La Serie A è appena iniziata, è giovane, bella e con tanta voglia di regalare altri emozioni dopo una prima annata ricca di gol e colpi di scena. Ai nastri di partenza l’Ambrosiana Inter campione d’Italia non sembra essere in grado di bissare il successo dell’anno precedente e la grande favorita viene da Torino con i colori bianconeri, il suo nome: Juventus. La Vecchia Signora vuole ergersi a simbolo e figura unica del calcio italiano e nell’estate del 1930 mette le basi per la costruzione di una delle squadre più dominanti di sempre nella storia del calcio della Penisola.
Il cammino dei campioni
La perdita dello Scudetto della stagione precendente è stata fatale per lo scozzese Aitken ed Edoardo Agnelli ha così deciso di dare la rosa in mano a Carlo Carcano, uno dei più eccelsi strateghi nell’utilizzo del Metodo e allenatore che dava grande importanza alla tattica, ma che aveva nella psicologia la sua arma migliore. È lui che deve adattarsi alla squadra e non il contrario ed è proprio grazie a questo che la Vecchia Signora non subisce l’adattamento del cambio in panchina realizzando un inizio di campionato a dir poco sensazionale.
Nelle prime otto giornate arrivano solo ed esclusivamente vittorie, un record ancora oggi imbattuto nella storia del campionato a diciotto squadre, ma non si dica che i successi siano stati semplici e abbordabili. Alcune vittorie sono state larghe e prestigiose, memorabili i due 0-3 rifilati in trasferta prima al Milan con Munerati splendido protagonista autore di una doppietta e poi al Genova, con Giovanni Ferrari che nei minuti finali arrotonda il risultato con una doppietta, mentre in altre occasioni si è dovuto faticare enormemente.
A sorpresa la grande rivale della stagione 1930-31 fu la Roma di Herbert Burgess al Campo Juventus a Torino si vide una partita palpitante. I giallorossi passarono in vantaggio dopo soli quattro minuti grazie a Fasanelli, ma i bianconeri non potevano alzare bandiera bianca di fronte al proprio pubblico e trovarono immediatamente il pareggio con Munerati mentre fu di Cesarini il colpo del raddoppio. A completare la festa della Vecchia Signora fu lo straordinario Mumo Orsi che mise il suo zampino anche in questa sfida permettendo di allungare in maniera decisiva, dato che poco dopo Chini Ludueña trovò il 3-2 che portò a un finale di grande sofferenza.
Combi però si esaltò come spesso accadeva in queste circostanze e alzò le barricate non facendo passare nulla e anche alla quinta giornata era arrivata la vittoria. I ritorni a casa però sono spesso carichi di sentimento e non è facile rendere al meglio ed è proprio quello che successe a Carlo Carcano quando tornò nella sua Alessandria che lo aveva lanciato nel grande calcio, con i Grigi che sapevano perfettamente come fermare il loro vecchio maestro.
Borelli nel primo tempo e Chierico nella ripresa portarono il punteggio sul 2-0 dando la sensazione che il dominio Juventus stesse per terminare, ma mai dare per morta la Signora. Involontario e sfortunato protagonista di giornata fu il leggendario Luigi Bertolini che confezionò due autoreti trafiggendo il proprio portiere Balossino e tra le due sfortunate deviazioni ci pensò Vecchina a segnare la rete che permise di realizzare una straordinaria rimonta.
Dopo otto giornate era fuga totale con ben cinque punti di vantaggio sul terzetto formato da Roma, Bologna e Napoli, con i campioni d’Italia dell’Ambrosiana irriconoscibili e addirittura in zona retrocessione. A riportare i bianconeri sulla Terra furono però proprio i partenopei che alla nona giornata andarono a vincere sul Campo Juventus per 1-2 riaprendo così il discorso titolo grazie anche al successo di giallorossi e rossoblu. Le inseguitrici recuperarono ancora un punto in seguito al pareggio a Trieste, ma dopo queste due battuta d’arresto i bianconeri tornarono a macinare prepotentemente punti e uno scossone importante venne dato grazie al successo contro il Bologna grazie al mitico duo Ferrari-Orsi e la settimana seguente furono invece Munerati e Cesarini a piegare il Torino nel derby della Mole.
