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Cinque doppi ex che non ricordavi con le maglie di Atalanta e Milan

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L’Atalanta per il terzo anno consecutivo giocherà la Champions League e per i bergamaschi si tratta dell’ennesima stagione straordinaria targata Gasperini. Al Gewiss Stadium arriva però un Milan che vuole raggiungere lo stesso obbiettivo dopo essersi complicato tremendamente la vita con il pareggio di San Siro contro il Cagliari e deve battere obbligatoriamente i nerazzurri. La storia delle due squadre è molto diversa, ma in passato si sono scambiati diversi giocatori e di questi cinque non avevate probabilmente ricordo.

Samuele Dalla Bona


Centrocampista di buona qualità che avrebbe dovuto spiccare il volo per diventare il faro della mediana italiana, ma che invece non è mai stato in grado di decollare. Samuele Dalla Bona ha iniziato fin da giovane a far parlare di sé quando l’Atalanta lo portò all’interno del proprio settore giovanile e prima ancora di debuttare in prima squadra passò al Chelsea. A Londra visse tre stagioni a dir poco esaltanti, dove fu titolare fino all’arrivo di Frank Lampard e, aiutato dalla schiera di connazionali che vestivano la maglia dei Blues, segnò diverse reti garantendosi il ritorno in Italia alla corte di Ancelotti e del Milan. Il Diavolo però aveva in Pirlo, Gattuso e Seedorf un centrocampo di primissimo livello e anche con Ambrosini, Brocchi e Redondo in panchina era davvero difficile per lui mettersi in mostra, tanto che giocò pochissimo segnando solo un gol al Chievo prima di iniziare una lunga serie di prestiti, trovando della consolazione solo a Lecce, prima di passare per tre anni a Napoli dove subì diversi infortuni che ne segnarono drasticamente il finale di carriera. Giocò pochissimo e nel 2010 fece anche un breve ritorno all’Atalanta dove tutto era cominciato, ma in Serie B non scende mai in campo anche se contro il Livorno in Coppa Italia veste per la prima e unica volta nella sua carriera la prima maglia della Dea.

Diego De Ascentis


Centrocampista di corsa e di contenimento, molto amato dagli allenatori che ha avuto che hanno sempre apprezzato in lui una grande dedizione al lavoro. Diego De Ascentis iniziò con la squadra della sua città, il Como, dove trovò anche il debutto tra i professionisti ma fu la cessione al Bari nel 1996 a renderlo uno dei giocatori più apprezzati della Serie A. La sua grinta e anche una discreta regia dimostrata negli anni passati in Puglia gli valse l’inattesa chiamata nel 1999 al Milan campione d’Italia in carica. Non trovò mai la vera e propria titolarità, nonostante qualche buona prestazione che lo proiettò spesso al posto di Albertini, ma dopo diciannove presenze totali non venne considerato all’altezza del Diavolo passando al Torino dove passò alti e bassi del nuovo millennio dei granata. Fu per cinque anni una colonna dei piemontesi vivendo da protagonista anche la triste stagione 2004-05 che portò al fallimento della squadra costringendolo a passare a Livorno, prima di un’altra chiamata sotto la Maratona. Nel 2007 però era arrivata la fine della sua esperienza col Toro e così passò all’Atalanta con Gigi Del Neri intenzionato a farne una pedina preziosa nel suo 4-4-2, anche se prevalentemente come prima riserva. A Bergamo vi rimase per tre stagioni, sempre in Serie A dove trovò la rete contro l’Udinese nel 2009 quando in panchina sedeva Antonio Conte, ma l’annata dei nerazzurri fu disastrosa coincidente con la retrocessione e a fine anno lasciò il calcio.

