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La farfalla granata di Nando Dalla Chiesa

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Se il calcio è fantasia, Gigi Meroni è sicuramente stato tra i suoi maggiori interpreti.
Il numero 7 granata nel suo breve viaggio terreno ha lasciato una profonda traccia di sé.
È stato definito il calciatore-beat, l’artista, l’hidalgo, il dolce innamorato della bella Cristiana. Ha rappresentato una generazione, le sue inquietudini e la sua voglia di cambiamento.

Ne – La farfalla granata, LìminaNando dalla Chiesa raccoglie tutte le sfumature del carattere e le tonalità dell’anima di Gigi Meroni. La meravigliosa e malinconica storia di questo calciatore-artista, svela un personaggio inquieto e geniale: pittore e creatore del proprio inimitabile abbigliamento. Tra le stranezze che lo resero celebre si ricorda quella di passeggiare con una gallina al guinzaglio. Era dotato di una personalità complessa: mite e ribelle, credente e protagonista di un amore difficile e invincibile con una donna sposata, la «bella tra le belle» del mondo del Luna Park.

È stato uno dei simboli e l’interprete della domanda di libertà che ha investito l’universo giovanile negli anni ’60. Era soprannominato “farfalla” in riferimento al suo stile di gioco, ma anche ai suoi costumi anticonformisti.

Dice Nando dalla Chiesa: “Ha una sua idea del calcio,del bello, del goal, della creazione artistica”. Una testimonianza suffragata da quella di Nando Martellini, uno dei più grandi telecronisti sportivi del calcio nazionale: “Anteponeva lo spettacolo al risultato, il bello all’utile”.
Il gioco sull’ala destra gli permetteva di esprimere tutto il suo estro. A lui piaceva fare le cose belle, e un tunnel a volte era più bello del goal.

Il suo rapporto sentimentale con una donna sposata era, per l’Italia di quel periodo, uno scandalo inaccettabile. Come inammissibile era il suo look. I suoi capelli lunghi ed il rifiuto di tagliarli furono causa di un duro contrasto con il CT della Nazionale, Edmondo Fabbri. Giocava con i calzettoni abbassati, alla Sivori, o alla cacaiola come definì Brera questa abitudine.
Arrivato dal Genoa alla corte del Torino di Nereo Rocco, andò a comporre con Nestor Combin una guizzante ed imprevedibile coppia d’attacco.

Fece innamorare di sé le tifoserie delle squadre in cui giocò, quella genoana prima e quella granata poi, ma pure l’Avvocato Agnelli il quale arrivò a formulare al club di Pianelli l’offerta record di 750 milioni di lire. La mezza insurrezione che ne stava per nascere, sconsigliò il presidente granata dall’accettare. La sua breve esistenza si interruppe a soli 24 anni. Il sommo Brera, che pur non lo apprezzava particolarmente, lo salutò con queste parole di epitaffio: «Tu eri giovane e puro abbastanza per non dimenticarti mai di essere vero pure nelle stranezze…».

 Alessandro Sartore

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