La conferma
L’Argentina resta regina del continente e scrive la Storia con la S maiuscola perché confeziona un clamoroso triplete (Coppa América 2021, Mondiale 2022, Coppa América 2024) in quattro anni, impiegandone uno meno della Spagna di Xavi e Iniesta 2008-2012 e due meno del Brasile di Ronaldo 1997-2002. La Selección ha dato fondo a tutte le proprie energie: delle tre vittorie questa è stata senz’altro la più faticosa e meno brillante, specchio della condizione fisica della sua stella, Lionel Messi. Il Diez non ha giocato una competizione memorabile, ha centellinato le energie per quando serviva e in finale è pure uscito per infortunio. Risorto come un’araba fenice dai tanti patimenti e dalle tante sconfitte subiti prima del 2021, diventato leader di una squadra cresciuta passo dopo passo, autore di due competizioni superbe nella Coppa América 2021 e nel Mondiale 2022, Leo sembra abbinare perfettamente la totalità di Di Stéfano e il genio di Maradona, i due più grandi argentini prima di lui, e anche se in questa Coppa América non ha brillato (anche se ha comunque messo lo zampino in sei gol argentini su 9, con una rete personale e un assist) si è portato a casa il 45° trofeo (record) di una carriera impareggiabile.
La delusione
Se l’Argentina si è confermata al top, la delusione più cocente è il Brasile. Che ha pagato i dissapori interni, tra l’addio del ct Fernando Diniz, il mancato approdo di Carlo Ancelotti, l’arrivo di Dorival Júnior, e non è mai riuscito a diventare squadra al di là dei singoli, finendo secondo nel girone dopo un infausto pareggio contro il Costa Rica e venendo eliminato nei quarti dall’Uruguay. A proposito di singoli, in assoluto il giocatore che è mancato di più è l’attaccante del Real Madrid Rodrygo, che ha chiuso la competizione a quota zero reti, dimostrandosi un lontano parente del giocatore efficace e redditizio ammirato solitamente in maglia merengue.
Deludenti anche gli Stati Uniti, partiti con ambizioni importanti, ma estromessi nel girone da Panama, complice la “follia” di Timothy Weah che si è fatto espellere nei minuti iniziali compromettendo l’andamento del match e la qualificazione degli yankee alla seconda fase.
La sorpresa
Solo in parte lo è stata la Colombia, perché i Cafeteros si presentavano a questa Coppa América forti di due anni di risultati utili (diventati 28, fino alla sconfitta contro l’Argentina) e con l’allenatore argentino Néstor Lorenzo che mai aveva perso al timone del team. È vero però che la squadra nella griglia di partenza scattava quarta alle spalle di Argentina, Brasile e Uruguay, e dunque ha saputo spingersi oltre le aspettative iniziali. La Colombia ha messo in mostra un calcio aggressivo e di sostanza, con il miglior attacco del torneo (12 gol segnati) e un James Rodriguez formato maxi.
Ancora più sorprendente Panama: la squadra del Centro America ha saputo conquistare una incredibile qualificazione ai quarti, dove mai era arrivata nel corso della propria storia: merito della vittoria sugli Stati Uniti e del grande lavoro svolto dal ct spagnolo di origine danese Thomas Christiansen.
Il protagonista
Eletto giustamente MVP della competizione, nonostante la sconfitta in finale, James Rodriguez ha prodotto sei assist e giocate di qualità sopraffina in tutto il torneo. Un giocatore che è stato totalmente rilanciato dalla cura-Lorenzo in nazionale e che avrebbe meritato di concludere il suo favoloso percorso individuale con il titolo di squadra.
L’altro grande protagonista è Lautaro Martinez: il Toro ha confermato la crescita esponenziale di questa stagione con la maglia dell’Inter – con cui ha vinto lo scudetto e il titolo di capocannoniere – portandosi a casa lo scettro di “re dei bomber” anche in Coppa América e soprattutto decidendo la finale contro la Colombia con un destro al fulmicotone a una manciata di minuti dalla fine dei supplementari. Uno dei migliori attaccanti al mondo senza dubbio, a oggi in corsa per il Pallone d’oro con pochi altri eletti (e l’unico altro sudamericano è Vinicius Junior).