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Cinque doppi ex che non ricordavi con le maglie di Milan e Roma

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Il Milan è riuscito da poche giornate ad agganciare il Napoli in vetta alla classifica e le due stanno già realizzando una prima mini fuga. Questa sera il Diavolo avrà un impegno di primo livello, contro quella Roma che proprio poche partite fa ha fermato gli Azzurri impedendogli il filotto completo e la sofferta vittoria di Cagliari può essere una svolta dell’annata giallorossa. La Lupa e i rossoneri hanno sempre regalato grandi partite tra di loro nella loro storia e hanno avuto anche diversi giocatori che hanno vestito entrambe le maglie.

Alberto Aquilani


Centrocampista elegante e di classe, troppo spesso fermato da infortuni che ne hanno limitato una carriera che avrebbe potuto prendere un’altra piega. Alberto Aquilani cresce nella Roma, la squadra della sua città, e si impone ben presto in prima squadra dando la sensazione di poter creare una mediana tutta fatta in casa nelle fila giallorosse con Daniele De Rossi. Dopo un prestito molto positivo alla Triestina torna alla Lupa e mostra tutta la sua classe con giocate da campione, conclusioni dalla lunga distanza e una regia sopraffina, ma i continui acciacchi e la crisi economica nella Capitale lo fanno diventare la vittima sacrificale nel 2009 venendo ceduto al Liverpool. In Inghilterra fu un anno disastroso tanto che venne messo subito sul mercato e fu la Juventus a volerlo acquistare per rifondare la squadra dopo il settimo posto dell’anno precedente. È uno dei protagonisti del buon girone d’andata bianconero segnando anche un bel gol contro il Lecce, ma poi cala come tutta la squadra che si confermò ancora settima non venendo riscattato. La Vecchia Signora lo sostituì con Pirlo e lui venne chiamato proprio dal Milan per tappare il buco lasciato dal fenomeno bresciano, ma anche qui dopo un buon inizio, dove segnò anche al Napoli, si perse venendo rimandato al mittente. La sua fortuna fu la Fiorentina che lo rimise al centro del progetto prima di iniziare nel 2015 un lungo girovagare tra paesi iberici, vestendo le maglie di Sporting Lisbona e Las Palmas, e provincia italiana con Sassuolo e Pescara.

Fabio Borini


Attaccante molto rapido negli spazi stretti e adattabilissimo a ogni ruolo del reparto offensivo che però non ha reso per quanto ci si aspettava. Fabio Borini lasciò ben presto l’Italia per accettare la corte delle giovanili del Chelsea e con i Blues riuscì anche a debuttare in Premier League. Andò in prestito allo Swansea dove iniziò a segnare con una certa continuità e questo gli permise di essere acquistato dalla Roma. Con Luís Enrique in panchina visse la sua stagione migliore, segnando nove gol ma soprattutto mantenendo un livello di prestazione che gli permise si essere anche tra i ventitre convocati per l’Europeo del 2012. Nella Capitale vi rimase però solamente un anno perché accettò il ritorno in Gran Bretagna, questa volta al Liverpool, ma da quel momento iniziò il suo declino. Continuò ad alternarsi tra la maglia Reds e quella del Sunderland, prima di tornare nel Belpaese per giocare con il Milan. In rossonero venne apprezzato per l’impegno e per aver giocato praticamente in tutti i ruoli, però in tre anni realizzò solamente quattro gol senza lasciare un grande ricordo. Passò al Verona prima di passare in Turchia al Fatih Karagümrük.

Urby Emanuelson

È stato uno dei tanti ragazzi prodigio usciti dal grandioso vivaio dell’Ajax, ma crescendo si è perso sempre di più diventando irriconoscibile rispetto agli inizi. Urby Emanuelson passò una vita intera con i Lancieri, entrando nel settore giovanile quando questi aveva solamente otto anni e rimanendo fino all’età di venticinque dopo aver scorrazzato su e giù per la fascia sinistra per tutto questo periodo. Le sue prestazioni lo avevano portato a essere considerato come uno dei migliori talenti Oranje della sua generazione, dove vinse anche l’Europeo Under 21 nel 2006, ma già dagli ultimi anni in Patria ebbe un importante calo di rendimento.

