La torrida estate del 2025 sarà ricordata anche come la stagione della rinascita, nell’immaginario degli europei, del calcio sudamericano. Chi segue quel calcio da tempo è perfettamente consapevole delle sue qualità, della cifra tecnica notevolissima, del considerevole numero di nazionali che militano in un Brasileirão in costante crescita, ma il pubblico europeo meno avveduto, quella vasta fronda di appassionati da tempo rintanati nella trincea di un complesso di superiorità quasi “post-coloniale”, hanno dovuto raccogliere la mandibola da terra davanti a certe espressioni tecniche delle squadre del gigante sudamericano.
Intendiamoci: nessuno sostiene che il loro futebol, così idiosincratico, in alcune cose vezzoso in maniera anacronistica, abbia esattamente gli stessi contenuti tecnici e agonistici del calcio europeo, o che sia complessivamente un movimento del tutto accostabile a quello del Vecchio Continente. Alcune differenze significative ci sono e restano evidenti, ma il chiacchiericcio che si ascolta da anni – quello teso a derubricare il calcio del Sudamerica a football quasi amatoriale, a una sorta di passione perversa riservata a una minoranza di pazzi – dovrebbe essere finalmente messo a tacere dalle qualità e competitività dimostrate da diversi club provenienti dall’altra metà del cielo.
Tra questi club, spicca per ora, sul piano dei traguardi conseguiti, il Palmeiras di San Paolo, una delle grandi storiche del calcio brasiliano e mondiale. Il Palmeiras negli anni ’20 ha saputo conquistare diversi trofei di prestigio sia nazionale che internazionale, e nel 2021 se l’è giocata alla pari con il Chelsea campione d’Europa, soccombendo solo ai supplementari.
Come noto, nelle vene del Palmeiras scorre sangue italiano (non si gioca per decenni al Palestra Italia senza una ragione), e la sua storia è una delle più gloriose della storia del calcio verdeoro: nel suo palmares si contano decine di titoli statali e nazionali, tre Coppe Libertadores, e la maglia biancoverde è stata indossata da alcuni tra i massimi giocatori brasiliani di ogni epoca.
Li abbiamo selezionati per voi, limitandoci, more solito, al dopoguerra.
Portiere: Émerson Leão
Vera e propria leggenda sia del club di San Paolo che della nazionale, Émerson Leão è stato uno dei massimi portieri verdeoro, un giocatore dalla carriera infinita (durata circa vent’anni) e che lo vede conquistare innumerevoli titoli nazionali, oltre che vincere la Coppa del Mondo dei cinque fenomeni, anche se da riserva. Credo che il posto da titolare, visti i quattordici anni complessivi in maglia biancoverede, spetti a lui, per quanto l’ottimo e altrettanto longevo São Marcos (San Marco, per i suoi affezionatissimi tifosi) sia un suo degno avversario. Lungagnone che spende vent’anni di carriera a San Paolo (per 532 presenze complessive), Marcos è stato il valido e affidabile estremo difensore del Palmeiras e per diversi anni anche della nazionale verdeoro, con cui ha vinto da titolare una Coppa America e il mondiale del 2002.
Laterale destro: Djalma Santos
Dopo una decade alla Portuguesa, a fine anni ’50 il leggendario Djalma Santos si è trasferito al Palmeiras per diventarne leader e bandiera per nove lunghi anni, collezionando quasi 500 presenze e una lunga serie di trofei. Meno spettacolare e votato alla giocata plateale di molti connazionali, Djalma è stato un robusto terzino destro “ibrido”, capace di mutuare dall’Europa la vocazione alla solidità e all’attenzione per l’equilibrio, ma in grado anche di farsi valere sul piano strettamente tecnico. Titolare della nazionale in quattro mondiali, ha dato il meglio di sé nei due tornei vinti dalla squadra di Pelé e Garrincha a cavallo tra anni ’50 e ’60, e occupa un posto speciale nella storia del Verdão, così come del football mondiale.
