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Klaus Fischer: una carriera vissuta a testa in giù

Klaus Fischer è stato uno dei centravanti più forti della storia della Bundesliga. Ripercorriamo la sua carriera vissuta "a testa in giù".

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È il 24 luglio 2010, quando un sessantenne particolarmente arzillo viene invitato ad una trasmissione televisiva tedesca. Durante la messa in onda, gli viene chiesto di esibirsi in un gesto tecnico, la rovesciata, che ha contraddistinto la sua prestigiosa carriera da calciatore. La sua esecuzione, nonostante l’età, si rivela pressoché perfetta, in un mix di potenza e pulizia tecnica che ancora non sono state contaminate dal passare inesorabile del tempo.

Questo signore, che nonostante i 61 anni d’età si è esibito in un gesto tecnico così prodigioso, è Klaus Fischer, uno dei volti più iconici del calcio tedesco degli anni ’70, nonché il secondo massimo cannoniere della storia della Bundesliga, con 268 gol in 535 partite tra Monaco 1860, Schalke 04, Colonia e Bochum.

Gli inizi

La carriera di Klaus Fischer inizia nel 1968 e nei due anni che lo vedono militare Monaco 1860. Il ragazzino classe ’49 fa intravvedere sin da subito il suo talento, per un centravanti dotato di un’evidente forza fisica e di una grandissima capacità di attaccare la profondità. Ma saranno soprattutto le sue gesta acrobatiche a rappresentare un punto di forza della sua carriera, che gli permetteranno di scrivere pagine indelebili non solo per lui, ma anche per l’intero calcio tedesco. In due anni arriva a totalizzare 30 gol in 65 partite, che sono il preludio ad un avvio di carriera che lo farà conoscere in giro per la Germania Ovest.

L’approdo allo Schalke 04 e il primo trionfo

Nel 1970, all’età di appena 21 anni, i tempi sono ormai maturi per il suo approdo allo Schalke 04. L’inizio della sua avventura a Gelsenkirchen è sin da subito promettente e vede i Knappen puntare sin da subito alle zone alte della classifica dopo tempo, concludendo con un ottimo sesto posto che porta Klaus Fischer a registrare un discreto bottino da 15 gol in 34 partite.

Nel 1971-1972, lo Schalke 04 vive una delle migliori stagioni della sua storia, in un testa-testa infuocato che vede i Knappen contrapporsi ad un’autentica corazzata come il Bayern Monaco di Beckenbauer, Müller, Breitner, Hoeness e Maier. Lo Schalke 04, trascinato dai 22 gol in 29 partite di Fischer, riesce addirittura a consacrarsi come campione d’Inverno, ma contro i Bullen, alla prima partita di campionato nel nuovo impianto dell’Olympiastadion di Monaci di Baviera, i Knappen non possono molto, venendo asfaltati da un sonoro 5 a 1 che consegna ai bavaresi il Meisterschale.

Klaus Fischer deve dunque “accontentarsi” della Coppa di Germania, vincendo per 5 a 0 contro il Kaiserlautern e segnando il gol del momentaneo 4 a 0. Infatti, nonostante abbia tenuto una notevole media realizzativa, non ha potuto in alcun modo evitare il successo di un Bayern Monaco trascinato da un Gerd Müller semplicemente irreale (autore di 40 gol e 17 assist in 34 partite!).

Lo Schalke 04 trionfa in Coppa di Germania.

L’ombra del calcio-scommesse

“Mio Dio, quanto eravamo stupidi ai tempi. Perdere una partita per 2.300 marchi a testa non potrebbe essere più stupido. A quel tempo, un bonus era di 2.000 marchi”.

Klaus Fischer
Prima pagina del quotidiano “Der Spiegel” che richiama allo scandalo del calcio-scommesse del 1971.

Ma proprio quando lo Schalke 04 sta cercando di strutturare il proprio futuro, la Germania Ovest è devastata da uno scandalo di calcio-scommesse di portata impensabile e che ormai da un anno non può più passare in secondo piano, in quanto mette a nudo un problema che affigge da tempo il calcio tedesco.

