Nell’immagine di copertina alcuni giocatori inglesi – tra cui Charlton e Moore – esultano dopo la vittoria del Mondiale
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L’Inghilterra è la patria del calcio moderno. Nel 1863 alla Taverna dei Frammassoni a Londra fu sancita la separazione dal rugby e la nascita del calcio. Con il tempo vennero codificate regole e tattiche. E l’Inghilterra è stata fino ad almeno la prima metà del ‘900 un imprescindibile punto di riferimento. Madre del football per stile e spirito, molto meno nei contenuti se è vero che la nazionale dei Tre Leoni ha conquistato l’unico alloro mondiale in casa nel 1966 e in un contesto particolare, che si è lasciato dietro negli anni parecchie polemiche (anche se il successo sul campo, come prestazioni, fu meritato). Mettere in fila i migliori dieci calciatori mai dati al mondo dall’Inghilterra non è affatto semplice, anche perché giocoforza bisogna sconfinare anche nell’epoca pre-televisiva, quando effettivamente i bianchi potevano annoverare numerosi elementi di provato spessore internazionale. Armato di coraggio e tentando a volte una difficile arrampicata sugli specchi, propongo qui una top ten dei migliori calciatori inglesi.
1 Bobby Charlton
Il migliore non può che essere lui. Longevo, iconico, straordinariamente versatile e completo, è stato il leader mentale e tecnico dell’Inghilterra campione del mondo nel 1966. Classe ’37, cresciuto nel Manchester United, è stato una delle stelle più lucenti dei “Busby Babes”, i giovanotti cresciuti nel settore giovanile con cui il tecnico dei Red Devils Matt Busby voleva dominare il mondo negli anni ’60. Un’intenzione rimasta tale, visto che molti di loro perirono nel tragico schianto di Monaco di Baviera nel 1958. Charlton sopravvisse. E divenne poi l’architrave su cui Busby plasmò la formazione della rinascita. Con Best e Law ha formato il trio che ha permesso allo United di arrivare in cima all’Europa, dieci anni dopo Monaco. Con l’Inghilterra, oltre al Mondiale, è arrivato terzo a Euro ’68. Ha vinto un Pallone d’oro e ne ha sfiorati altri due. Nato ala sinistra, è diventato poi un attaccante a tutto campo, sul modello di Di Stéfano, bravissimo a retrocedere in difesa, impostare il gioco e concludere in prima battuta.
2 Bobby Moore
Charlton a centrocampo, Moore in difesa: erano loro due i capisaldi dell’Inghilterra mondiale. Classe ’41, icona del West Ham a cui è rimasto legato per quasi tutta la carriera, simbolo di un’epoca in cui non era affatto detto che i giocatori più forti dovessero per forza andare nelle formazioni migliori (in Italia celebre il caso di Gigi Riva). È stato forse il primo centrale difensivo a essere molto più di un semplice respingitore: Moore, oltre che favoloso nel gioco di anticipo, nella marcatura diretta e negli interventi in scivolata, aveva piedi educati, da mezzala. Saliva a orchestrare la manovra. Sovente si inseriva senza palla per concludere a rete. Una rivoluzione che anticipò quella del tedesco Beckenbauer, a cui lo accomunavano la classe, la personalità da leader e una certa stima. A 23 anni a Moore fu diagnosticato un cancro al testicolo, all’epoca una malattia mortale in moltissimi casi. Ma lui non si diede per vinto. Combatté come un leone e sei mesi dopo sollevava al cielo di Wembley la FA Cup con il suo West Ham. Un anno più tardi ancora a Wembley vinse sempre da capitano degli Hammers la Coppa delle Coppe. E l’anno seguente ancora, nuovamente a Wembley, da capitano dell’Inghilterra, il Mondiale. Se n’è andato nel 1993: il tumore si era ripresentato un paio di anni prima, all’intestino, e non ci fu niente da fare. Il suo ricordo resterà per sempre indelebile nella mente di tutti gli inglesi.