Non era un giocatore della stessa levatura di Djalma, ma in panchina può e deve accomodarsi il valoroso Franciso Arce, solido e concreto terzino paraguaiano specializzato nei calci da fermo, eccellente sotto porta e titolare inamovibile della nazionale del suo paese, in due mondiali. Con il Verdão disputa quattro stagioni, durante le quali supera le 250 presenze e mette a referto il numero inverosimile, per un terzino, di 57 reti. Inserito per ben sette volte nella formazione ideale del continente sudamericano, Arce è un pezzo di storia anche del Palmeiras.
Difensore centrale: Marcos Aurélio Galeano
Ancora oggi detentore del record di presenze in maglia biancoverde, tra i difensori, il centrale Galeano è forse, più di ogni altro giocatore, il simbolo del Palmeiras: con la squadra di San Paolo il difensore ha vinto letteralmente tutto, e più volte, e si è guadagnato il soprannome di Guerriero del Palmeiras, per la sua indole combattiva, la sua forza fisica e la leadership. Anche a causa di una concorrenza di spessore, ha la pecca di non aver mai vestito la maglia della nazionale.
Anteponiamo Galeano a Djalma Dias solo perché è difficile recuperare informazioni davvero specifiche sul centrale nato a Rio nel 1939: protagonista del Palmeiras degli anni ’60 e capace di vestire in diverse occasioni (per la precisione, 21) la maglia verdeoro, Djalma ha vestito la maglia del Palmeiras durante le cinque stagioni migliori della sua carriera, collezionando 240 presenze e vincendo da titolare cinque trofei nazionali.
La pletora di ottimi centrali della storia del Palmeiras merita almeno un’ultima citazione, quella di una nostra conoscenza, Roque Junior: prima di traslocare nella Milano rossonera, Roque è stato per diverso tempo una delle colonne della difesa biancoverde e ha vinto da titolare e protagonista la storica Libertadores del 1999.
Difensore centrale: Luis Pereira
Ritenuto in patria e per diversi decenni, probabilmente fino all’avvento di Thiago Silva e Marquinhos, il miglior difensore centrale brasiliano di ogni epoca, Luis Pereira ha scritto la storia del calcio con la maglia dei Colchoneros, ma prima dell’avventura europea ha deliziato l’esigente pubblico del Palestra Italia con la sua classe purissima, che abbinata a una forza fisica dirompente lo rendeva uno dei migliori centrali del mondo, negli anni ’70, come documenta anche la lunga militanza con la nazionale. Con il Palmeiras, il roccioso centrale ha conquistato due titoli nazionali da capitano e leader.
Portabandiera e capitano del grande Palmeiras degli anni ’20, credo che sia legittimato a reclamare un posto in squadra già oggi Gustavo Gómez, notevole centrale di nazionalità paraguaiana e colonna sulla quale si è costruito il ciclo vincente della squadra biancoverde degli ultimi cinque/sei anni. Lo stiamo vedendo in campo anche nel corso del mondiale per club.
Laterale sinistro: Geraldo Scotto
Il suo nome dirà forse poco agli appassionati italiani, ma dice tutto ai tifosi del Palmeiras: il laterale di chiare origini italiane Geraldo Scotto è stato infatti per dieci anni lo stantuffo sinistro della squadra di San Paolo e uno dei migliori marcatori della storia del calcio brasiliano, rinomato in patria come l’unico in grado di mettere le ganasce a tale Mané Garrincha.
Le sue due riserve sono invece due vecchie conoscenze del calcio europeo: la prima è Jenílson Ângelo de Souza, per tutti Júnior, piccolo artista della fascia sinistra che, prima della felice esperienza in gialloblù, scrive la storia nel suo paese d’origine, vestendo per cinque stagioni la maglia biancoverde e portando a casa diversi titoli prestigiosi, su tutti la Coppa Libertadores del 1999.
