Cerca
Close this search box.

Torino 1945-46: il dopoguerra parte nel segno dei granata

Condividi articolo:

La Seconda Guerra Mondale aveva tenuto bloccato il campionato per ben due stagioni consecutive, dove si era sì provato a giocare ma solamente in maniera non ufficiale. I Vigili del Fuoco di La Spezia erano riusciti anche a realizzare un’impresa straordinaria che però non fu mai riconosciuta dalla Federcalcio e il vero campionato ripartì solo nel 1945. La lunga inattività aveva però bloccato anche la Federazione e soprattutto la possibilità di muoversi agevolmente per tutto lo Stivale, così si decise di tornare al passato. La Serie A venne accantonata per tornare alla Divisione Nazionale, un torneo fatto da due gironi con quattordici squadre a disputare il primo campionato del Nord e poi un altro nel Centro Sud e alla fine le migliori quattro dei due raggruppamenti si sarebbero affrontate in un torneo finale. Il Torino con il Tricolore sul petto non voleva deludere e fu la squadra che ridiede speranza dopo i tragici fatti bellici.

Il cammino dei campioni

Si dice che vincere aiuti a vincere, ma quando il primo trionfo porta a un lungo rallentamento nell’operazione di crescita, allora come potrà rientrare il Torino alla ripartenza del campionato? Il Presidente Ferruccio Novo decise di continuare a investire per creare una squadra leggendaria e se già in tempo di Guerra acquistò un campione come Mario Rigamonti, nell’estate del 1945 arrivarono altri tre grandi campioni. La Liguria fu terra di conquista con il Savona che cedette il portiere Bagicalupo, mentre dallo Spezia arrivò il centrocampista Castigliano.

Il vero colpo però fu in difesa e la spesa economica davvero importante, dato che portare in granata Aldo Ballarin servì addirittura un milione e seicentomila lire, una cifra davvero importante contando che la Guerra era terminata da pochi mesi e l’economia italiana era allo sfascio. La panchina venne affidata a Luigi Ferrero, tecnico che fa del Sistema la sua ragione di vita e che non ha paura di incappare anche in pesanti sconfitte. Sapeva che la squadra era molto forte e sapeva che quello era il momento giusto per affondare il colpo del cambiamento, anche se qualcuno parlò addirittura di undici con un attacco a sette.

La Divisione Nazionale 1945-46 aveva solo il compito di far rodare le migliori squadre del Nord Italia e di portare a qualificazione le migliori quattro per poi giocarsi tutto nella Fase Finale. Torino e Milano tornarono a farla da padrone, ma la stagione dei granata non iniziò nel migliore dei modi, dato che la sconfitta in un derby è sempre difficile da digerire. Loik fu il primo a segnare per il Toro, ma Magni e un rigore dell’eterno Piola diedero il successo per 2-1 alla Juventus, anche se fu solo una piccola battuta d’arresto. Le liguri Genoa e Sampierdarenese vennero asfaltate con un 6-0 e uno 0-5 in trasferta e anche il Venezia venne travolto dal Filadelfia per 3-1. A interrompere le tre vittorie consecutive dei piemontesi ci pensò la grande rivelazione di quella stagione, quel Brescia che sfiorò addirittura l’impresa in trasferta quando si portò in vantaggio per 0-2 con la doppietta di Rebuzzi. Loik e Ferraris riuscirono a riportare la situazione in parità, prima di riprendere uno straordinario filotto di successi che di fatto garantì la qualificazione al girone successivo.

Valentino Mazzola fu grande protagonista dei larghi successi su Modena e Milan, mentre furono Gabetto e Loik a rimontare un arcigno Vicenza in Veneto. Non era solo spettacolare e offensiva quella squadra, perché Ferrero riuscì a blindare anche la difesa e quello subito dai biancorossi fu l’unico gol incassato in quella grande serie di sei vittorie consecutive. Al Filadelfia caddero per 2-0 l’Atalanta e per 4-0 la Triestina, mentre i granata si regalarono per Natale un bel 0-2 in casa di un Bologna incapace di ritornare ai fasti del passato. Dopo undici giornate il Torino era secondo a un punto dall’Inter, ma soprattutto aveva un vantaggio di ben sette lunghezze sull’Andrea Doria quinto, una garanzia dunque sul passaggio alla fase finale. L’attesissimo scontro diretto all’ArenaCivica con i nerazzurri finì con un nulla di fatto e un 1-1 che lasciò invariati i valori, mentre a suggellare un grande girone d’andata ci fu proprio un sofferto successore per 2-3 in casa dei liguri primi inseguitori, con Gabetto autore della decisiva doppietta che valse i due punti. Dopo aver affrontato almeno una volta tutte le rivali il vantaggio sul quinto posto era di nove punti e il ritorno fu semplicemente di amministrazione.

