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Torino 1946-47: i granata dominano, capitan Valentino è superbo

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Dopo che il calcio era stato in grado di reimposessarsi dell’attenzione del popolo italiano era però tempo di tornare alla Serie A e al girone unico, nonostante ancora enormi difficoltà. Prima di tutto bisognava capire quante squadre avrebbero dovuto partecipare e come poter suddividere le migliori, così dopo una serie infinita di riunioni si decise di portare il massimo campionato a venti squadre, un numero mai sperimentato nella storia. C’è molto incertezza attorno al campionato 1946-47 con i campioni in carica del Torino vogliosi di confermarsi ancora in vetta alla Penisola, ma l’assenza di un ricambio generazionale obbliga le varie squadre a servirsi di giocatori provenienti dalle serie minori per rinforzare delle rose che faticano a stare dietro alla potenza granata.

Il cammino dei campioni


I due volte campioni in carica erano riconosciuti come la miglior realtà della Serie A, nonostante i trionfi arrivati contro Livorno nel 1943 e Juventus nel 1946 fossero stato risicati e acciuffati solamente all’ultima giornata. Ferrero fu ampiamente confermato in panchina e il suo Sistema aveva ancora bisogno di qualche messa a punto anche se era ormai pronto per essere completamente assimilato entrando nella storia del pallone. Novo aiutò ancora il suo tecnico nel perfezionamento della squadra prima di tutto richiamando dalla Fiorentina Romeo Menti e soprattutto spendendo oltre cinque milioni di lire per accaparrarsi dal Brescia il talentuoso Danilo Martelli.

Le premesse per un’altra annata trionfale ci sono tutte, eppure i piemontesi non ebbero a inizio anno quello spunto per poter innalzarsi immediatamente a dominatori del campionato e già la gara iniziale contro la Triestina fu da monito. Fu decisivo a cinque minuti dalla fine Gabetto che trovò la via del pareggio in una gara che proprio non voleva saperne di essere favorevole ai padroni di casa e il Filadelfia sembrò a un certo punto maledetto. La prima vittoria arrivò alla seconda giornata con un ottimo 1-2 a Roma contro la Lazio, ma la propria fortezza risultò ancora dalle mura troppo fragili tanto che anche la neonata Sampdoria riuscì con Baldini a pareggiare nella ripresa il vantaggio di Valentino Mazzola. Le certezze sembrarono ormai crollare completamente dopo la trasferta del Penzo contro il Venezia dove una rete a inizio ripresa di Zambelli consentì ai lagunari di ottenere due prestigiosi punti e così il Toro si ritrovava con soli quattro punti dopo quattro giornate con già tre punti di ritardo dalla coppia di testa formata da Bologna e Juventus. Nel quinto turno inoltre sarebbe stato proprio il derby della Mole a rappresentare il grande appuntamento della domenica ma ancora una volta il Filadelfia rimase stregato con lo 0-0 che rimase inchiodato per tutti i novanta minuti, permettendo così ai rossoblu di allungare sulle due torinesi.

Quello non poteva essere il vero Torino, non era la squadra due volte campione d’Italia e infatti la scossa arrivò ancora una volta nella Capitale dando così vita a un nuovo campionato. La Roma venne annichilita per 1-3 e per la prima volta iniziarono i fatidici “quarti d’ora” dei granata, infatti dopo il vantaggio nel primo tempo firmato da Ossola, le reti del trionfo definitivo arrivarono solo nel finale con due gol a distanza di cinque minuti di Castigliano e Mazzola. Si notò ancora meglio questa forza dei ragazzi di Ferrero all’Arena Civica contro l’Inter, quando il Torino si impose con il medesimo risultato, ma questa volta gli ultimi minuti furono decisivi per ottenere la vittoria. All’ottantesimo infatti il risultato era fermo sull’1-1, ma quando Capitan Valentino si rimboccò le maniche ecco che tutto cambiava e prima Gabetto e poi un autogol di Cominelli valsero il secondo 1-3 in trasferta.

La classifica non era ancora però raddrizzata e per farlo bisognava fermare quel Bologna lanciatissimo in classifica che in sette partite aveva ottenuto sei vittorie e un pareggio. Per poter vincere il Tricolore bisognava però cambiare l’andamento delle partite casalinghe e quale miglior partita per farlo se non lo scontro diretto con i rossoblu? Fu un vero e proprio trionfo con la squadra di Viola che fu incapace di respingere gli attacchi degli avversari con il pubblico torinese che si poté godere uno sfavillante 4-0. Non servì il finale, perché questa volta il dominio fu netto e insindacabile con Castigliano e Ossola che chiusero i conti già nel primo tempo, prima delle reti di Ferraris e Loik.

La regola del quattro si confermò anche nella comoda gara interna contro il Brescia, seguita da un altro convincente 0-3 a Vicenza e un 3-2 interno con il Livorno più sofferto nel risultato che non nella sostanza, con i granata che calarono nel finale rischiando di vanificare l’iniziale 3-0. La scintillante striscia di sei vittorie consecutive valse l’aggancio in classifica alla coppia Bologna e Juventus, ma come tutte le grandi rimonte prima o poi arriva il passo falso.

