Capitano, leader, bandiera. Giacomo Bulgarelli è stato tutto questo e tanto altro.
Italo Cucci ne Il mondo di Giacomo Bulgarelli, Lìmina – offre un ritratto appassionato del suo grande amico, dell’indimenticabile numero 8 rossoblu, e parallelamente ripercorre a ritroso anche le tappe della sua carriera di giornalista, dai suoi inizi alla redazione del Resto del Carlino al mitico Guerin Sportivo. Una carrellata di fatti e personaggi, tra questi le grandi penne del tempo: Arpino, Brera e Pasolini.
I ricordi si intrecciano con la nostalgia della giovinezza, di una città lontana, ormai diversa, e di una professione a cui – un giovane Cucci – approda pur non essendo inizialmente interessato a seguire lo sport.
Ma erano gli anni del Bologna che… “così si gioca solo in Paradiso”, guidato dal Dottor Bernardini in panchina e trascinato in campo da Pascutti, Janich, Pavinato, Fogli, Tumburus, Haller, Nielsen, Negri e, soprattutto, da Giacomo Bulgarelli.
L’Onorevole Giacomino – come lo chiamava il super-tifoso Gino Villani – fu il più grande giocatore della storia del Bologna insieme ad Angelo Schiavio. Cucci rivela che il giovane Bulgarelli, interpellato su chi fosse il giocatore a cui pensava di somigliare, avesse risposto: Schiavio.
Di Schiavio, che aveva conosciuto e frequentato essendo il padre del suo compagno di classe Ercolino, ammirava la professionalità e l’attaccamento alla maglia. Li divideva però un particolare, ancora Bulgarelli: “eravamo per tutto eguali, salvo nella passione. Lui ha ‘lasciato’ per una vita comoda, io ho proseguito per passione ed ambizione. Senza ambizione, non so cosa avrei fatto, in vita mia”.
Suggestivo il ritratto tratteggiato da Pasolini – “Bulgarelli gioca un calcio in prosa: egli è un «prosatore realista»”.
Centrocampista moderno – come si dice oggi – era capace di interdire e di far ripartire il gioco con suggerimenti tempestivi.
L’apice della sua avventura calcistica fu il 1964, l ‘anno del settimo scudetto rossoblu, conquistato nell’indimenticabile spareggio di Roma contro la grande Inter di Herrera.
Quando nel 1970 il presidente del Bologna Raimondo Venturi disse al Milan che ‘Bulgarelli in rossonero si poteva anche fare’, Giacomo non ci mise molto a dire di no: “a Milano troverei l’amico Rivera, ma a Bologna ci sono le due torri e i tortellini e io da qui non mi muoverò mai”.
Fu l’anima di una squadra straordinaria a cui apportò intelligenza, capacità e misura. Qualità che lo scortarono tutta la vita e che ne fecero, a carriera conclusa, un apprezzato e competente commentatore televisivo, preciso e pertinente, mai saccente.
Alessandro Sartore