Europa League, finale: Tottenham-Manchester United 1-0

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Esattamente 17 anni dopo la finale di Champions League tra Manchester United e Chelsea sotto il diluvio di Mosca, il calcio inglese celebra un altro rendez-vous tra due squadre di Sua Maestà nell’ultimo atto di una competizione europea, con i Red Devils nuovamente protagonisti. Ci sono però alcune differenze non da poco rispetto al 2008: se ai tempi si affrontarono le prime due forze della Premier League, vinta dall’armata di Ferguson con appena 2 punti di vantaggio sui Blues, il rendimento interno delle due finaliste di quest’Europa League (e già qui si potrebbe riassumere il grigiore dell’ultimo decennio dello United) non ha certo contribuito ad arricchire una cornice tecnica già di per sè modesta.

In campionato infatti, il Manchester United e il Tottenham galleggiano rispettivamente al 16° e al 17° posto, e solo il livello infimo delle 3 retrocesse ha scongiurato ulteriori patemi per le due nobili decadute, entrambe alle prese con la propria peggior annata nell’era della Premier. L’impossibilità di scendere o salire, per dirla alla Aldo Baglio, ha dunque consentito ai due allenatori, Amorim e Postecoglou di archiviare ormai da diverso tempo il fronte domestico, per dedicarsi unicamente all’Europa League. Oltre all’allettante possibilità di conquistare un trofeo internazionale ampiamente alla portata, la finale di Bilbao rappresentava infatti una clamorosa occasione per qualificarsi alla prossima Champions League, pur trovandosi entrambe a quasi 30 punti di distanza dal 5° posto in campionato.

Le premesse per assistere a una gara non certo indimenticabile in effetti c’erano tutte; oltre all’importanza della posta in palio, e al valore non certo elevatissimo delle due squadre, le assenze per infortunio degli epicentri creativi del Tottenham (Bergvall, Maddison e Kulusevski) obbligano Postecoglou a sconfessare i propri principi di gioco, portandolo ad impostare una gara decisamente più reattiva che proattiva. Sul fronte opposto invece, sorprende la scelta di Amorim di rimettere nel mazzo alcune delle carte decisive per consentirgli di approdare al San Mamés: in panchina si siedono infatti Garnacho e Ugarte, con il conseguente arretramento in mediana di Bruno Fernandes, e la presenza di Mount dal 1′ (in quella che per l’ex Chelsea è appena la decima presenza stagionale da titolare…).

Il risultato è un primo tempo estremamente chiuso, in cui il ritmo prevale in maniera fin troppo netta sulla qualità e sulle idee di gioco: è a tutti gli effetti uno spot al contrario per la Premier League. Il centrocampo ultra-muscolare degli Spurs, composto per l’occasione da Bentancur e Bissouma davanti alla difesa, con Sarr ad agire qualche metro più avanti, riesce efficacemente a gettare quanta più sabbia possibile negli ingranaggi già di per sé non oliatissimi del Manchester Utd, costretto ad affidarsi (come del resto tante altre volte nel corso della stagione) alle iniziative personali di Diallo. Dai piedi dell’ex atalantino nascono infatti gli sviluppi migliori dei Red Devils, a cui manca indubbiamente la brillantezza di Bruno Fernandes tra le linee.

Proprio da un pallone perso in maniera banale dal capitano portoghese, sul finire del primo tempo, nasce l’azione che porterà al clamoroso vantaggio del Tottenham, fin lì inefficace nei propri tentativi di ripartenza: Brennan Johnson legge meglio di tutti la traiettoria di un cross a rientrare di Sarr, riuscendo a tagliare davanti a Shaw (anch’egli riesumato inspiegabilmente da Amorim dopo l’ennesima stagione trascorsa ai box per problemi fisici), e trovando una fortunosa deviazione sul corpo di quest’ultimo, su cui un Onana tanto per cambiare non impeccabile viene beffato.

L’esultanza di Johnson dopo il gol decisivo

Una volta segnato l’1-0, i londinesi abbassano ulteriormente il baricentro, affidandosi alle letture in piena area di rigore del “Cuti” Romero e di Van de Ven; al resto ci pensa la sterile foga del Manchester United, incapace di abbozzare una reazione che non contempli una pioggia di cross dalle parti di Vicario. Proprio quest’ultimo, al 68′, commette un’imprudenza clamorosa, con una presa-saponetta su un innocuo traversone di Bruno Fernandes; il più lesto ad avventarsi sul rimbalzo è Hojlund, che prova a riscattare la sua grigia esperienza inglese con un pallonetto di testa ben diretto verso la porta sguarnita. Il sopracitato Van de Ven tuttavia, sfodera un incredibile numero da acrobata, salvando sulla linea in mezza rovesciata e tenendo a galla il Tottenham.

Si gioca ormai ad una porta sola, con gli Spurs totalmente privi di forze e lucidità per provare a risalire il campo. Neanche l’ingresso di un Son malconcio infatti, riesce a far guadagnare metri al bus parcheggiato da Postecoglou, colto alla sprovvista in un solo frangente, ossia su un inserimento a fari spenti di Fernandes, ben trovato da un traversone di Mazraoui; il colpo di testa del lusitano, arrivato a colpire da un’ottima posizione, si perde però sul fondo. A riportare quantomeno un po’ di brio tra le fila dello United ci pensa Garnacho, subentrato a 20′ dalla fine per un anonimo Mount; il velenoso destro a giro rasoterra del ventenne argentino viene però ben stoppato da Vicario, che si prepara all’assalto finale.

