«La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. È il mio cuore»
Giampiero Boniperti
«Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta»
Giampiero Boniperti è stato la Juventus. Ne ha ispirato, incarnato e difeso i valori. Lo stile Juventus aveva in lui l’emblema assoluto a cui ispirarsi.
Non ancora diciottenne mostra subito di che pasta è fatto. Sceso in campo per un provino alla Juve, convince Felice Borel ‘Farfallino’, all’epoca allenatore-giocatore dei bianconeri, mettendo a segno 7 goal in una partita.
Carlin, storico giornalista di Tuttosport, scrive: “È nato un settimino”.
Il resto lo raccontano i numeri: 444 presenze in serie A, 178 goal nel massimo campionato, 5 scudetti e due coppe Italia. Da giocatore regala alla sua Juve lo scudetto della stella, goal a grappoli con spettacolo e successi in serie accanto al gallese John Charles e all’oriundo Omar Sivori, con cui forma il Trio Magico.
Conquista, non ancora ventenne, il titolo di capocannoniere della serie A – campionato 1947/48 – davanti a Valentino Mazzola. E proprio in onore del Grande Torino, caduto a Superga, indossa la maglia granata, lui juventinissimo, in una ‘partita tributo agli Invincibili’, disputata contro il River Plate.
Carattere tosto, da piemontese forgiato dalla campagna – veniva da Barengo, in provincia di Novara – il suo calcio esprime classe, astuzia, visione e grinta. Qualità che gli permettono di interpretare nella prima parte della carriera il ruolo di attaccante, poi successivamente quello di centrocampista.
Tratti che esibisce in una partita di cui andava fiero e che rappresenta, nonostante la partecipazione ai Mondiali del 1950 e 1954, l’apice della sua carriera internazionale. Il 21 ottobre 1953 viene infatti convocato a giocare a Wembley, nel Resto d’Europa contro l’Inghilterra, in un match celebrativo per i 90 anni della Football Association. Boniperti scende in campo accanto a fuoriclasse del calibro di Nordahl, Kubala, Vukas e Zebec e risulta il migliore in campo. Nel 4-4 finale, due goal portano la sua firma.
Appese le scarpette al chiodo dopo il famoso 9-1 sull’Inter del 10 giugno del 1961, passa dietro la scrivania. Dopo aver ricoperto vari ruoli dirigenziali il 13 luglio 1971 diventa Presidente e completa la sua missione rendendo Madama internazionale.
Fino a quella data, infatti, la Signora si è vista scavalcare sul palcoscenico europeo e mondiale da Milan ed Inter.
Con lui in cabina di regia e Trapattoni al timone inizia una galoppata che in un decennio fa recuperare il tempo perduto.
Costruisce e vince con una Juve ‘tutta italiana’ la prima coppa europea, quindi con quella che vestita d’azzurro si laureerà campione del mondo a Spagna ’82, completata dagli innesti di Boniek e Platini, si issa fin sul tetto del mondo.
Sotto la sua presidenza la Signora riempie la bacheca di trofei. Ben 9 scudetti, tutte le coppe internazionali dalla coppa Uefa nel 1976-1977 alla coppa delle Coppe nel 1983-1984 per finire con i trionfi nella coppa dei Campioni del 1984-1985, nella Supercoppa Europea 1984 e nella coppa Intercontinentale del 1985. La Juventus diviene così il primo club d’Europa a vincere tutte le competizioni internazionali.
Accanto ai numeri restano i ricordi, tanti, di un uomo all’apparenza duro ma che in realtà esprimeva un carattere molto esigente, dotato di forte rigore etico, di competenza e grande onestà intellettuale.
Memorabili i suoi battibecchi dialettici con il Presidente della Roma Dino Viola, le sue fughe dallo stadio dopo il primo tempo e la sua gestione diretta dei rinnovi dei contratti, a quell’epoca annuali, effettuati in un’unica giornata a Villar Perosa nel corso del ritiro pre campionato.
Con la fine degli anni ’80 cambia il mondo del calcio, l’arrivo dei miliardi, delle Tv e dei procuratori segnano la fine dell’epopea bonipertiana.
Viene sostituito frettolosamente, in nome del ‘calcio champagne’, dall’accoppiata Montezemolo-Maifredi. La rivoluzione si rivela un flop ed il Presidentissimo torna in sella con il Trap giusto in tempo per confermare il Dna Juve con l’ennesima vittoria della coppa Uefa, firmata dal genio di Roberto Baggio.
L’ultimo regalo del Presidentissimo alla Signora è Alessandro Del Piero.
L’unico, dopo di lui, insieme all’indimenticabile Gaetano Scirea, in grado di vincere come da verbo di casa e di diventare, sul campo e fuori, interprete ed icona dello stile Juventus.