Tre successi consecutivi all’interno del calcio italiano rappresentavano uno straordinario record, ma la Juventus non voleva sentirne proprio parlare di primati condivisi e per questo motivo l’obbiettivo per la stagione 1933-34 era quello di confermarsi per il quarto anno consecutivo. Inoltre quella era anche la stagione che porterà al Mondiale in Italia e i bianconeri volevano dimostrare di meritare un importante blocco all’interno della Nazionale. L’Ambrosiana Inter aveva già però fatto le cose in grande nella stagione precendente e voleva fare il definitivo salto di qualità per tornare a primeggiare in Italia che rinforza sensibilmente difesa e mediana con Agosteo, Pitto e soprattutto l’uruguaiano del Nacional Faccio. La Vecchia Signora si sentiva già molto forte così e rimase a guardare gli altri accorciare il gap con i bianconeri e la Serie A di quell’anno fu palpitante come non mai.
Il cammino dei campioni
Per il quarto anno consecutivo venne confermato in panchina il leggendario Carlo Carcano, tecnico che stava diventando sempre di più un mito all’interno del calcio italiano. La famiglia Agnelli però non ha intenzione di investire più di tanto nel rafforzamento di una squadra che veniva considerata già la più forte, ma questa scelta inizia a creare attrito tra il tecnico e la dirigenza. L’Inter fa le cose in grande, mentre a Torino ci si limita ad allungare la rosa con l’acquisto di Valinasso dalla Biellese riserva di Combi, in mediana Depetrini della Pro Vercelli e proprio dall’Ambrosiana venne preso l’interno fiumano Mihalich. Erano tutti acquisti per il futuro, mentre il presente non vedeva cambiamenti rispetto alla stagione vincente appena terminata. La Serie A iniziò nel migliore dei modi per la Juventus che veniva sempre guidata in attacco da quel ragazzino terribile di nome Felice Borel che già alla prima giornata contro il Livorno mise a segno una doppietta che portò alla vittoria con un rotondo 4-1.
I problemi vennero inizialmente nascosti dai risultati che tutto sommato arrivavano, escluso il passo falso di Alessandria, e a far scattare la fiducia nell’ambiente juventino fu la grande vittoria in rimonta per 2-3 nel sempre pericolosissimo Campo Testaccio della Roma. Anche il derby si rivelò essere poco più che una formalità con tutto l’attacco che si divertì contro i poveri cugini del Torino travolti per 4-0 dalle perle di Cesarini, Ferrari, Borel e Sernagiotto. Già da questa lista manca un nome di grandissimo spessore che stava vivendo un inizio di stagione davvero tormentato. Mumo Orsi ha subito in estate un infortunio dal quale non riusciva proprio a guarire pienamente, ma l’assenza di un reale sostituto obbligò Carcano a schierarlo spesso non al meglio e a chiedergli di stringere i denti.
Dopo sei giornate Ambrosiana e Juventus erano appaiate in testa alla classifica con dieci punti eppure a volare erano solo i meneghini, mentre i bianconeri incapparono in un periodo disastroso tanto lungo quanto purtroppo atteso. I lavori per il nuovo stadio Comunale, allora dedicato a Benito Mussolini, stavano per essere ultimati e le ultime partite al Campo Juventus furono agro dolci, perché se l’addio ufficiale al vecchio stadio portò con sé anche uno straripante 5-0 sulla Fiorentina, fu la precedente gara che iniziò a rallentare la Signora con un deludente 1-1 interno con la Triestina.
Il peggio però arrivò dalle gare in trasferta e in particolare in quell’Ascarelli di Napoli che a ogni annata non mancava di togliere preziosi punti nel corso del cammino bianconero. Carcano scelse una squadra molto difensivista, arretrando il baricentro e sostituendo Sernagiotto con Mihalich, ma a termine dei novanta minuti il 2-0 dei partenopei voleva semplicemente dire che l’Ambrosiana era la nuova capolista. I tre volte campioni d’Italia si presentarono all’Arena Civica con due punti di ritardo sui nerazzurri e dopo un primo tempo chiuso e bloccato, nella ripresa si poté assistere a una gara meravigliosa. Alle reti meneghine di Meazza e Frione arrivarono sempre le immediate risposte di Borel e Mario Varglien, ma nel finale fu la stoccata del grande Levratto a chiudere definitivamente i conti per la Beneamata che vinse lo scontro diretto e legittimò quello per molti sarebbe stato il normale passaggio di consegne. La Juventus era in crisi e probabilmente nemmeno con il Bologna 1931-32 si era sentita così tanto inferiore rispetto ai diretti rivali, ma per fortuna la doppia partita nel nuovo Mussolini diede forza e coraggio.