Infatti, la Zweite, a differenza della Bundesliga, non è ancora riconosciuta come un campionato professionistico e ciò, di conseguenza, favorisce il tentativo da parte delle società calcistiche tedesche di tutelarsi e ciò non può che sfociare nell’illecito sportivo, in quanto le società sportive sono preoccupate dei risvolti negativi che una retrocessione nelle serie inferiori può provocare dal punto di vista economico.

Uno scandalo, come detto, di portata impressionante, che vede coinvolte società come Colonia, Hertha Berlino, Stoccarda, Schalke 04, Arminia Bielefeld, Duisburg ed Eintracht Braunschweig e che spinge la federazione ad una lunga serie di squalifiche ai danni dei 52 giocatori, 2 allenatori e 6 dirigenti coinvolti e che porterà successivamente a riconoscere la Zweite come un campionato professionistico a tutti gli effetti, riducendo di conseguenza il gap economico con la Bundesliga che appariva più che mai insormontabile.

Tra gli squalificati appare anche Klaus Fischer, reo di essere stato coinvolto in una combine per favorire gli interessi economici dell’Arminia (a rischio retrocessione nella stagione 1970-1971 e successivamente condannato alla retrocessione a tavolino). Viene sanzionato con un anno di squalifica dal rettangolo verde, una sentenza “leggera” se si considera il fatto che la federazione tedesca è sul punto di radiarlo direttamente dal calcio giocato.

Questa squalifica non può che compromettere il rapporto tra Klaus Fischer e la nazionale, che già in precedenza non poteva essere felice a causa della presenza, nel campionato tedesco, di grandi campioni come Gerd Müller e Jupp Heynckes e che ora risulta ancora più incrinato a causa delle vicende di calcio-scommesse che l’hanno visto coinvolto.

Il ritorno dalla squalifica, fino al titolo di capocannoniere

Nella stagione 1972-1973, a causa dell’assenza di Klaus Fischer, lo Schalke 04 sprofonda in classifica, dovendo lottare addirittura per non retrocedere, il tutto nella stagione successiva ad una Bundesliga sfiorata e ad un successo in Coppa di Germania. Infatti, l’assenza del suo centravanti, nonché di Pohlschmidt (attaccante, radiato a vita) e Pirkner (squalificato per due anni), compromette irrimediabilmente la fase offensiva, affidata ai soli Braun e Kremers, costretti a segnare 10 gol a testa che rischiano di non essere sufficienti per ottenere una salvezza poi raggiunta, con un più che mai deludente quindicesimo posto.

Dal 1973, Klaus Fischer inizia il suo percorso di redenzione dallo scandalo del calcio-scommesse, desideroso come non mai di raggiungere il riscatto personale, che nelle successive stagioni non tarderà affatto ad arrivare. Si erge dunque a leader assoluto di una squadra che è stata completamente devastata dallo scandalo che l’ha coinvolta due anni prima. Ritorna alla decima giornata della stagione 1973-1974, con lo Schalke 04 che ha collezionato già ben cinque sconfitte nelle prime nove partite e un misero bottino di 6 punti (frutto di due vittorie, due pareggi e cinque sconfitte).

Il ritorno di Klaus Fischer riporta linfa vitale ad una squadra prossima al tracollo e i suoi 21 gol in 25 partite fruttano 31 punti (14 vittorie, 3 pareggi e 6 sconfitte) che consentono allo Schalke 04 di stanziarsi in un più che ottimale settimo posto che consente di ripartire da una base solida, garantita dalle prestazioni del suo centravanti e anche dall’emergere progressivo del talento di Rüdiger Abramczik, un’ala classe ’56, entrato in prima squadra appena diciasettenne e che nel tempo diventerà un punto fermo dei Knappen.