La matematica arrivò anche con largo anticipo, nonostante i granata si regalarono qualche giornata di stacco, come per esempio il 10 febbraio quando si fecero rimontare dal Venezia perdendo per 2-1 o venendo recuperati nel finale dal Modena che impattò 1-1 al Filadelfia. Il punto esclamativo sul passaggio alla fase finale arrivò il 3 marzo 1946 in una favolosa partita contro il Milan a San Siro, dove i rossoneri si portarono in vantaggio di ben due reti grazie a Gimona e a un autogol di Ballarin. La festa sembrava dunque dover essere rimandata, invece in un quarto d’ora la situazione cambiò radicalmente. Ossola e Gabetto batterono Rossetti per il pareggio e a dieci minuti dalla fine un tiro di Castigliano deviato da Toppan valse il 2-3 e il successo finale. I due punti valsero l’allungo sul quinto posto formato dal gruppone composto da Milan, Brescia, Modena, Triestina e Bologna e a sei giornate dalla fine i tredici punti di vantaggio erano sufficienti per potersi già concentrare sua fase finale.

L’avvicinamento al momento più importante della stagione continuò senza grossi scossoni, se non per una sconfitta in quel di Bergamo contro l’Atalanta, ma soprattutto arrivarono due successi di grande prestigio. A regalare la rivincita nel derby del Filadelfia fu una rete lampo di Castigliano, mentre lo scontro per il primo posto con l’Inter venne deciso da Gabetto a fine primo tempo. I nerazzurri avevano un punto di vantaggio prima della sfida in terra di Piemonte e quel successo valse così ai granata il sorpasso in classifica e l’allungo finale grazie al 5-0 all’Andrea Doria. Primo posto in classifica, miglior attacco e miglior difesa per una squadra che approdava alla fase finale assieme a Inter, Juventus e Milan, mentre dal Centro Sud arrivarono Napoli, Bari, Roma e Livorno.

La differenza tra le squadre settentrionali e quelle del resto della Penisola era netta ed evidente per tutti, infatti azzerando i punti conquistati nella fase di qualificazione fu un vero e proprio massacro per le compagini centromeridionali. Un assaggio dell’enorme differenza la dimostrò proprio il Torino quando iniziò la fase finale giocando allo stadio Nazionale di Roma e ritrovandosi sul 6-0 dopo solamente diciotto minuti dal fischio d’inizio. Le prime quattro marcature arrivarono addirittura in sequenza dal quinto all’ottavo minuto con altrettanti marcatori diversi, ovvero Castigliano, Mazzola, Ossola e Ferraris.

L’inizio del secondo campionato per i granata fu molto agevole, dato che nelle prime quattro giornate le avversarie furono tre provenienti dal girone Centro Sud più il Milan, qualificato per il rotto della cuffia dopo uno spareggio col Brescia. Così dopo il trionfo capitolino, la difesa continuò a rimanere blindata per altri tre turni e le vittorie non lasciarono dubbi. Un bel 3-0 al Milan, seguito da uno 0-2 firmato da Gabetto in quel di Napoli e infine un altro netto 3-0 al Bari. Il Toro era dunque a punteggio pieno, ma non era l’unica perché anche l’Inter aveva ripreso a macinare gioco e punti rimanendo aggrappata proprio ai granata in vista dell’attesissimo scontro diretto al Filadelfia. Due grandi tecnici preparati come Ferrero e Carcano si sfidarono sui dettagli e alla mezz’ora del primo tempo fu una splendida stoccata da fuori area del solito Gabetto a battere Franzosi per l’unico gol dell’incontro che valse il primo posto solitario in classifica. I nerazzurri entrarono così in crisi e nella giornata dei derby tra Milano e Torino furono le inseguitrici a festeggiare.

