Il tennis in Italia vive da sempre momenti di grande euforia alternati a lunghi momenti di indolente apatia.
Le vittorie di Francesca Schiavone, il suo gioco generoso e combattivo, hanno riacceso l’entusiasmo intorno a questo sport che negli ultimi anni ha visto il dominio dei muscoli sulla tecnica, il sorpasso della forza sull’eleganza del gesto, spesso a discapito dello spettacolo.
Il successo al Roland Garros 2010 – prima donna italiana ad aver vinto un torneo del Grande Slam, nel singolo – la colloca sullo stesso piano di due grandissimi del nostro tennis: Nicola Pietrangeli e Adriano Panatta.
Ma la strada che porta al trionfo, che ti fa salire in alto nella classifica – è arrivata fino al 4°posto, come Panatta – è lunga e, richiede applicazione e fatica. Lo ricorda la stessa Schiavone a Matteo Musso in Il favoloso mondo di Francesca, Lìmina. “È stata una costruzione partita da lontano, mattone su mattone. Ci metti qualcosa giorno dopo giorno, sia che tu vinca una partita sia che tu perda. Non smetti mai di pensare che lavorando duro, se ci metti passione e cuore e se ti lanci interamente all’inseguimento di ciò che desideri, allora puoi arrivare all’obiettivo. Bisogna dare credito a quella fiamma che brucia dentro di noi”.
Musso ripercorre, come un segugio, la carriera della tennista milanese, ne racconta il percorso di crescita, le vittorie e le sconfitte, sino al bacio liberatorio alla terra rossa parigina dopo il trionfo.
Il Roland Garros 2010 sarà ricordato per il gioco espresso dalla Schiavone nel corso di tutto il torneo. Dopo anni di dominio della potenza sulla tecnica, Francesca restituisce al tennis il suo volto antico, il gioco all’attacco. Il libro ci porta dentro una professione che, se può apparire esteriormente fantastica ed affascinante, ha comunque pure degli aspetti difficili. La solitudine, la distanza da casa, il continuo girare da un torneo all’altro per 30 settimane all’anno, tutti ‘ostacoli’ che per essere superati richiedono grandi motivazioni.
Ed è stato proprio il carattere indomito – che le è valso il soprannome di Leonessa – a farle raggiungere il sogno della sua vita. La forte determinazione unita alla feroce voglia di perfezionarsi, di andare oltre ai propri limiti, le ha permesso di raggiungere lo Slam che con Wimbledon si divide lo scettro del torneo più importante.
Ha espresso un grandissimo tennis – a giudizio di tecnici ed esperti, la finale 2010 è stata la migliore degli ultimi dieci anni del tennis femminile – ha mostrato che si può vincere anche senza i favori del pronostico, e che nothing is impossibile – come recitavano le magliette dei suoi amici e supporters -. Impreziosisce il lavoro di Musso un’intervista all’immensa Martina Navratilova che sottolinea le qualità della Schiavone: la sua passione ed il suo coraggio – che hanno letteralmente trascinato il pubblico del Philippe Chatrier -, quindi la bellezza della sua volèè, il cui segreto risiede in una mano molto sensibile.
Alessandro Sartore