
In Una vita da Capello, Lìmina – Stefano Boldrini ripercorre i giri di giostra della vita del “Gran Bisiaco” come lo definì Gianni Brera all’indomani della prima vittoria italiana in terra d’Albione – a Wembley nel 1973 – ottenuta proprio grazie ad un goal di Capello. ‘Il calcio per lui – sostiene l’autore – è qualcosa di più: è una sfida continua.
È figlio della guerra, nasce a Pieris, Gorizia – nel giugno del ’46 -, cresce all’ombra della cortina di ferro, diventa uomo a Ferrara e calciatore affermato a Roma, conquista successi e fama a Torino – in bianconero – e a Milano – sponda rossonera -. Appesi gli scarpini al chiodo vive una breve parentesi sulla panchina del Milan – giusto il tempo di raccogliere la benedizione di Liedholm: ‘Capello è bravo. Sarà l’allenatore degli anni ‘90’, quindi, torna a studiare da manager. Berlusconi crede in lui e, chiuso il capito Sacchi, lo riporta al Milan. Inizia così la sua seconda vita, quella di allenatore di successo. Milan, Roma, Juventus – scudetti in serie ed una coppa dei Campioni ai danni del Barcellona di Cruijff.
Il suo sogno, allenare i ‘maestri’ inglesi, si realizza all’indomani della sua seconda esperienza con il Real. Ma il mondiale 2010 è avaro di soddisfazioni e i bianchi d’Oltremanica non vanno oltre gli ottavi. Chiusa la parentesi con i Leoni d’Inghilterra, eccolo a Mosca. Ancora CT, questa volta della Nazionale Russa. ‘Ha giocato al calcio ad altissimi livelli, è divenuto l’allenatore più ricco al mondo e se nella vita avesse fatto un’altra professione, gli sarebbe piaciuto pilotare gli aerei. Ma Capello – continua Boldrini – ha coltivato con successo anche un’altra passione: la televisione’. A scoprirlo fu Luigi Colombo, allora telecronista di Telemontecarlo. A parte Sky, ha lavorato per le tre principali televisioni italiane: Rai, Mediaset e Tmc. Di lui disse Sandro Piccinini: “è brillante e competente. Ha i ritmi giusti”. Insomma è il simbolo di un italiano che ce l’ha fatta.