La Juventus infatti ottenne i due punti grazie al rigore di Silvio Piola, ma la Beneamata mancò l’immediato aggancio in classifica a causa di una pirotecnica sconfitta per 3-2 contro i cugini rossoneri. Il girone d’andata si concluse comunque con i granata al primo posto grazie a un netto e convincente 0-3 in casa di quel Livorno che ormai non faceva più paura come in occasione dello Scudetto del 1943 e quel giorno all’Ardenza segnò il suo unico gol con il Toro il centrocampista AlfonsoSantagiuliana. L’Inter dal canto suo aveva completamente finito la benzina e nelle ultime sette giornate dell’anno sarebbe stato il capoluogo piemontese la città nella quale si sarebbero decise le sorti del rientrante campionato di calcio. La Roma era ancora scottata dal pesante 0-7 dell’andata e il 16 giugno fu Amadei a realizzare una doppietta mettendo in crisi i campioni d’Italia in carica, ma a risultare decisivo fu Castigliano che battè due volte Risorti per una preziosa vittoria per 3-2. Il periodo non era però dei più brillanti e a sorpresa ecco arrivare la seconda sconfitta della fase finale con il Milan che risultò essere fatale a San Siro riuscendo a vincere per 2-0, permettendo l’aggancio in classifica della Juventus che vinse contro l’Inter.

Ci voleva una pronta riscossa per poter dimostrare a tutti che la squadra era ancora pronta a confermarsi al vertice e che la Guerra non aveva cambiato le gerarchie del calcio italiano e fu ancora Castigliano l’uomo del momento nel trionfale 7-1 contro il Napoli dove segnò una tripletta e ancora di più nell’insidiosa trasferta di Bari dove segnò il secondo punto che valse un sofferto successo per 1-2. La Juventus però rispose colpo su colpo e la fine del campionato sembrò arrivare nel modo più doloroso di tutti, nella disastrosa trasferta dell’Arena Civica contro l’Inter, probabilmente il peggior momento di sempre nella storia del Grande Torino. I nerazzurri furono una macchina perfetta e non si persero d’animo dopo il vantaggio di Castigliano, perché una tripletta di Candiani, una doppietta di Fabbri e il sigillo di Muci decretarono un incredibile e umiliante 6-2 finale per la Beneamata.

La Vecchia Signora intanto aveva strapazzato a domicilio il Milan e a due giornate dalla fine si era portata al primo posto con due punti di vantaggio, proprio alla vigilia dell’attesissimo derby. Il Filadelfia si trasformò in un catino infernale e fu un autentico scontro di schemi con Ferrero che sposava a pieno titolo il Sistema e lo stesso fece Cesarini che aveva abbandonato quel Metodo che lo aveva reso grande da calciatore. Lo stadio era gremito in ogni ordine di posto e se il Toro avesse voluto giocarsi tutto allo spareggio avrebbe dovuto per forza vincere e a risultare decisivo fu il grande ex. Guglielmo Gabetto trovò l’angolo giusto per battere Lucidio Sentimenti e fu proprio lui, l’eterna promessa bianconera a risultare fatale per i suoi ex colori, con la Juve che rimase in dieci per quasi tutta la partita a causa dell’infortunio di Vittorio Sentimenti.

Parità assoluta a una giornata dal termine e con una doppia sfida contro squadre del Centro Sud sembrava ormai certo lo spareggio. Il 28 luglio 1946 Torino-Livorno e Napoli-Juventus erano le sfide più importanti della domenica, ma se da una parte tutto andò secondo le previsioni dall’altra accadde l’impensabile. I granata partirono alla grande con Gabetto e dopo l’immediato pareggio di Leo Picchi si scatenò la furia del Toro. Il cannoniere ex Juventus segnò altri due reti arrivando alla tripletta già a fine primo tempo e nella ripresa fu un trionfo del gol con Castigliano, Valentino Mazzola, Loik, Grezar e Ballarin che decretarono un trionfale 9-1 per i ragazzi di Ferrero, ma a Napoli?

Per il primo tempo la partita non voleva proprio sbloccarsi e a inizio secondo tempo ecco che accadde l’impensabile. Umberto Busani batté Sentimenti per il vantaggio degli Azzurri che mandò la Juventus nella confusione e nell’ansia più totale. L’eterno Silvio Piola segnò il pareggio nella speranza di poter darsi ancora un’occasione per poter vincere un campionato, ma Silvano Pipan alzò la saracinesca e nell’incredulità generale l’1-1 non cambiò più. Essendo passata da poco tempo la Guerra, non erano molti i soldi nelle tasche degli italiani e al Filadelfia per la gara con i toscani si ritrovarono a festeggiare solamente settemila persone, in quanto tantissimi tifosi avevano preferito risparmiare in vista dell’inevitabile spareggio che mai si giocò. Il Torino vinse così nella maniera più clamorosa il suo terzo campionato, il secondo consecutivo dimostrando un’incredibile determinazione che lo portò a rimanere ancora in vetta allo Stivale.

