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Cinque doppi ex che non ricordavi con le maglie di Inter e Juventus

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Alle ore 18 si scriverà l’ennesimo nuovo capitolo della partita più sentita della Serie A, il Derby d’Italia tra Juventus e Inter. Una sfida leggendaria che ha regalato momenti unici nella storia del calcio del Belpaese e che questa sera vivrà una situazione paradossale con i nerazzurri che giocheranno esclusivamente per la gloria, mentre i bianconeri cercheranno di ottenere un posto in Champions League che sembra ormai irraggiungibile. Prima di pensare al presente è giusto però fare un salto nel passato e vedere quali sono stati cinque ex giocatori che hanno vestito entrambe le maglie e che probabilmente non ricordavate.

Dino Baggio


Centrocampista capace di impostare l’azione e di recuperarla, senza disdegnare il gol grazie a un grande destro da fuori area. Dino Baggio e stato uno dei centrocampisti italiani più completi degli anni ’90 e sopo l’esordio in Serie A con il Torino nella stagione 1990-91 venne immediatamente chiamato dalla Juventus che però scelse di prestarlo all’Inter alla prima stagione. In nerazzurro andò in rete in due occasioni, prima in Coppa Italia contro la Casertana e poi in campionato contro il Cagliari, ma venne travolto dalla disastrosa stagione della squadra di Orrico, ma a fine anno passò comunque nella Torino bianconera. La situazione cambiò radicalmente, riuscendo a vincere la Coppa Uefa del 1993 da grandissimo protagonista dove realizzò ben tre reti, una all’andata e due al ritorno, nella finale contro il Borussia Dortmund. Si conquistò la Nazionale e fu tra i migliori negli Stati Uniti, ma tornato dal torneo iridato venne ceduto al Parma dove vinse altre due Coppe Uefa, prima di uno sfortunato passaggio alla Lazio nel 2000 che ne decretò di fatto la fine della carriera, caratterizzata nel finale da molti prestiti tra Blackburn, Ancona e Triestina.

Fabián Carini


Portiere capace di parate straordinarie a errori grossolani è però ricordato per essere entrato in uno degli scambi di mercato più clamorosi di sempre. Fabián Carini iniziò nella sua Uruguay con il Danubio e le prestazioni furono così convincenti da portare la Juventus ad acquistarlo a soli ventun’anni per farlo diventare il terzo portiere nel 2000-01 e di promuoverlo a vice Buffon nella stagione succesiva. Divenne il portiere di Coppa Italia e riuscì anche a giocare due partite in Champions League contro Celtic e Arsenal e anche se le prestazioni non furono delle migliori di guadagnò comunque la titolarità della Celeste al Mondiale 2002. La Vecchia Signora lo prestò per due anni in Belgio allo Standard Liegi dove disputò buoni campionati e nell’estate 2004 rientrò nello scambio che portò lui all’Inter e Cannavaro alla Juventus, una delle trattative di mercato più misteriose di sempre. L’uruguaiano partì come terza scelta dietro a Toldo e Fontana, ma l’infortunio del vice e la squalifica del primo lo fecero debuttare in campionato contro il Messina dove parò immediatamente il rigore ad Amoruso e non di rado venne messo in campo dopo qualche errore del titolare. A fine anno venne comunque ceduto in prestito al Cagliari dove fu un disastro, tornò in nerazzurro vincendo da terzo lo Scudetto dei record per poi iniziare un lungo e deludente ritorno in Sudamerica.

Adrian Mutu


Uno dei più grandi campioni mai prodotti dal calcio rumeno, un artista del pallone capace di giocate sensazionali. Adrian Mutu iniziò nel piccolo Agreș Pitești prima di passare alla ben più blasonata Dinamo Bucarest dove si mise in mostra non solo come uomo assist, ma anche come spietato marcatore tanto da segnare ben ventidue gol in sole trentatre partite. Questo andamento convinse l’Inter di Moratti ad acquistarlo per poter sopperire alla momentanea assenza di Ronaldo nel gennaio del 2000 e all’esordio in Coppa Italia contro il Milan andò subito in rete di testa, ma per lui fu solamente un raggio di luce in un’esperienza negativa. Poche presenze e pochi minuti gli vennero concessi da Marcello Lippi e a fine anno rientrò nella lista dei partenti passando per due stagioni al Verona, dove fu tra i migliori nonostante la retrocessione dei veneti. Nel 2002 passò al Parma e con Adriano formò una coppia d’oro che fece crescere i rimpianti dei tifosi nerazzurri, anche perché se il brasiliano alla fine tornò a Milano, per il rumeno nel 2003 si aprirono le porte di Londra del Chelsea. Ranieri lo volle fortemente ma cadde nel giro della cocaina subendo una maxi squalifica che lo estromise dal calcio per un anno e mezzo. La Juventus però non aveva dimenticato la sua grande classe e, dopo averlo parcheggiato per metà stagione al Livorno, lo portò a Torino nel 2005 dove divenne preziosa alternativa ai tre tenori dell’attacco Trezeguet, Ibrahimović e Del Piero. Visse una stagione da quarta scelta ma estremamente positiva, dove riuscì a segnare sette reti e a risultare decisivo in varie circostanze, come nella doppietta di Palermo, ma a fine anno la Vecchia Signora venne travolta dallo scandalo Calciopoli e decise di non seguire la squadra in Serie B e passare alla Fiorentina. A Firenze visse le sue annate migliori diventando l’uomo in più della viola dove vi rimase per cinque stagioni, prima di un opaco finale di carriera in giro per il mondo.