Il terzo giocatore è diventato una leggenda con le maglie di Real e Seleçao, ma ha fatto in tempo anche a guadagnarsi l’amore dei tifosi del Verdão, nel corso di tre intense stagioni in cui l’ordigno nascosto nel suo piede sinistro ha iniziato a esplodere in tutta la sua energia quasi soprannaturale, accecando gli attoniti tifosi: sto parlando di Roberto Carlos, che a San Paolo fa in tempo a mettere in saccoccia 162 presenze e 16 reti, segnate quasi sempre con le sue celebri e imparabili fucilate dalla distanza.
Centrocampista: César Sampaio
La classe operaia va in paradiso: centrocampista poco incline agli svolazzi tecnici e alle acrobazie, César Sampaio era un robustissimo centromediano in grado di equilibrare il reparto centrale e di conseguenza tutta la sua squadra, il classico giocatore adorato dagli allenatori che cercano un uomo affidabile, di testa e di gambe. Con il Palmeiras, César scrive alcune delle pagine più belle della sua carriera, una carriera che conta quasi duecento presenze e diversi gol pesanti. Impagabile il suo apporto, anche temperamentale, nel successo continentale del 1999. Come ricordiamo tutti, Sampaio è stato per anni anche il mediano della nazionale brasiliana, con cui ha disputato tre Coppe America e un mondiale da titolare.
Centrocampista: Dudu
Il divino Olegário Tolóí de Oliveira, detto Dudu, è uno dei nomi cardine della storia del club de quo, un giocatore di sublime intelligenza ed efficacia, capace di deliziare i palati fini del Palestra Italia per oltre un decennio e per oltre seicento partite. Con il Palmeiras, Dudu vince tre titoli paulisti e viene celebrato come il cervello della squadra, conquistandosi anche il secondo posto nella graduatoria della Bola de Ouro del 1974. Più altalenante, anche in ragione dell’enorme qualità della concorrenza, la sua breve esperienza in nazionale, che termina con un magro bottino – tredici presenze.
Lo schieriamo riserva solo perché è praticamente impossibile vederlo all’opera, ma quel che è certo che è Valdemar Fiume è uno dei nomi imprescindibili della storia biancoverde, con le sue 620 presenze e la pletora di trofei conquistati tra gli anni ’40 e la fine degli anni ’50.
Ala destra: Julinho
Ecco un’altra conoscenza del calcio italiano e un fuoriclasse autentico: il nome di Júlio Botelho strappa ancora oggi una lacrimuccia ai tifosi viola più attempati, perché il suo contributo maradoniano allo scudetto del 1956 e al cammino trionfale – che si chiude con un urlo di gioia strozzato in gola – della Coppa dei Campioni del 1957 sono stati impagabili. Bernardini diceva che un’ala poteva arrivare a Julinho, non oltre, e non aveva tutti i torti: il lungo brasiliano era un esterno atipico, sornione, dotato da madre natura della tecnica sublime dei connazionali e di un fiuto straordinario per l’assist e la giocata chiave. Dopo l’esaltante esperienza Viola, Julinho, che soffre di saudade, torna a casa e veste per nove anni la maglia del Palmeiras, diventando istantaneamente l’idolo del Palestra Italia e confermandosi il miglior esterno brasiliano, dopo l’inavvicinabile Garrincha. In Brasile, il fuoriclasse guida i suoi alla conquista di alcuni campionati paulisti e alla finale di Libertadores, persa contro lo straordinario Peñarol del 1961 per dettagli.
Edu Bala è un altro tassello cruciale del puzzle della storia biancoverde: negli anni ’70 la fascia destra del Palestra Italia era roba sua, e la sua esaltante carriera (costruita sulle finte, sui giochi di prestigio, sui cross velenosi) a San Paolo si chiude con 75 reti in 482 presenze, oltre che con una pletora di titoli nazionali e statali.
Mezzala/ala di classe internazionale, la seconda riserva è Leivinha, uno dei massimi talenti della storia del club e il secondo violino del grande Palmeiras piglia-tutto degli anni ’70. Titolare anche in nazionale, ai mondiali tedeschi del 1974, il piccolo funambolo ha segnato oltre 100 gol in biancoverde ed è stato felice protagonista anche di quattro anni a Madrid, sponda Atletico, nella seconda metà dei ’70.