Il campanello d’allarme era già suonato contro i toscani e la trasferta di Napoli si rivelò una trappola con Gabetto che a cinque minuti dalla fine riuscì a limitare i danni segnando il secondo gol della sua partita decretando così il definitivo 2-2 che regalò così il primato solitario alla Vecchia Signora. Natale però era pieno di regali per i giocatori granata che davanti al proprio pubblico annichilirono la Fiorentina distruggendola con un pesantissimo 7-2 e il 1946 venne chiuso con un altro importante successo in trasferta con uno 0-3 a Bergamo deciso dalla doppietta di Mazzola.

Nemmeno il freddo poteva fermare la perfetta macchina torinista che iniziò il nuovo anno solare con altri due successi, ancora una volta con un calo di tensione nel finale contro il Genoa e con un sofferto 2-1 interno con il Bari, risultati che permisero di diventare l’unica capolista. Le ultime partite avevano sì portato quattro punti, ma avevano anche palesato un leggero calo fisico che costò caro nelle ultime tre giornate del girone d’andata. Il derby regionale al Mocagatta di Alessandria portò con sé nel finale l’inattesa seconda sconfitta della stagione e sotto accusa venne messo il portiere Dante Piani che per tutta la prima parte di stagione si era alternato con Bacigalupo, ma che venne definitivamente accantonato dopo quella giornata. A San Siro contro il Milan servì una zampata nel finale di Menti per acciuffare il secondo e decisivo vantaggio, ma proprio sul più bello il Filadelfia tradì il Torino e il deludente 1-1 casalingo contro la sorpresa Modena diede il titolo d’inverno alla Juventus che tornò in vetta grazie a una splendida serie di tre vittorie.


Tutto era quindi da rifare con la rimonta che non era stata completata e un momento di forma altamente preoccupante. Il ritorno iniziò ancora in maniera zoppicante con Ossola che a tempo scaduto regalò la vittoria nella difficile trasferta triestina e dopo lo scintillante 5-1 interno contro la Lazio ecco un altro giro a vuoto.

Trentamila persone si assieparono a Marassi per assistere alla sfida tra Sampdoria e Torino e dopo che nel primo tempo Menti portò in vantaggio i suoi, fu nella ripresa che i liguri riuscirono a ribaltare la situazione con Bassetto straordinario protagonista e autore della doppietta decisiva prima del definitivo 3-1 firmato da Fiorini. La Juventus però era crollata e con due sconfitte non seppe approfittare della terza e ultima sconfitta stagionale dei cugini che a quel punto capirono di avere ancora tutto nelle proprie mani dando vita a uno dei gironi di ritorno più leggendari della storia del calcio italiano.

Il vantaggio infatti si portò già a tre lunghezze nel turno successivo con i bianconeri che caddero nuovamente a Firenze, mentre il Torino si vendicò del Venezia battendolo per 2-0 a domicilio e il morale era al massimo prima del derby. Il 15 marzo 1947 al Comunale si riversarono sessantamila spettatori per assistere alla gara dell’anno con Ferrero che dovette fare a meno di Castigliano, sostituto dal tuttofare Martelli, giocatore determinante per la sua straordinaria adattabilità a ogni ruolo. La Serie A ebbe la parola fine quel giorno perché a metà primo tempo fu il solito ex Guglielmo Gabetto, ispirato come sempre quando tornava nel suo vecchio stadio, a trafiggere Sentimenti per l’unico gol dell’incontro decretando così uno 0-1 che portava il distacco tra le due torinesi a cinque punti, davvero troppi considerando la forza granata e la discontinuità bianconera. Questa serie negativa della Signora le costò anche il secondo posto in classifica in favore di un sorprendente Modena che divenne la prima inseguitrice, ma che non poteva reggere l’urto del Toro.

Con il vento ormai in poppa nessuno poteva più fermare quella leggendaria squadra che in due partite al Filadelfia fu in grado di rifilare un totale di nove reti a Roma e Inter, quattro ai giallorossi e cinque ai nerazzurri aumentando il proprio margine sui Canarini emiliani ormai distanti anche loro cinque lunghezze e raggiunti dal Milan. Il grande Bologna di inizio stagione si era completamente sciolto come neve al sole durante l’inverno, ma trovò comunque un barlume d’orgoglio al Comunale per impattare 1-1 con il Torino interrompendo la striscia di vittorie che riprese senza grossi problemi già dalla successiva trasferta di Brescia decisa da Ezio Loik.

Leggendaria fu la partita di Valentino Mazzola contro il Vicenza dove lasciò tutti a bocca aperta segnando una tripletta in soli tre minuti diventando la principale attrazione nel tennistico 6-0 finale. I granata erano un’inarrestabile macchina da guerra e ormai si attendeva solo l’ufficialità del terzo Scudetto consecutivo, ma quello che fece capire la straordinaria qualità dell’undici torinese era l’immensa cornice di pubblico che si creava ogni qual volta la squadra andava in trasferta.