3 Stanley Matthews
Per tutti è diventato “Sir”, il Baronetto. Primo pallone d’oro della storia, riconoscimento assegnatogli nel 1956 quando Matthews, nato nel 1915, aveva già 41 anni. Probabilmente è stato il calciatore più longevo di sempre. La sua parabola professionale cominciò nel 1932 allo Stoke City e terminò nel 1965 sempre allo Stoke, dopo un’esperienza fruttifera al Blackpool. Ala destra sopraffina ed elegante, oggi è possibile ammirarlo in un paio di match interi. Una è la famosa finale di FA Cup 1953 quando sotto 3-1 contro il Bolton ribaltò la partita con una serie di giocate fantastiche guidando il Blackpool al successo per 4-3. L’altra è una delle giornate più buie nella storia del calcio d’Oltremanica, il 3-6 contro l’Ungheria di Puskás il 25 novembre 1953. Matthews, che in carriera vinse solo quell’FA Cup (ma un campione non si misura solo dal palmares, altrimenti cosa diremmo in Italia di Riva o Baggio?), è la dimostrazione di come le cesure nette legate alla velocità nel calcio siano un concetto estremamente sovrastimato. Ha unito di fatto generazioni distanti 50 anni rimanendo sempre se stesso. Sempre con quei pochi capelli e quel gusto beffardo e irridente per la finta, passo di danza e cambi di ritmo, l’ala destra forse più grande di tutte, a parte Garrincha.
4 William “Dixie” Dean
Forse ancora oggi è il più straordinario centravanti inglese. Nato nei sobborghi di Liverpool nel 1907, è diventato una leggenda dell’Everton (2 scudetti e una FA Cup) ed è morto nel 1980 a Goodison Park, colto da un malore durante un derby della Merseyside tra i suoi amati Toffees e il Liverpool. Ha segnato 310 reti in First Division, terzo miglior marcatore dopo Greaves e Bloomer, ma con una media superiore a entrambi perché Dean ha impiegato appena 362 partite (0,86). A 23 anni ha raggiunto lo straordinario e insuperabile primato di sfondare quota 200 reti in soli 199 incontri, con il record di 60 in una sola stagione, il 1927-28. Centravanti potente, rapido, fortissimo di testa e con entrambi i piedi, un autentico cecchino in area, è stato uno dei massimi numeri 9 mondiali nel periodo prebellico. Per lui anche 18 gol in 16 presenze con l’Inghilterra.
5 Gordon Banks
Monumento del calcio inglese, uomo chiave del ciclo d’oro della nazionale nella seconda metà degli anni ’60 al pari dei compagni Charlton e Moore. Classe ’37, è stato il portiere per eccellenza del calcio britannico, autore di quella che è stata definita “la parata del secolo” su Pelé al Mondiale di Messico ’70. Leicester e Stoke City le sue squadre, prima della parentesi nordamericana. Detiene con 721 minuti la striscia di imbattibilità più lunga nella storia della propria nazionale.
6 Kevin Keegan
Due volte pallone d’oro nel 1978 e 1979, sempre decisivo nei club, dal rendimento più ondivago in nazionale. Classe ’51, attaccante esterno o centrale, dribbling, cambi di passo, grande facilità di calcio, fantasista e goleador, se in giornata diventava estremamente difficile da contenere. Tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80 è stato uno dei più forti calciatori del mondo. Cresciuto nello Scuntorpe United, è passato al Liverpool che ha trascinato al successo in Coppa dei Campioni, la prima di un lungo ciclo. Si è trasferito in Germania, all’Amburgo, diventando un idolo dei tifosi (mai facile per un inglese in Germania; come anche viceversa ovviamente…). Ha vinto una Bundesliga e ha sfiorato il bis europeo, fermato solo dal Nottingham Forest, dopo aver umiliato in semifinale il Real Madrid.
7 Jimmy Greaves
È il più prolifico attaccante inglese di sempre con 357 reti segnate in First Division (basti pensare che Alan Shearer, recordman di gol della Premier League post 1991/92 è fermo a 260…) e 6 titoli di capocannoniere. Nato nel 1940, classica prima punta, però molto abile anche con il pallone tra i piedi, gol a grappoli e comportamento spesso sopra le righe: si giocò così la possibilità di fare grande il Milan, rispedito in patria da Rocco dopo un avvio folgorante in serie A con 9 gol nelle prime 12 partite, stagione 1961/62. Nel Mondiale ’66 partì titolare, poi il ct Alf Ramsey ripiegò sul meno bravo ma più tenace Hunt.