Nella stagione successiva, Fischer prosegue con il suo ottimo bottino realizzativo, siglando 17 gol in 33 partite e replicando il piazzamento della passata stagione. Proprio in questa stagione, Klaus si esibisce in una rovesciata celebre, contro il Karlsruher SC, che gli consente di vincere, per la prima volta, il Tor des Jahres dedicato al gol più bello del calcio tedesco durante l’anno solare.

Nel mentre, Abramczik è sempre di più una pedina fondamentale dello Schalke 04 e si propone come uno dei talenti più promettenti del calcio tedesco dell’epoca.
Inoltre, nella stagione 1975-1976, è stato inoltre acquistato Branko Oblak, il regista della Jugoslavia di Džajić che farà vedere i sorci verdi alla Germania Ovest durante l’Europeo dell’anno successivo. Klaus Fischer, dal canto suo, è entrato ormai in un percorso della sua carriera che lo vedrà raggiungere il suo apice assoluto: infatti, segna 29 gol in 34 partite che gli valgono il titolo di capocannoniere della Bundesliga, per la prima volta – ed unica – della sua carriera, e che consentono allo Schalke 04 di tornare in Coppa UEFA dopo quattro anni.

Le basi ormai ci sono per il futuro e con il nuovo tecnico, Friedel Rausch, uno dei più promettenti della piazza, si aspira ai piani alti della Bundesliga.

1976-1977: l’anno della consacrazione

La stagione 1976-1977 per lo Schalke 04 vede una cavalcata straordinaria verso i vertici della Bundesliga. Klaus Fischer è senza dubbio all’apice della sua carriera e segna già 6 gol in 5 partite in Coppa UEFA, consacrandosi come protagonista assoluto soprattutto della magistrale rimonta ai danni del Porto nel primo turno. Ma è soprattutto in campionato che mostra tutta la sua maturità calcistica, più che mai evidente.

Segna con la solita regolarità di sempre, mettendo in cassaforte 24 gol in 31 partite stagionali di Bundesliga. Marcature che permettono allo Schalke 04 di lottare, per la seconda volta, per la vittoria del campionato tedesco, questa volta contrapponendosi allo strapotere del Borussia Monchengladbach, già detentore dei due titoli precedenti. I Fohlen riescono ad avere la meglio su Knappen, nonostante la stagione stellare di Fischer.

Ed è in questa stagione che Fischer sciorina quella che molto probabilmente è la miglior prestazione della sua intera carriera, quando disintegra il Bayern Monaco pluri-campione d’Europa con un netto 7 a 0 che sa di rivincita per lui, autore di un poker a dir poco magistrale che mette in mostra ogni singolo aspetto del suo repertorio: un destro a tu per tu con Maier, un colpo di testa, una mezza rovesciata – tanto per cambiare! – e un appoggio comodo in porta con il sinistro.

”È ora che la DFB seppellisca il passato di Klaus e cominci a considerare un giocatore con le sue doti”.

Gerd Müller, dopo il poker di Klaus Fischer ai danni del Bayern Monaco.

La stagione 1976-1977 si conclude per Fischer con un bottino da 34 gol in 39 partite, il più rotondo mai tenuto in una stagione della sua carriera. A riprova del fatto che questa sia la stagione che l’ha visto al suo apice, vi è il fatto che finalmente, a 28 anni, si prende il posto in nazionale. Non deluderà le aspettative e anzi, si metterà in mostra con l’ennesima rovesciata dalla bellezza abbacinante, questa volta ai danni della Svizzera, che non soltanto gli frutterà un premio di Tor des Jahres (il secondo della sua carriera), ma anche il riconoscimento di gol più bello della storia del calcio tedesco secondo l’ARD (l’associazione che assegna il riconoscimento sopraccitato). A quel gol, se ne aggiungeranno altri che lo porteranno a quota 11 gol nelle prime 9 partite in nazionale. Nemmeno Gerd Müller aveva tenuto un andamento così slanciato con la Mannschaft.