Giuliano Sarti


È stato il portiere di una delle più grandi squadre della storia del calcio italiano e ne è stato assoluto protagonista con uno stile essenziale ed efficace. Giuliano Sarti diede il via alla sua carriera nella provincia emiliano tra Centese e Bondenese prima di essere scovato dalla Fiorentina che lo fece divenare uno dei migliori portiere della sua generazione. Con i Viola rimase per ben nove stagioni suggellate dallo storico primo Scudetto dei toscani nel 1956 e dalla finale di Coppa dei Campioni della stagione seguente dove i gigliati si inchinarono solo al grande Real Madrid, con Giuliano che per poco non parò il rigore a Di Stéfano. Venne scelto da Helenio Herrera per sostituire Lorenzo Buffon nella stagione 1963-64, con la Beneamata che vestiva già il Tricolore sul petto ma con lui in porta la squadra iniziò a volare anche in Europa e le sue parate furono decisive per il successo di Vienna sempre contro i Blancos madrileni e soprattutto nello spareggio della Coppa Intercontinentale contro l’indipendiente. I nerazzurro vinse ancora l’alloro massimo continentale la stagione seguente, oltre che a due Scudetti, ma rimarrà per sempre la grande delusione per il finale dell’annata 1966-67. Nonostante le sue parate prodigiose l’Inter capitolò nella finale di Lisbona contro il Celtic, mentre fu proprio un suo errore a Mantova a decretare la perdita di uno Scudetto all’ultima giornata che sembrava già vinto. Rimase ancora un anno prima di passare nel 1968 proprio alla Juventus dove partì come riserva di Anzolin per poi alternarsi con il portiere veneto finendo per disputare dieci presenze, le ultime della sua carriera in Serie A prima di ritirarsi l’anno seguente in Serie D con l’Unione Valdinievole.

Salvatore Schillaci


È stata la più grande e indimenticabile meteora del calcio italiano, centravanti capace di entrare nel mito e nella leggenda solo grazie a un’estate davvero unica. Totò Schillaci dovette sgomitare nella sua Sicilia per poter diventare un calciatore professionista e dopo aver giocato nelle giovanili dell’Amat Palermo passò nella vicina Messina dove divenne un idolo e fu tra i protagonisti in sette anni delle due promozioni dalla Serie C2 alla Serie B. L’ultimo anno tra i cadetti fu quello 1988-89 dove fece sognare un’intera città grazie ai suoi ventire gol che lo portarono al centro dell’attenzione nazionale tanto da diventare l’erede di Ian Rush nella Juventus. Spazza via dopo poche partite le perplessità sulla sua bravura e la sua classe, tanto da diventare incubo per il Milan campione d’Europa che subirà una sua rete sia nell’andata a San Siro che nel trionfale 3-0 bianconero di Torino. Decisivo fu anche il suo contributo per la vittoria della Coppa Italia e soprattutto della Coppa Uefa e così Azeglio Vicini decise a sorpresa di chiamarlo per il Mondiale come ultima scelta del pacchetto offensivo. Per Totò era già un’emozione unica vestire l’Azzurro, ma a sorpresa divenne l’uomo decisivo già dalla prima giornata contro l’Austria quando segnò di testa la rete della vittoria. Si prese ben presto il posto da titolare e divenne capocannoniere della competizione con sei reti, ma finita quell’estate tutto si complicó. Dopo i quindici gol realizzati nella prima annata juventina ne mise a segno solo undici nelle due successive e nel 1992 fu l’Inter a sperare in uno rilancio, ma nonostante la rete all’esordio contro l’Udinese non andò mai oltre al ruolo di riserva. Giocò poco ma segnò tanto nella stagione seguente, ben cinque reti in sole nove presenze e il trionfo in un’altra Coppa Uefa con la sua esperienza meneghina che però era ormai giunta al termine per passare in Giappone dove chiuse la sua carriera.

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