Genova e Brescia vennero spazzate via con due perentori 8-1 e 5-1, ma era solo un fuoco di paglia perché ancora una volta le trasferte fuorono fatali. Il capoluogo lombardo diede la seconda grande mazzata grazie al Milan che strapazzò gli uomini di Carcano con un pesante 3-1 e fu da mani nei capelli la rimonta subita a Bologna, dopo che la Juventus si era portata avanti per 0-2 con Bertolini e Ferrari. Il pareggio fu visto come il segno di una stagione che proprio non ne voleva sapere di girare per il verso giusto, tanto che la settimana seguente anche il nuovo stadio perse subito il suo effetto magico con la Lazio che riuscì a strappare un altro 2-2. L’unica fortuna fu che nemmeno l’Ambrosiana brillò troppo nello stesso periodo, ma il percorso dei ragazzi di Weisz bastò per guadagnare un altro punto portandosi così a ben cinque punti di margine laureandosi campioni d’inverno con ben due turni d’anticipo.
La riscossa avvenne con l’anno nuovo dove la Vecchia Signora tornò finalmente a trovare gioco e risultati, in particolar modo ottenendo i due punti nella difficilissima trasferta di Padova con Sernagiotto e Borel che rimontarono lo svantaggio realizzato da Busini. La Pro Vercelli venne spazzata via per 3-0 alla conclusione del girone di ritorno, ma i quattro punti totalizzati dall’Ambrosiana resero invariato il distacco rendendo complicatissima una possibile rimonta in vista del ritorno.
Il distacco raggiunse i suoi massimi livelli alla diciottesima giornata quando un successo dei nerazzurri a Casale fece da contraltare a una Juventus tornata a giocare a bassi ritmi e fermata sorprendentemente sullo 0-0 da un Livorno alla ricerca di punti salvezza. In pochi ormai pensavano che il campionato potesse prendere una direzione diversa e forse anche Carcano era tra quelli, perché a quel punto la squadra avrebbe dovuto giocare in totale serenità senza obbiettivi di classifica. Non si saprà mai se veramente venne data la direttiva di giocare senza guardare la classifica, ma sicuramente dalla seconda giornata del girone di ritorno i bianconeri divennero una macchina perfetta, mentre quella nerazzurra iniziò spesso e volentieri a incepparsi.
Tre vittorie nel segno dei tre gol contro Alessandria, Casale e Roma portarono anche a recuperare due punti in classifica, mentre fu da cuori forti il derby contro il Torino con Giovanni Varglien che trovò nel finale la stoccata vincente per l’1-2 definitivo che valse oro. L’Inter intanto perse incredibilmente in casa contro il Livorno e il campionato divenne più riaperto e bello che mai con la Juventus che si portò a un solo punto di distacco.
A Firenze non bastarono però le reti di Giovanni Varglien e Borel per piegare i Viola che pareggiarono con Gringa per il 2-2 definitivo, mentre l’Ambrosiana travolse la Lazio per 8-1 riportandosi a un vantaggio di due lunghezze proprio in vista dello scontro diretto di Torino. Tra la partita dell’anno venne però anticipata la trentunesima giornata, quella che vedeva la Juventus giocare e dominare per 4-1 contro il Bologna, mentre la Beneamata pareggiava a Genova riportando al minimo la differenza reti prima finalmente della grande gara. Una folla oceanica si presentò per riempire i gradoni del Benito Mussolini, ma la posta in gioco era talmente alta che le due squadre finirono per annullarsi.
Lo 0-0 finale fu chiaramente ben salutato dalla compagine meneghina, mentre non mancarono le critiche nei confronti di Carcano che venne accusato di schierare una formazione troppo difensivista che aggiunse ulteriore malumore alla situazione del tecnico. Un punto di ritardo e cinque partite ancora da disputare, non vi era alternativa che vincere sempre sperando in un crollo dell’Ambrosiana e questo fu proprio quello che accadde. Borel e Giovanni Varglien piegarono il Genova, ma il sorpasso definitivo arrivò nel turno successivo in quel di Brescia. L’assenza di Renato Cesarini ormai non era più un problema perché il più piccolo dei fratelli Varglien era diventato una macchina da gol e dopo soli tre minuti sbloccò il risultato nella città della Lombardia orientale, ma Bruno Bianchi trovò immediatamente il pareggio.
A siglare però la rete della vittoria fu il redivivo Mumo Orsi, rimesso a lucido proprio in vista del Mondiale e con la contemporanea sconfitta dell’Inter a Firenze era sorpasso. Solo tre partite erano rimaste e la Juventus non sbagliò più, tra un dominante 4-0 al Milan e un secco 0-2 in casa della Pro Vercelli prima di arrivare all’ultima partita della Serie A allo Stadio del PNF di Roma contro la Lazio. Il 29 aprile 1934 alla Vecchia Signora bastava un solo punto per laurearsi campione d’Italia per il quarto anno consecutivo, ma dopo il primo tempo chiuso sullo 0-0 ecco arrivare i sigilli della vittoria.