Nel gennaio 2011 il Milan lo acquistò comunque vedendo in lui una grande occasione per poter allungare la rosa in vista del finale di campionato e con il Diavolo vinse la Serie A. Allegri lo stimava enormemente, tanto che nella stagione seguente giocò ben trenta partite e contro il Cesena segnò un gran gol da fuori area, il primo in campionato con la nuova maglia. Dopo un buon inizio anche nell’annata successiva venne ceduto in prestito a gennaio al Fulham prima di tornare ancora dalle parti di San Siro la stagione seguente vendendo però travolto dal disastro rossonero.

Passò alla Roma dove fu poco più che una meteora, addirittura Garcia non lo inserì nella lista Champions disputando solo due spezzoni di partita in sei mesi, e a gennaio ecco l’approdo all’Atalanta dove dimostrò di essere ormai sul viale del tramonto. A Bergamo vi rimase per soli sei mesi, giocando solamente nove partite e non lasciando un grande ricordo, prima di passare al Verona. In gialloblu ci arrivò praticamente dopo un girone intero di un’attività e il suo rendimento ne risentì moltissimo. Delneri gli diede fiducia, ma non riuscì a evitare la retrocessione venendo così definitivamente ceduto e ancora oggi continua a giocare per l’Utrecht.

Diego Fuser

Centrocampista tuttofare, capace di unire corsa e qualità in mezzo al campo dimostrando di meritare a pieno titolo varie convocazioni in Nazionale. Diego Fuser iniziò da giovane nel Torino dimostrando subito le sue potenzialità, ma la retrocessione dei granata nel 1989 lo portò a cambiare squadra e fu Sacchi a valutarlo un elemento potenzialmente utile per il suo Milan. Con il Diavolo però non riescì a imporsi come titolare molto spesso, anche se scese in campo dal primo minuto nella finale di Coppa Intercontinentale contro l’Atético Nacional nel 1989. Vinse anche la Coppa dei Campioni, seppur da riserva e l’anno seguente venne mandato in prestito alla Fiorentina, dove segnò otto reti e meritò il ritorno a Milano. Anche con Capello in panchina le cose però non migliorarono e riuscì solo a riempire ancora di più la sua bacheca con uno Scudetto vinto da comprimario.

Nel 1992 passò alla Lazio e nella Capitale visse in assoluto le sue stagioni migliori, in particolar modo quella d’esordio dove riuscì ad andare addirittura in doppia cifra segnando la bellezza di dieci reti a fine stagione. In biancoceleste lasciò uno splendido ricordo ma riuscì a vincere solo la Coppa Italia nel 1998, perdendo la finale di Coppa Uefa in quella stessa annata contro l’Inter. Non vinse però gli anni d’oro degli Aquilotti e passò al Parma al termine di quella stagione, ma riuscì a vincere la Coppa Uefa al primo colpo giocando da titolare la finale di Mosca contro il Marsiglia. Passata l’esperienza emiliana ritornò a Roma, ma questa volta per vestire i colori giallorossi con i quali però fu poco più che una comparsa per due anni giocando solamente quindici presenze. Passò in Serie B al Torino prima di vivere diverse stagioni nelle categorie dilettantistiche piemontesi.

Bojan Krkić

Era considerato il sicuro astronascente del Barcellona, avrebbe dovuto essere il nuovo campione del decennio e invece fu una delle più grandi delusioni. Bojan Krkić esordì ben giovane con la prima squadra dei catalani dopo aver stracciato qualsiasi record con la cantera blaugrana e gli esordi furono molto incoraggianti. Tanti gol e buone prestazioni con Frank Rijkaard in panchina, ma con l’arrivo di Guardiola tutto cambiò. Nei tre anni con il giovane tecnico riuscì a vincere tutto quello che c’era da vincere, ma ogni anno trovava sempre meno spazio, soprattutto grazie all’esplosione dell’altro canterano Pedro. Nel 2011 decise che la sua carriera doveva prendere un’altra direzione e accettò la chiamata della Roma e da qui iniziò il suo declino. In giallorosso riuscì a realizzare sette gol conditi però da una grande quantità di prestazioni insufficienti, infatti i capitolini preferirono interrompere l’accordo di prestito biennale già dopo una stagione. Fu allora il Milan a metterlo sotto contratto e la situazione fu ancora peggiore. Poche partite e solo tre gol con il Diavolo per un anno decisamente da dimenticare prima di iniziare un lungo e infruttuoso girovagare per l’Europa.

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