Trequartista: Ademir Da Guia
Il giocatore più amato e importante della storia del Verdão, e probabilmente il suo massimo talento al pari di Julinho, Ademir da Guia è stato il trequartista sudamericano nella sua essenza più pura, un po’ come lo saranno Valderrama o Riquelme nei decenni successivi: poco veloce, ma dotato di una tecnica nello stretto da capogiro e di una capacità preternaturale di anticipare i tempi di gioco: con quasi 400 presenze e 68 reti, ha dedicato al Palmeiras sedici lunghissimi anni di trionfi nazionali – con l’amaro in bocca per la finale di Libertadores perduta contro i cattivi dell’Estudiantes nel 1968. La concorrenza proibitiva gli ha chiuso spesso in faccia le porte della nazionale, ma non gli ha impedito di giocare un mondiale da titolare, nel 1974.
La sua riserva naturale è un talento cristallino come Alex De Souza, un piccolo prodigio della natura che con il pallone era letteralmente in grado di compiere qualsiasi prodezza, e che prima di avventurarsi nel mondo del calcio turco – dove lascerà tracce indelebili – scrive la storia del Verdão, con le sue acrobazie palla al piede che sono anche funzionali al gioco di squadra: Alex è il maggior talento della formazione che vince tutto a fine anni ’90.
Come Roberto Carlos, diventerà grandissimo in Europa, ma lascia intravedere il suo talento superiore anche in Brasile e segnatamente con la magia biancoverde: sto parlando di Rivaldo, il fuoriclasse dall’andatura scalena (eredità di un’infanzia di privazioni) e dal sinistro mortifero, un dieci all’apparenza lento ma letale per il controllo di palla e la facilità di calcio. Con 120 presenze e 60 reti, ha scritto un pezzo significativo della storia del club e in rosa a mio parere merita un posticino.
Ala sinistra: Zinho
Ala e centrocampista che ricordiamo per il significativo contributo al successo di USA 1994, Zinho è stato uno zingaro del calcio brasiliano, un’ala/mezzala dotata da madre natura di due polmoni da mediano e di qualità superiori alla media nel dribbling, nel passaggio e nella capacità di leggere, anche tatticamente, le partite. Con il Palmeiras, Zinho mette a referto oltre 300 presenze impreziosite da 51 reti, da tre titoli nazionali e dalla Libertadores del 1999.
Benché sia più un centrocampista classico, merita un posto in formazione e glielo troviamo in posizione defilata anche Raphael Veiga, uno dei giocatori di maggior talento del grande Palmeiras degli ultimi anni, di cui è colonna portante sul piano tecnico e temperamentale, come documentano i numeri importanti anche sul piano realizzativo.
Evair l’abbiamo ammirato a Bergamo per diverso tempo, ma è stato anche e soprattutto uno dei giocatori simbolo del Palmeiras degli anni ’90, con cui colleziona titoli e reti importanti, guadagnandosi anche la maglia verdeoro.
Attaccante: César Maluco
César Augusto da Silva Lemos, chiamato il Pazzo, ha segnato profondamente la storia del calcio brasiliano degli anni ’60 e ’70: centravanti non particolarmente grosso ma fisicamente fortissimo, abile nel gioco aereo così come nella conclusione repentina di prima, e ha messo a segno 182 reti in 327 presenze con la maglia del club di San Paolo, della cui tifoseria è uno degli idoli indiscussi. Meno prolifica la sua breve carriera in nazionale.
Altro attaccante fisicamente debordante e letale in area di rigore, Servilio – con le sue 139 reti – rimane a tutt’oggi una delle punte di diamante dell’attacco del Palmeiras e uno dei bomber più decisivi della storia del club, con cui ha vinto diversi titoli nazionali, sfiorando la Libertadores nel 1968.