8 Steve Bloomer
La prima grande stella inglese del firmamento internazionale. Era nato nel 1874, esordì a 18 anni nel Derby County, scoperto dal grande John Goodall (forse il primo vero centravanti arretrato della storia). Legò il suo nome soprattutto al Derby, con cui vinse 5 titoli di capocannoniere del campionato e sfiorò due volte il successo in FA Cup. È il secondo miglior marcatore della storia della Prima divisione inglese dopo Greaves con 317 reti e anche il suo score in nazionale è impressionante: 28 reti in 23 incontri. Ebbe una carriera molto longeva – 22 anni – ma poco vincente. Eppure il suo nome in Inghilterra è ancora oggi oggetto di venerazione da parte degli storici, tanto da meritarsi l’appellativo di “First Football Hero”.
9 Gary Lineker
Non può mancare quello che è stato il giocatore inglese di maggior impatto internazionale degli ultimi 40 anni. Classe ’60, grande in patria, ottimo a Barcellona in Spagna dove vinse una Coppa delle Coppe, superlativo in nazionale: capocannoniere al Mondiale ’86 con 6 gol, fermato solo ai quarti dal genio di Maradona. Quattro anni più tardi in Italia i suoi 4 centri spinsero l’Inghilterra fino alle semifinali, miglior risultato dai tempi del Mondiale ’66, pareggiato solo dall’ultima apparizione in Russia. Centravanti rapido, scaltro, tecnico e particolarmente efficace nei momenti caldi.
10 Eddie Hapgood
Scelta difficilissima. Perché il 10° della graduatoria esclude altri ugualmente meritevoli. Gente come Shilton, Neal, Robson, Gerrard, Lampard, Scholes, Rooney, Shearer, Finney, Bastin, Hurst, Stiles, Wright, Mortensen… Perché Hapgood allora? Perché è stato un rivoluzionario. Icona e bandiera dell’Arsenal di Herbert Chapman che a metà degli anni ’30 cambiò per sempre il calcio, passando dal Metodo al Sistema, con i terzini che da spazzini d’area furono dirottati sulla fascia e surrogarono i compiti del mediano laterale metodista: marcatura dell’ala avversaria e poi – se dotati sul piano della corsa – spinta costante a tutta fascia. Questo fece Hapgood, classe 1908, 5 titoli inglesi e 2 FA Cup nell’Arsenal, 30 presenze in nazionale. Divenne il primo terzino sinistro fluidificante della storia. «Volava alto sulle miserie umane» ha scritto di lui lo storico Carlo Felice Chiesa. Elganza, fair play, piedi, velocità e cross: da lui in avanti il ruolo del terzino sinistro è diventato ciò che conosciamo oggi.
Menzione speciale: Duncan Edwards
In una classifica a parte si trova lui: Duncan Edwards. Era nato nel 1936, era la stella assoluta dei “Busby Babes”, era destinato a dominare il calcio inglese e forse mondiale come pochissimi altri nella storia. Bobby Charlton disse: «È stato l’unico tra i tanti compagni avuti nella mia carriera a farmi sentire inferiore». Per Terry Venables era destinato a diventare il capitano della nazionale e ad alzare lui (e non Moore) al cielo di Wembley la Coppa del mondo del 1966. Molti giurano che potesse addirittura intaccare il trono di Pelé e Maradona. Purtroppo Duncan Edwards se ne andò a soli 22 anni, vittima del terribile incidente di Monaco di Baviera del 1958, quando l’aereo del Manchester United fece scalo in Germania dopo la trasferta di Coppa Campioni con la Stella Rossa e si schiantò in fase di ripartenza. Giocatore totale, fisicamente imponente, dotato di un’intelligenza calcistica superiore e di un dinamismo eccezionale, poteva giostrare in più ruoli. Quando è mancato aveva già raccolto 151 presenze con lo United e 18 con 5 reti in nazionale. Chi volesse lo può ammirare anche in un match intero, la finale di FA Cup del 1957 tra i Red Devils e l’Aston Villa, dove Edwards si disimpegna egregiamente da centrale difensivo.