Di conseguenza, alla luce di quanto fatto in questa stagione, Klaus Fischer non può che classificarsi sesto nella corsa al Pallone d’Oro, accaparrandosi 21 voti dei giurati di France Football. Non c’è più dubbio: Klaus Fischer si è ormai consacrato come uno dei più grandi centravanti tedeschi dell’epoca.

1977-1981: la triste fine di un’era a Gelsenkirchen

Nelle due stagioni successive al titolo sfiorato, Fischer proseguirà con ottimi ritmi realizzativi, ma lo Schalke 04 non riuscirà più a replicare quelle prestazioni di squadra, anche a causa della cessione di Branko Oblak. I Knappen perdono terreno nel campionato tedesco e anche il suo bomber registra un calo fisiologico più che mai preventivabile. Inoltre, nel 1980 subisce un grave infortunio che gli impedisce di partecipare alla vittoriosa spedizione dell’Europeo e che lo costringe a restare fuori dai giochi per dieci mesi. La sua assenza è troppo pesante per lo Schalke 04, che purtroppo retrocede in Zweite nel 1981.

Per lui la sua avventura allo Schalke 04, iniziata 11 anni prima, è finita, con una Coppa di Germania vinta nel 1971-1972, due titoli di Bundesliga sfiorati contro due autentiche corazzate (Bayern Monaco e Borussia Mönchengladbach, rispettivamente nel 1972 e nel 1977), oltre che 226 gol in 349 partite con la maglia dei Knappen, per un Campione assoluto che si è consacrato come il massimo cannoniere della loro storia.

1981-1982: ancora una volta ad un passo dalla Bundesliga

Rinus Michels immortalato insieme a Paul Steiner, Klaus Allofs e Klaus Fischer (il secondo da sinistra).

Le avventure di Klaus Fischer proseguono con il trasferimento al Colonia, per un progetto ambizioso che già nell’annata precedente era stato avviato sotto la gestione di Rinus Michels, uno dei padrini del Calcio Totale olandese. La dirigenza decide di sacrificare Dieter Müller – il centravanti del Double del 1977-1978 – per affidarsi alle prestazioni di Allofs – centravanti del Fortuna Düsseldorf che qualche anno prima aveva sfiorato la vittoria della Coppa delle Coppe – e di Fischer. Inoltre, potendo già vantare dell’esperienza di Cullman – ormai schierato come libero – e Bonhof – intramontabile risorsa a centrocampo -, nonché dell’estro di Littbarski – una delle migliori ali della storia del calcio tedesco – e dell’atletismo di Woodcock – pilastro del Nottingham Forest di Brian Clough -, il Colonia di Michels si presenta ai nastri di partenza come una squadra pronta a lottare per la vittoria della Bundesliga.

Ad opporsi è l’Amburgo di Ernst Happel, una squadra altrettanto straordinaria che, vantando elementi di grande valore come Kaltz – uno dei terzini destri più forti dell’epoca -, Magath – un regista più che navigato – e Hrubesch – un ariete che era risultato il match winner dell’Europeo dell’anno precedente. La sfida è dunque tra i due padrini del calcio totale olandese e si rivelerà una delle più avvincenti della Bundesliga di quegli anni, per un testa-testa a mozzafiato che si concluderà con la vittoria dell’Amburgo nelle ultime giornate.

Fischer, pur provando a dare il suo contributo (comunque limitato rispetto ai tempi migliori, a causa dei 33 anni d’età), non riesce nemmeno in questa stagione a conquistare la Bundesliga.

Mondiale 1982: l’uomo della provvidenza per la Mannschaft

I capitoli importanti della carriera di Fischer, però, non sono finiti e sono destinati a proseguire nella vetrina più importante per un calciatore, ovvero i Mondiali.

Nel 1982 la Germania Ovest tentenna durante il Mondiale in suolo spagnolo, dovendo disputare l’intera rassegna iridata con un Rummenigge a mezzo servizio a causa dei guai fisici e non potendo disporre di una forma straordinaria dei propri interpreti. La Mannschaft però non demorde e supera le due fasi ai gironi, con Fischer che contribuisce in maniera netta al successo contro la Spagna, valevole per l’accesso alla semifinale contro la Francia di Platini.