Dopo gli orrori della Guerra tutti volevano godere di quella meraviglia, dai ventimila di Livorno ai quarantamila di Firenze, pur sapendo che avrebbero visto la propria squadra perdere. Eusebio Castigliano si divertì andando in rete in entrambe le trasferte toscane, aggiungendo anche una rete interna nel 2-1 contro il Napoli e a sei giornate dalla fine i sei punti di margine sulla Juventus rappresentavano una grande sicurezza. Il Filadelfia poté godersi altre undici reti in sette giorni con l’Atalanta che provò a dare fastidio alla difesa di casa regalando così un pirotecnico 5-3, ma ancora una volta il Toro poteva fare affidamento sulla tripletta lampo di Mazzola, questa volta suddivisa in otto minuti e il Capitano si ripetè anche nel 6-0 contro il Genoa portando così a sette le lunghezze sui cugini a quattro turni dal termine.

Ogni partita diventava utile per poter portare a casa il terzo successo consecutivo e già alla prima occasione non si perse tempo. Il 15 giugno 1947 i granata andarono in trasferta a Bari, con i pugliesi splendida rivelazione del campionato e intenti a chiudere quanto più possibile in alto in classifica. Dalla radio intanto arrivavano notizie confortanti dal Comunale perché la Juventus stava perdendo contro il Vicenza, risultato che avrebbe garantito il Tricolore anche in caso di sconfitta dei ragazzi di Ferrero. Lo 0-0 fu un risultato ampiamente accettato da entrambe le squadre, con i Galletti che poterono mantenere il quinto posto e soprattutto vantarsi di aver pareggiare con quella meravigliosa compagine e l’1-2 dei veneti contro la Vecchia Signora regalò la matematica vittoria del titolo a Mazzola e compagni. Nonostante lo Scudetto già in tasca il Torino volle salutare l’anno nel migliore dei modi, con altre tre vittorie e quattordici gol fatti realizzando così l’incredibile numero di centoquattro reti e dando ben dieci punti di stacco alla Juventus.

La formazione


La rosa che il Presidente Ferruccio Novo aveva messo a disposizione di Luigi Ferrero era di primissimo livello e rispetto alla stagione precedente si era rafforzata ancora di più grazie a un grande ritorno e all’acquisto di un jolly che tutti gli allenatori vorrebbero avere. In porta ci fu molta alternanza per tutto il girone d’andata tra Valerio Bacigalupo e Dante Piani, ma alla fine fu il ligure a prelevare dimostrandosi un portiere agile e affidabile. Il Sistema prevedeva la difesa a tre e un terzetto completo e ben oliato con al centro il deciso Mario Rigamonti, a destra il roccioso Aldo Ballarin, unico sempre presente assieme a Mazzola, e a sinistra il talentuoso e tecnico Virglio Maroso, con Francesco Rosetta come alternativa di primo livello

. La mediana era formata dal marcatore Giuseppe Grezar e dal ben più offensivo incursore Eusebio Castigliano, mentre poco più avanti giostravano lo splendido ragionatore Ezio Loik e quel Valentino Mazzola capace veramente di fare qualsiasi cosa, con un Danilo Martelli pronto a giocare in ogni posizione. L’attacco era rimasto invariato rispetto alla stagione precedente perché Ferrero diede ancora più spazio a Franco Ossola nonostante il ritorno di Romeo Menti e alla sinistra fu ancora confermatissimo il veterano Pietro Ferraris con al centro un grande cannoniere come Guglielmo Gabetto.

Il capocannoniere


Il Torino 1946-47 era un’autentica e inarrestabile macchina da gol dove veramente tutti erano in grado di trovare la via della rete, eppure chi ci riuscì più di tutti non fu un vero e proprio attaccante, ma bensì un fenomeno vero e proprio: Valentino Mazzola. Il Capitano trovò la prima rete del suo favoloso campionato alla seconda giornata quando realizzò il gol decisivo nella trasferta contro la Lazio prima di evitare la sconfitta interna con la Sampdoria. Due giornate di pausa prima del terzo gol ancora nella Capitale contro la Roma e in seguito la doppietta che stese il Brescia al Filadelfia.

Mazzola era inarrestabile e a raccogliere il pallone dalla rete furono anche i portieri di Vicenza e Livorno e chiuse il 1946 con altri tre centi, uno nel devastante 7-2 alla Fiorentina e due nello 0-3 contro l’Atalanta. Concluse in calando il girone d’andata segnando solo su rigore con il Bari nelle ultime cinque partite prima di prendere per mano la squadra nel favoloso ritorno. Diede il via all’anno delle triplette contro la Lazio nel 5-1 al Fila, prima del gol casalingo contro la Roma e la prestigiosa doppietta interna ai danni dell’Inter.

Il capolavoro arrivò però il 20 aprile quando il Vicenza subì tre sue reti in soli tre minuti, un record difficilmente battibile e dopo un gol a Firenze fece poco peggio contro l’Atalanta schiantandola con tre perle in otto minuti. La quarta e ultima tripletta stagionale arrivò contro il Genoa, prima di concludere l’anno con le ultime ininfluenti reti a Milan a Modena che gli garantirono il titolo di capocannoniere con ben ventinove marcature totali.

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