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La strategia del Tasso di Luigi Panella

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Bernard Hinault, soprannominato il Tasso per intelligenza e astuzia tattica – sapeva ‘nascondersi’ nella pancia del gruppo per poi sferrare l’assalto al momento più opportuno – è stato uno dei più grandi ciclisti che la storia di questo sport abbia annoverato.

È nella ristrettissima cerchia – con lui Coppi, Anquetil, Merckx, Roche, Indurain e Pantani – dei campionissimi riusciti a conquistare l’accoppiata Giro-Tour nella stessa stagione.

Per numero complessivo di grandi corse a tappe – Giro,Tour, Vuelta – è secondo solo al Cannibale, staccato di una lunghezza, 11 a 10. Non ha certo fatto parte del ciclismo selettivo moderno, anzi. Ha onorato e vinto – tra la fine degli anni ’70 e la metà degli anni ’80 – le grandi classiche e tutte le corse a tappe mostrando doti di straordinaria forza fisica e di classe purissima.

Ne traccia un ritratto completo Luigi Panella in – La strategia del Tasso, Lìmina. L’autore ripercorre la lunga e vincente carriera di Hinault, partendo dalle sue origini di cui andava fiero – ‘sono francese, ma prima di tutto bretone’ – e di cui portava con orgoglio i tratti distintivi di umiltà e feroce determinazione che ne hanno fatto un campione infallibile, ma pure un fuoriclasse dal volto umano.

Inizia a vincere giovanissimo – a quasi 18 anni è già campione di Francia – dimostrando di possedere la saggezza necessaria per fare tanta strada. Fa sue, alla prima partecipazione, tutte e tre le grandi corse a tappe. Nel ‘77 arrivano i primi trionfi fuori dai confini nazionali, con la vittoria di due grandi classiche quali la Gand-Wevelgem e, soprattutto, la Liegi-Bastogne-Liegi. Il ‘78 è l’anno della svolta, quando, vestendo la divisa della Renault-Gitane, al primo tentativo conquista sia la Vuelta che il Tour. Nell’ ‘80 si prende, come detto, alla sua prima ‘recita’ anche il Giro d’Italia e chiude, come in un crescendo rossiniano, con la conquista del campionato mondiale su strada a Sallanches, sulle Alpi della Savoia , quello che è ancora oggi considerato il più duro e selettivo di sempre.   

Nel ‘81, in maglia iridata, conquista la sua prima e unica Parigi-Roubaix, imponendosi sul quattro volte vincitore Roger De Vlaeminck. Hinault non amava quella classica che considerava anacronistica, alla stregua di un ciclocross. Pur tuttavia fu proprio lui in quell’edizione a riportare la Francia alla vittoria venticinque anni dopo Louison Bobet e, a fermare a tre la striscia di successi consecutivi di Moser.

Nell’ ‘82 entra nella leggenda, con la vittoria di Giro al Tour, impresa riuscita fino ad allora solo a Coppi, Anquetil e Merckx. Si ripete nell’85, a 32 anni. Il quinto sigillo al Tour gli permette inoltre di eguagliare Anquetil e Mercks, unici fino ad allora ad esserci riusciti.
Volendo trovare il ‘pelo nell’uovo’ l’autore lo indica nella mancanza nel palmares del bretone della Sanremo, mai affrontata con eccessiva convinzione. Chiude il libro un’intervista a Francesco Moser che di Hinault sottolinea il talento e le grandi qualità di crono-man, oltre alla grande considerazione di cui godeva presso i colleghi.

 Alessandro Sartore

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