Urby Emanuelson


È stato uno dei tanti ragazzi prodigio usciti dal grandioso vivaio dell’Ajax, ma crescendo si è perso sempre di più diventando irriconoscibile rispetto agli inizi. Urby Emanuelson passò una vita intera con i Lancieri, entrando nel settore giovanile quando questi aveva solamente otto anni e rimanendo fino all’età di venticinque dopo aver scorrazzato su e giù per la fascia sinistra per tutto questo periodo. Le sue prestazioni lo avevano portato a essere considerato come uno dei migliori talenti Oranje della sua generazione, dove vinse anche l’Europeo Under 21 nel 2006, ma già dagli ultimi anni in Patria ebbe un importante calo di rendimento. Nel gennaio 2011 il Milan lo acquistò comunque vedendo in lui una grande occasione per poter allungare la rosa in vista del finale di campionato e con il Diavolo vinse la Serie A. Allegri lo stimava enormemente, tanto che nella stagione seguente giocò ben trenta partite e contro il Cesena segnò un gran gol da fuori area, il primo in campionato con la nuova maglia. Dopo un buon inizio anche nell’annata successiva venne ceduto in prestito a gennaio al Fulham prima di tornare ancora dalle parti di San Siro la stagione seguente vendendo però travolto dal disastro rossonero. Passò alla Roma dove fu poco più che una meteora e a gennaio ecco l’approdo all’Atalanta dove dimostrò di essere ormai sul viale del tramonto. A Bergamo vi rimase per soli sei mesi, giocando solamente nove partite e non lasciando un grande ricordo, prima di passare al Verona e continuare a giocare ancora oggi all’Utrecht.

Tomas Locatelli


Trequartista di ottima classe, capace di servire i compagni in attacco con grande precisione che però non è mai riuscito a fare il decisivo salto di qualità. Tomas Locatelli è stato uno dei grandi prodotti del vivaio dell’Atalanta a metà anni ’90 e proprio con la squadra della sua città debuttò in Serie A nell’aprile del 1994 contro l’Udinese, prima di diventare nella stagione seguente uno dei grandi protagonisti della promozione degli orobici. Nonostante giocasse in cadetteria si guadagnò la chiamata dell’Under 21 e soprattutto nel 1995 venne acquistato dal Milan dove però era chiuso da una sfilza infinita di campioni. Grazie a cinque presenze vinse il campionato nel suo primo anno in rossonero e nella stagione seguente trovò anche la sua prima e unica rete in Champions League contro il Göteborg, ma nei due anni meneghini non riuscì mai a esprimere pienamente il proprio talento, così venne venduto all’Udinese. Divenne uno dei migliori trequartisti di provincia del nostro calcio e Bierhoff e Marcio Amoroso dovettero ringraziarlo diverse volte per i suoi assist e nel 2000 passò al Bologna dove vi rimase per un lustro prima di incappare nella retrocessione in B nel 2005. I successivi tre anni a Siena furono i suoi ultimi in A, prima di chiudere nelle serie minori tra Mantova, Spal e Arezzo.

Domenico Morfeo


È stato uno dei più grandi rimpianti del calcio italiano, un giocatore dalla classe superiore ma che non è mai stato supportato da un carattere molto difficile che lo ha spesso penalizzato. Domenico Morfeo lasciò a dodici anni il suo paese in Abruzzo per partire per la lontana Bergamo e vestire la maglia dell’Atalanta dove mostrò tutto il suo talento, nonostante la giovane età e un fisico minuto. L’esordio in A avvenne addirittura quando ancora era minorenne e nel marzo del 1994 realizza la sua prima doppietta in una partita interna contro il Lecce. In Serie B è tra i migliori della squadra contribuendo in modo significativo alla promozione e con Vieri prima e Pippo Inzaghi poi forma un duo d’attacco sensazionale, con Mimmo a inventare e i due futuri bomber Azzurri a finalizzare. Nel 1997 venne acquistato dalla Fiorentina venendo però chiuso dalla presenza di Rui Costa ed Edmundo, ma il talento era cristallino e per questo venne acquistato dal Milan, dove giocò poco ma nel finale di stagione risultò essere preziosa alternativa a gara in corso, riuscendo così a vincere a fine anno il Tricolore. In rossonero rimase un solo anno, tornò a Firenze e iniziò una serie di prestiti, alternati a qualche ritorno in Toscana, e un ritorno a gennaio 2001 all’Atalanta dove visse una seconda giovinezza facendo la fortuna sua e di Ventola. Nel 2002 ebbe così un’altra grande occasione sempre a Milano, ma sponda Inter, ma purtroppo fu ancora un fallimento, segnando una rete in campionato contro la Roma e una in Champions contro il Newcastle, non riuscendo però a giustificare l’assegnazione della pesante maglia numero dieci sulle sue spalle. A fine anno passò al Parma per cinque che di fatto corrisposero con la fine della sua carriera dopo anonimi passaggi a Brescia e a Cremona.

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