa del mondo. La scelta di chi doveva ospitare l’evento ricadde sull’Uruguay. Per svariati motivi: era la nazione guida del calcio; era un Paese relativamente ricco e si era offerto di pagare le spese di viaggio per le altre formazioni partecipanti; nel 1930 cadevano i 100 anni dalla nascita della Repubblica.

Cominciò così la lunga storia dei campionati iridati sotto l’egida della FIFA.
La conclusione a cui si può giungere è che se non ci fossero state le Olimpiadi del 1924 e del 1928, quelle che l’Uruguay porta orgogliosamente sulla maglia e sullo stemma, non ci sarebbero mai stati i Mondiali, perlomeno non nella forma e nella sostanza con cui li conosciamo oggi.

Se entriamo poi in un discorso di rappresentanza, quelle due Olimpiadi videro al via nazioni da tre continenti, più di certe edizioni dei Mondiali FIFA (nel 1930, 1950, 1958 e 1962 erano in gara nazionali di soli due continenti, contando Nord, centro e Sudamerica come facenti parte di un’unica entità).
Se parliamo di qualità, numero di squadre e atleti di valore, quelle due Olimpiadi furono probabilmente superiori al Mondiale del 1930 e non inferiori ad altre edizioni, per esempio quello del 1950.

Al di là di come la si pensi sulla vicenda, sono tutti argomenti che la FIFA deve tenere a nostro avviso in grande considerazione. Quattro stelle o no, quelle Olimpiadi nel calcio hanno rivestito una rilevanza e un peso non inferiori ai Mondiali che sono venuti in seguito. E alla fine è questo quello che più conta.

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