La semifinale tra Germania Ovest e Francia è una delle più partite tese e drammatiche di tutti i tempi e a renderla tale è anche il tragico scontro tra Schumacher e Battiston, in cui è il francese ad avere la peggio, rischiando la vita. E proprio quando la Francia sembra sul punto di condurre la sfida sul 3 a 1, trascinata da un Giresse semplicemente eccezionale, la Germania Ovest reagisce con grande orgoglio e accorcia le distanze grazie alla zampata di un ritrovato Rummenigge.

Ed è al minuto 108 che entra in gioco Klaus Fischer, che con un gesto acrobatico tanto poetico quanto inaspettato, lascia spiazzato Ettori e consente alla Germania Ovest di approdare ai calci di rigore, per poi prendere il pass per la finale contro l’Italia, poi persa per 3 a 1. Il suo resterà comunque ai posteri come un gol tra i più belli mai visti in una semifinale di un Mondiale, un gol oltretutto dal peso specifico notevole che verrà premiato come Tor des Jahres, il terzo della sua carriera.

Per lui, questo gol sarà il suo ultimo con la nazionale, in cinque anni che l’hanno visto segnare 32 gol in 45 partite, per un percorso di redenzione ormai ultimato nei confronti di una patria che l’aveva allontanato dallo scandalo del calcio-scommesse e che l’aveva successivamente reintegrato.

1983: il secondo ed ultimo trofeo della sua carriera

Nella stagione 1982-1983, Klaus Fischer va ormai verso i 34 anni e, come è stato precedentemente precisato, non può più garantire l’efficienza prestazionale dei tempi migliori, ma il suo discreto bottino realizzativo da 20 gol in 43 partite in tutte le competizioni si rivela un ottimo contributo per l’unico trofeo alzato al cielo da Rinus Michels in quei quattro anni, ovvero la Coppa di Germania.

Per Fischer, questo rappresenta il secondo e ultimo trofeo di una carriera che sicuramente avrebbe potuto meritare di più, oltre che il preludio alla fine del suo triennio al Colonia, condito da 46 gol in 115 partite e che si concluderà nel 1984.

Le battute conclusive della sua carriera

Sugli ultimi anni di carriera di Fischer – ormai trentacinquenne e prossimo al ritiro – non c’è molto da commentare, non tanto per la quantità di gol segnati, che non mancheranno (precisamente, ne segnerà 29 in 94 partite nel Bochum), ma inevitabilmente questa fase rappresenterà il lento ed inesorabile epilogo di una carriera straordinaria, spesso sottovalutata, di un grandissimo centravanti che ha segnato la sua generazione.

Klaus concluderà la sua carriera con 331 gol in 623 partite, un bottino realizzativo che lo annovera tra i centravanti tedeschi più prolifici nella storia teutonica.

L’icona di Klaus Fischer

Klaus Fischer, per il calcio tedesco, ha rappresentato un caso singolare di redenzione, per un giocatore che in seguito ai gravi errori commessi nel 1971, ha saputo tracciare davanti a sé il percorso per il suo riscatto e l’ha fatto a suon di rovesciate, uno dei gesti più belli e allo stesso tempo estremi della sua carriera. Molto probabilmente questo gesto ha rappresentato una carriera intera vissuta in bilico tra gesti estremi dentro e fuori dal campo e atti di immane bellezza, come quelle tre rovesciate magistrali con le quali ha scritto un pezzo importante della storia del calcio tedesco.

Perché ancora più probabilmente, segnare in rovesciata, per lui, rappresentava l’unico modo di raddrizzare un’intera carriera che spesso ha vissuto a testa in giù e per lasciare a se stesso la sensazione di aver trovato il verso giusto per viverla, riconquistando nel tempo l’amore e l’ammirazione che il calcio tedesco prova da anni nel suoi confronti.

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