Riprendiamo una delle nostre saghe più interessanti, ovvero quella dedicata alle stagioni “dimenticate”, introducendo alcune piccole variabili: in questo caso, ci concentriamo sull’Europa, un’Europa foriera di gloria e di soddisfazioni e che però strozza in gola l’urlo di gioia dei campioni citati nel titolo, le cui stagioni citate presentano tra loro diverse analogie.
Eric Cantona 1996-1997
Come abbiamo scritto nel pezzo a lui dedicato, uno degli innumerevoli articoli della rete dedicati a una figura ingombrante come quella di King Eric (“ci sono più articoli su Cantona che su Kant“, scrisse uno studente di filosofia innamorato di entrambi), il mito del gigante francese di origini sardo-catalane si scontra contro il muro di un’Europa per lui avara di soddisfazioni, a volte per i suoi consueti scivoloni e la testa calda (la celebre rissa di Istanbul), altre volte per coincidenze sfortunate. Se l’adagio dominante possiede un fondo di verità, esiste una significativa eccezione, che si materializza proprio quando Eric sta maturando l’idea di appendere prematuramente gli scarpini al chiodo: dopo la sua stagione più bella e trionfale, il 1995/1996, Eric si prende qualche pausa in campionato, nel corso della Premier 96/97, anche perché i suoi giovani scudieri stanno crescendo e iniziano a prendersi le responsabilità in prima persona, e forse anche per questo concentra maggiori energie sull’Europa.
Dopo un grigio debutto in quel di Torino, là dove Ferrara e Montero gli fanno assaggiare i tacchetti e le più ruvide strategie difensive italiche, Cantona risorge: a Manchester, contro la Juve, gioca una grande partita e solo la sfortuna lo priva del gol, ma più di ogni altra cosa il capitano dello United è determinante nelle partite calde del girone, contro i campioni di Turchia e a Vienna, quando ha gli occhi del mondo addosso e conferma di vedere il gioco come solo i grandi sanno fare, oltre che di poter decidere le partite in prima persona, mettendo a referto due gol pesantissimi.
Ai quarti di finale, contro un Porto spettacolare che ha avuto la meglio del Milan ed è un candidato alla vittoria, lo United gioca al meglio delle sue possibilità e Cantona disputa forse la partita più bella di una carriera europea più ombre che luci, inventando un assist splendido, chiudendo la partita e dirigendo l’orchestra rossa da regista vero e proprio. Le semifinali chiudono con il broncio la sua spettacolare corsa verso il trionfo: Kohler gli mette la museruola e non bastano alcune isolate invenzioni da King per sbloccare la partita o per rendere le sue gare pienamente soddisfacenti; si conclude così nell’amarezza la sua avventura da calciatore.
Henry 2005-2006
Poco tempo fa, in un sondaggio, ha scalzato proprio Eric nel cuore dei tifosi inglesi quale miglior calciatore d’Oltralpe ad aver militato in Premier League: stiamo parlando di Thierry Henry, la cui carriera sui campi di Sua Maestà è probabilmente ancora più spettacolare di quella dell’illustre predecessore, e che in Europa, complice una formula molto più ariosa e una Champions assurta a Sole del sistema planetario del calcio, può dimostrare con maggiore frequenza le sue qualità superiori, e mette a referto reti importanti con continuità.
Nonostante alcune serate da cineteca, che sono salde nella memoria anche dei tifosi juventini, romanisti e interisti, Henry nel 2006 non ha ancora messo a tacere del tutto i suoi detrattori: l’Arsenal-spettacolo pensato da Wenger si è sempre arenato sul più bello, a volte nei gironi, altre, come nell’anno degli Invincibili, al cospetto di un Chelsea in prepotente ascesa. Dopo un 2005 balbettante, nessuno pensa che i Gunners possano far sentire la loro voce in Europa, tanto più che la vecchia guardia sta abbandonando la nave, e invece i londinesi come sappiamo raggiungono proprio nel 2006, per la prima volta, la finale di Champions, e se riescono a farlo devono a Titì una fetta importante del merito.
Henry infatti non solo scorrazza per il campo come era aduso fare anche nelle stagioni precedenti, e non solo incanta Highbury in un girone obiettivamente abbordabile, ma ammutolisce Madrid e i suoi Galacticos con una giocata degna di un Ronaldo il Fenomeno d’antan, e quindi alimenta per l’ennesima volta i rimpianti dei tifosi bianconeri, surclassati sul piano tecnico a Londra. Le semifinali e le finali sono meno brillanti, ma Titì è decisivo nella complicata sfida contro un Villareal appiccicoso, e in finale, nonostante alcuni errori, pennella sulla testa di Campbell il cross da cui scaturisce l’1-0, prima di soffrire di solitudine, abbandonato per tutta la ripresa nella metacampo avversaria. Nel 2006 Titì non riesce quindi a coronare il sogno di portare la Champions a Londra nord, ma ha in ogni caso il merito di costringere al silenzio i suoi detrattori.
Griezmann 2015-2016
Il Griezmann ammirato in Europa nel 2016, a dispetto del sanguinoso errore della finale di Milano, supera con ogni probabilità il Titì di dieci anni prima: il Piccolo Diavolo, reduce da una Liga da campione, nella stagione che culmina nel secondo derby in tre anni (e nella seconda finale sfortunata, roba da psicodramma di Woody Allen) spicca il volo, consacrandosi come uno dei giocatori più importanti del mondo.
E lo fa soprattutto in Europa: chirurgico e decisivo già nel girone (debutta con una doppietta a Istanbul, decide la complicata sfida con il Benfica), dai quarti in avanti Antoine fa il vuoto, segnando i gol decisivi per l’eliminazione di due big come il Barcellona della MSN e il Bayern Monaco della Robbery, e dimostrandosi uno degli attaccanti più letali in circolazione, capace di muoversi senza la palla con un’intelligenza degna di quella del Raúl madridista. Anche nel suo caso, l’atto conclusivo è una maledizione che rischia di offuscare la grandezza delle sue prestazioni agli occhi del grande pubblico, ma una disamina accurata della sua Champions non può che costringerci ad applaudirlo.