La sconfitta di Roma con la Lazio non preoccupò più di tanto e il passaggio del testimone divenne ormai chiaro a tutti il 18 gennaio 1931, quando all’Arena Civica Ambrosiana Inter e Juventus diedero vita a una straordinaria partita. A sbloccare la gara dopo soli cinque minuti fu Vecchina, ma i nerazzurri risposero immediatamente grazie all’autorete di Vollono che rimise la situazione in parità prima che nella ripresa venisse esternata la straordinaria potenza juventina.
Cesarini battè Degani per il secondo vantaggio, mentre il tris venne calato da Giovanni Ferrari che rese inutile il punto di Serantoni per un 2-3 tanto spettacolare quanto importante. La netta vittoria sul Livorno chiuse il girone d’andata con i ragazzi di Carcano avanti di quattro punti nei confronti di Roma e Napoli e nel ritorno la musica non cambiò.
Le belle vittorie con Casale e Pro Vercelli permisero di guadagnare un altro punto di vantaggio in vista dello scontro diretto al Campo Testaccio, vero e proprio catino infernale che dava nuove energie e forze alla Lupa capitolina. Anche la Juventus dovette capitolare e il tonfo fu di quelli dolorosi con il 5-0 finale che fu uno schiaffo morale non indifferente, ma che permise di ricompattare il gruppo per riprendere la corsa verso l’obbiettivo più importante.
I bianconeri divennero una macchina da gol rifilando quattro reti a Genova, Alessandria e Triestina e soprattutto al Giorgio Ascarelli di Napoli vendicarono la sconfitta dell’andata grazie a una rete nel finale del determinante Vecchina. A bruciare furono ancora gli scontri diretti e anche a Bologna i piemontesi dovettero far rientro a casa con un pesante passivo sul spalle, con un 4-0 che permise alla Roma di portarsi due soli punti dalla Juve.
A correre in soccorso di una Signora ferita fu proprio l’Ambrosiana, perché nel turno seguente i bianconeri non andarono oltre l’1-1 nel derby contro il Toro, ma i nerazzurri all’Arena Civica dominarono i capitolini per 5-0 permettendo così il decisivo allungo in classifica. Il vantaggio rimase invariato fino alla penultima giornata quando a Torino si presentò proprio l’Inter che venne piegata dalla rete a fine primo tempo dell’uomo decisivo per il campionato, l’oriundo Mumo Orsi.
La Lupa era stata quindi domata e sconfitta e il pareggio all’ultima giornata contro il Livorno permise anche di allungare ancora di più in classifica, ma quello che più contava era che la Juventus fosse stata in grado di tornare in vetta al calcio italiano dopo cinque anni, ottenendo così il suo primo titolo nel campionato a girone unico.
La formazione
L’arrivo di Carlo Carcano in panchina era anche corrisposto con l’introduzione del Metodo con quel 2-3-2-3 che permetteva di coprire al meglio tutto il campo, spesso dando un occhio di riguardo alla fase difensiva e trasformandosi quasi in un 3-4-3.
Per vincere però servivano anche acquisti mirati in ogni reparto e il tecnico non sbagliò nemmeno una mossa, acquistando tre campioni che risultarono fondamentali per quel titolo. In porta c’era il leggendario Giampiero Combi, estremo difensore straordinario nel seguire l’azione e nell’impostare la difesa, poco avvezzo alla spettacolarità e amante della concretezza. Davanti a lui agivano due dei più grandi difensori della storia italiana, Virgino Rosetta e Umberto Caligaris, molto bloccati ma già con il decisivo compito di impostare l’azione dalle retrovie.