Fu ancora l’italoargentino Orsi a sbloccare il risultato all’inizio della ripresa e nel finale Felice Borel chiuse definitivamente i conti, mentre l’Ambrosiana crollava ancora di più a Torino contro i granata finendo così addirittura a quattro punti di ritardo. Carlo Carcano aveva calato il poker zittendo qualche critica di troppo e dimostrando come un gruppo unito e compatto fosse in grado di andare oltre anche a mercati faraonici.
La formazione
Carlo Carcano è sempre il solito straordinario condottiero della Juventus che si presenta al campionato 1933-34 come la squadra tre volte campione d’Italia, ma i tifosi in estate vogliono sognare con acquisti di grido e da quel punto di vista la dirigenza bianconera non ci sente. I nuovi arrivati è gente che serve per rimpolpare la panchina, mentre l’undici titolare rimane invariato rispetto alla stagione precedente, anzi si rafforzano le posizioni grazie agli addii di Munerati e Vecchina.
In porta Giampiero Combi è la solita straordinaria saracinesca che vive una stagione da sogno e si guadagna il posto da titolare nel Mondiale del 1934 a causa dell’infortunio dell’interista Ceresoli. I due terzini sono sempre due intoccabili, Virgino Rosetta e Umberto Caligaris, ma nonostante questo terzetto favoloso sarà l’Ambrosiana ad avere la miglior difesa a fine stagione. Mario Varglien e Luigi Bertolini controllano gli esterni in fase difensiva, mentre al centro giostra un sensazionale Luis Monti, mai così determinante in carriera riuscendo a disputare la più grande annata della carriera.
Gli interni d’attacco pronti a inserirsi e a servire le punte hanno sempre in Giovanni Ferrari l’uomo di massimo splendore, mentre a destra si alternano Renato Cesarini e Giovanni Varglien, ormai diventato ben più del semplice fratello di Mario. Il terzetto d’attacco non è cambiato rispetto alla stagione precedente nonostante qualche acciacco fisico patito dal grande Mumo Orsi che però non fa mancare il suo grande apporto in zona gol, rafforzando la propria simbiosi con Sernagiotto e soprattutto Felice Borel, ancora una volta il miglior cannoniere del campionato.
Il capocannoniere
La Juventus 1933-34, nonostante qualche critica spesso ingiusta venendo additata come squadra difensivista nelle partite importanti, fu una splendida macchina da gol e a fine anno furono ben ottantotto le marcature messe a segno. Mumo Orsi non era al massimo della forma nel girone d’andata e Sernagiotto si divertiva decisamente di più a far segnare. A trovare tanto la via dell rete fu come sempre Giovanni Ferrari che chiuse a quota sedici, ma il re del gol era sempre e solo uno, quel ragazzino con la faccia da bravo ragazzo: Felice Borel.
Già all’esordio il diciannovenne riprese il discorso da dove lo aveva interrotto nella stagione precedente e a Torino contro il Livorno mise a segno la sua prima doppietta stagionale. Entrò con una rete nella festa del gol per 6-1 al Casale, ma fu straordinario protagonista nella difficilissima trasferta di Testaccio contro la Roma. Farfallino mise a segno una tripletta che rese vane le marcature di Guaita e Scopelli e il 2-3 finale valse due punti d’oro. La sua straordinaria vene realizzativa non voleva in alcun modo arrestarsi e così segnò la terza rete nel poker inflitto al Toro nel derby, segnò l’unica rete nella vittoria trasferta siciliana contro il Palermo ed evitò la sconfitta contro la Triestina.
La sconfitta di Napoli fu solamente un piccolo stop prima di riprendere incessantemente a segnare, dalla doppietta contro la Fiorentina nell’inaugurazione del nuovo Mussolini fino all’inutile centro nello scontro diretto contro l’Ambrosiana. A Torino i gol continuavano a non mancare e dopo la doppietta contro il Genova, trovò anche la prima tripletta stagionale nel 5-1 al Brescia. Il calo della Juventus coincise con una sua mancata vena realizzativa che si interruppe per tre partite, ma chiuse il girone d’andata con altri gol a Padova e Pro Vercelli, quest’ultima subì una doppietta. Nel girone di ritorno continuò a segnare con grande regolarità senza però andare mai oltre il gol a partita.
Quattro reti consecutive ad Alessandria, Casale, Roma e Torino, prima di fermarsi contro il Palermo e segnare le reti decisive nelle vittorie contro Triestina, Napoli e Bologna, oltre che al punto nel pari contro la Fiorentina. Rimase a secco nello scontro diretto contro l’Ambrosiana, ma non dimenticò di bucare i portieri di Genova, Padova e Milan, prima di mettere a segno il sigillo finale sullo Scudetto nello 0-2 di Roma contro la Lazio.