Nel groviglio di corpi che si ammassano di continuo nell’area del Tottenham, che chiude con una difesa a 5 quasi sfacciata nella propria volontà di congelare a tutti i costi il risultato, ce n’è uno in cerca di riscatto nei minuti di recupero: Shaw, protagonista in negativo sul gol subito, tenta di rifarsi andando a svettare di testa sul traversone da destra di Dalot, con Vicario nuovamente protagonista nello sventare la minaccia, l’ultima di una partita davvero brutta, ma che i tifosi del Tottenham ricorderanno per il resto della propria vita.

Dopo 6296 giorni infatti, la bacheca di uno dei club più antichi al mondo torna ad ampliarsi: l’ultimo titolo vinto dal Tottenham era infatti la League Cup del 2008, nello stesso periodo in cui il Manchester United salì per l’ultima volta in cima all’Europa. Il Vecchio Continente nella prossima stagione dovrà dunque fare a meno dei Red Devils, esclusi da tutte le competizioni internazionali e obbligati a ripartire da zero per l’ennesima volta nel post-Ferguson. Chi invece ripartirà dall’Europa che conta (a meno che non lasci Londra), potrebbe essere proprio Postecoglou, che del resto ci aveva avvisato: “Di solito al secondo anno vinco sempre”. Che dire, aveva ragione lui.

Soccer Football – Europa League – Final – Tottenham Hotspur v Manchester United – San Mames, Bilbao, Spain – May 21, 2025 Tottenham Hotspur’s Micky van de Ven in action as he clears the ball REUTERS/Juan Medina

Le pagelle

TOTTENHAM HOTSPUR

IL MIGLIORE: VAN DE VEN 7
Non era affatto scontato pensare che un difensore abituato a difendere in campo aperto come lui riuscisse a calarsi alla perfezione in un contesto da elmetto e trincea. Riesce ad impreziosire sul più bello una stagione sfortunatissima e piena di malanni fisici, regalando al popolo Spurs un’istantanea da custodire per generazioni e generazioni; un enorme pezzo di coppa è indubbiamente suo.

BISSOUMA 6,5 Chiamato a schermare le ricezioni di Mount e compagnia cantante, se la cava con sudore, sacrificio e tanto olio di gomito; tutte doti che, per farla breve, nessuno assocerebbe mai al Tottenham, e che rendono ancor più speciale questo trionfo così antistorico e inaspettato.

JOHNSON 6,5 Uomo-ombra dell’attacco del Tottenham, pur non rubando l’occhio per estro e vistosità rimane uno degli elementi più affidabili di una squadra che viaggia perennemente a corrente alternata. In questa stagione, tra gol e assist, è entrato in ben 22 reti, firmando in prima persona la più importante di tutte: prima di lui, gli ultimi uomini ad aver griffato un trofeo del Tottenham erano stati Berbatov e Jonathan Woodgate, un’era geologica fa nel calcio.

VICARIO 6,5 Nonostante le percentuali bulgare di possesso palla e dominio territoriale del Manchester United, non viene esposto a particolari pericoli grazie a una difesa attenta e ben mentalizzata sull’obiettivo. In ogni caso, si fa trovare pronto nel momento del bisogno, in particolar modo sull’incornata di Shaw, con l’unico grosso neo dell’errore su Hojlund, ben tamponato da Van de Ven.

RICHARLISON 6 In fase offensiva, essendo anche dirottato in un ruolo a lui non certo congeniale come la fascia sinistra, è praticamente inesistente, ma merita un applauso per la tigna che ci mette in copertura. Quasi non sembra vero, infatti, di vedere un giocatore storicamente supponente e fumoso come lui mettersi a lottare e rincorrere gli avversari con un tale livello di applicazione.

MANCHESTER UNITED

IL MIGLIORE: DIALLO 6
Pur non ricevendo sufficiente supporto da Mazraoui, riesce ugualmente a rendersi pericoloso nel primo tempo, creando più grattacapi al Tottenham da solo rispetto a tutti gli altri suoi compagni messi insieme. Alla distanza però Udogie riesce a prendergli le misure, facendolo uscire dal match.

GARNACHO 6 Non è di certo il calciatore più lucido a disposizione di Amorim, che escludendolo dall’11 titolare tuttavia commette un grave errore. Nonostante Garnacho finisca spesso per impappinarsi sbagliando qualche scelta di troppo, per intraprendenza e gamba rimane irrinunciabile in una squadra asfittica come il Manchester United, che beneficia indubbiamente del suo tardivo ingresso a 20′ dalla fine.

BRUNO FERNANDES 5 Trascinatore assoluto di questo gruppo sgangherato, arrivato alla finalissima anche e soprattutto grazie ai suoi 7 gol (e 4 assist) in quest’Europa League. Eppure, dopo un torneo giocato interamente nel suo ruolo naturale a ridosso del centravanti, viene spostato in mediana proprio nell’unica serata in cui non era ammesso fare esperimenti. Il risultato? Una partita totalmente priva di guizzi, con qualche errore grave che non ti aspetteresti mai da uno come lui.

SHAW 5 Già da qualche annetto sembra ormai decisamente fuori luogo in contese di un certo livello, tant’è che negli ultimi 2 campionati ha accumulato appena 16 presenze da titolare. Oltretutto, non gli si fa certo un favore a schierarlo da braccetto sinistro, ruolo che del resto non gli è mai appartenuto, e probabilmente mai gli apparterrà. Sfortunato e colpevole al tempo stesso in occasione del gol di Johnson.

MOUNT 4,5 A 4 anni di distanza da quel 2021 in cui in tanti si erano convinti di aver trovato il nuovo Lampard, diventa lecito chiedersi che fine abbia fatto quel giocatore. L’amara realtà è che gli infortuni, e un vero e proprio tritacarne calcistico qual è lo United, lo hanno completamente fagocitato. Non è neanche corretto definirlo l’assente ingiustificato della finale, visto che il buon senso avrebbe imposto di non farlo proprio scendere in campo.

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