In mediana venne utilizzato Mario Varglien, il più grande dei due fratelli che prediligeva la fase difensiva dimostrandosi un preziosissimo recupera palloni. Anche gli esterni erano prettamente difensivi con Oreste Barale a destra, che dovette saltare molte partite per infortunio nel girone di ritorno venendo sostituito o da Aldo Vollono o da Lino Mosca, e soprattutto Francesco Rier, determinante il suo acquisto in estate dalla Lazio. Questi giocatori erano fondamentali per l’equilibrio della squadra perché così il quintetto di fenomeni in avanti aveva la possibilità di pensare solo ed esclusivamente a come divertire e trafiggere i portieri.
Renato Cesarini divenne titolare grazie alla cessione di Cevenini e da mezz’ala destra fu cannoniere e ispiratore dell’azione, mentre a sinistra ecco che dall’Alessandria arrivò uno dei più grandi giocatori dell’epoca: Giovanni Ferrari. Il suo acquisto fu probabilmente il più fondamentale di tutti perché rare volte nella storia si rivedrà un giocatore così completo e inteligente da un punto di vista tattico, dotato anche di uno straordinario fiuto del gol.
Il trio d’attacco vedeva sull’ala destra Federico Munerati, il più avvezzo all’assist dei tre, mentre a sinistra Raimundo Orsi era il danzatore in campo capace di ricoprire tutti i ruoli dell’attacco diventando il miglior marcatore della squadra. Al centro invece venne acquistato dal Padova Giovanni Vecchina, marcatore implacabile se in giornata buona che divenne grande protagonista del successo finale grazie alle sue sedici reti.
Il capocannoniere
Se l’Ambrosiana Inter della stagione precedente aveva in Meazza il suo principale finalizzatore, la Juventus 1930-31 fece del gioco corale e di squadra la sua arma migliore e furono diversi giocatori ad andare in doppia cifra. Munerati ne realizzò tredici, Ferrari e Vecchina arrivarono a sedici, ma il migliore di tutti nella Torino bianconero fu Raimundo Orsi con ben venti centri.
L’oriundo aspettò la seconda giornata e la grande sfida contro il Milan per mettere a segno la sua prima rete stagionale e a inizio anno era talmente tanto ispirato da dare vita a una meravigliosa striscia consecutiva che accompagnava i trionfi della Signora. Contro il Casale risolse una partita molto complicata con una doppietta, mentre a Vercelli mise a segno il tris che piegò definitivamente la Pro.
Fu sua anche la terza e fondamentale rete nello scontro diretto interno contro la Roma, mentre a Genova decise di anticipare tutti segnando la rete del vantaggio. Una grande serie di cinque partite senza sosta bagnate dalle marcature, prima di prendersi una breve pausa con l’Alessandria per poi decidere dopo diciassette minuti la gara interna con il Legnano.
Il lieve calo della Juventus fu dovuto anche a una scarsa vena realizzativa di Orsi nella seconda parte di campionato dove segnò solamente un rigore contro il Bologna e la decisiva rete della vittoria a Modena, ma terminato gennaio e iniziato il girone di ritorno tutto tornò come prima. Una doppietta contro la Pro Patria riportò in vantaggio i bianconeri che si erano bloccati sull’1-1, mentre risultò ancora bestia nera del Milan segnando una rete nello spettacolare 3-3 di Torino.
Spinse il piede sull’acceleratore segnando a raffica nei momenti decisivi, recuperando lo svantaggio contro la Pro Vercelli, chiudendo la sfida col Genova e piazzando una doppietta nel largo 4-1 contro l’Alessandria. Era il faro dell’attacco, ma per cinque giornate il faro si spense per poi riaccendersi nella corsa finale. Il pari col Torino aveva fatto preoccupare e non poco i dirigenti juventini e Mumo prese in mano la squadra portandola al successo. Contro Lazio e Modena entrò ancora a far parte del tabellino dei marcatori, ma fu decisiva la sua rete a Brescia che permise di pareggiare 1-1 e mantenere così il vantaggio di tre punti sulla Roma inseguitrice. La partita contro l’Inter poteva valere lo Scudetto e l’oriundo a fine primo tempo suonò la sua ventesima sinfonia della stagione, l’ultima, la più bella, la più memorabile che valse il Tricolore.