La formazione


Durante il periodo della Seconda Guerra Mondiale molti giocatori del Torino si tennero allenati giocando con le squadre della loro città, ma con la fine del dramma bellico tornarono in granata. Ferruccio Novo fece anche le cose in grande rafforzando ancora di più la formazione e cambiando la guida tecnica che passò da Janni a Luigi Ferrero e a questo punto il Sistema divenne un mantra. Il dualismo tra Cavalli e Bodoira in porta venne risolto con l’acquisto dal Savona di Valerio Bagicalupo, numero uno estremamente solido e spettacolare.

Il grande acquisto arrivò però dalla difesa con l’acquisto del terzino destro Aldo Ballarin, che si stabilizzò in difesa dopo aver avuto anche un trascorso anche da centravanti nella Triestina, e che formò una coppia memorabile con Virgilio Maroso, altro difensore con spiccate doti offensive. Nel Sistema non vi era più un uomo davanti alla difesa, ma pensì era molto più simile all’attuale centrale e nella zona arretrata prese il posto da titolare Mario Rigamonti. Sulle fasce nella mediana giostrarono a destra Giuseppe Grezar, dotato di immensa classe, mentre a sinistra si scelse il tuttofare ed energico Eusebio Castigliano.

Nei ruoli di interni vi erano ancora una volta quei dei geniacci di Ezio Loik e soprattutto Valentino Mazzola che ormai era diventato simbolo e trascinatore dei granata. In attacco se n’è dovuto momentaneamente andare Romeo Menti, permettendo così a Franco Ossola di diventare titolare completando lo splendido trio completato da Pietro Ferraris e Guglielmo Gabetto.

Il capocannoniere


La divisione in due tronconi diversi del campionato portò a un ritorno al passato non certo voluto, ma necessario per provare a tornare alla normalità dopo due anni di inattività. Cosa non era cambiato però era l’uomo dell’ultima conclusione nel Torino, perché nonostante i granata fossero una splendida azienda del gol fu ancora Guglielmo Gabetto il miglior marcatore del campionato. Non fu immediato l’impatto del centravanti ex Juventus che per trovare la prima rete dovette aspettare l’ottava giornata e la trasferta di Vicenza, dove segnò il gol del pareggio che portò in seguito alla vittoria per 1-2.

A quel punto iniziò una splendida serie di quattro partite consecutive in gol, mettendo la propria firma anche contro Atalanta, Bologna e Triestina. Il suo girone d’andata si concluse con sei reti totali, perché nell’ultima giornata divenne decisiva la sua doppietta per battere in trasferta l’Andrea Doria. Soffrì ancora nelle prime gare del ritorno per poi tornare alla rete nella vittoriosa trasferta di Brescia dopo tre partite di stop. Ancora in gol in casa contro il Modena ed è l’uomo decisivo per la rimonta contro il Milan a San Siro che valse la qualificazione alla fase finale. Nelle ultime sei partite della prima parte della stagione segnò ancora sei reti, con due doppiette a Vicenza e Andrea Doria e soprattutto i gol singoli con Triestina e Inter che valsero un pareggio e una vittoria. Nella fase finale non fu così cannoniere, ma seppe perfettamente quando timbrare il cartellino.

Furono sue le due marcature che stesero il Napoli in Campania e soprattutto riuscì a segnare l’unico e decisivo punto nel delicatissimo scontro diretto contro l’Inter. Rimase però a secco per altre sei partite prima di tornare al massimo della forma nelle ultime due giornate decisive per lo Scudetto. Il suo gol contro la Juventus valse l’aggancio in classifica e nella festa per il titolo contro il Livorno mise a segno l’iniziale tripletta che incanalò la strada verso il roboante successo per 9-1 riuscendo così a concludere l’anno con ben ventidue reti.

Seguici

Altre storie di Goals

Euro 1976: semifinale Cecoslovacchia-Olanda

Né Olanda né Germania Ovest: le due favorite dell’Europeo 1976 devono arrendersi alla sorpresa Cecoslovacchia. La nazionale dell’Est mette in fila prima gli olandesi in

Questo sito utilizza cookies per migliorare la tua navigazione, se procedi nella navigazione ne accetti l'utilizzo.