Liverpool, 26 dicembre 1920. In Gran Bretagna si celebra il Boxing Day, il giorno dopo Natale in cui le famiglie agiate regalano cibo e piccoli doni al personale di servizio e in generale ai più sfortunati. Allo stadio Goodison Park accorrono 53.000 persone che, noncuranti del freddo pungente e della tradizione, affollano gli spalti. In realtà sarebbero molti di più, contando chi è rimasto fuori perché l’impianto aveva raggiunto la sua capienza massima (se ne stimano 14.000). La tensione è alle stelle e l’entusiasmo non è da meno tanto che deve intervenire la polizia a contenere i tifosi mentre due squadre si fanno largo tra la folla per entrare nello stadio.
Quel giorno, che resterà nella storia, si fronteggiano due squadre composte interamente da donne: le Dick, Kerr’s Ladies F.C contro le rivali del St Helen’s Ladies. La gara si gioca su ritmi sostenuti e ad alti livelli: le Dick, Kerr’s Ladies vincono 4-0 grazie a una tripletta di Alice Kells. Mai una squadra femminile aveva radunato così tanti spettatori (ricordiamo che nello stesso stadio giocava l’Everton e mai aveva raggiunto un tale numero di spettatori) e mai si era registrato un incasso così alto, 3115 sterline da devolvere in beneficenza i veterani di guerra. È l’apice della storia del calcio femminile, ancora agli albori, ma è anche il momento che ne segna il declino.
La storia del calcio femminile è un’epopea fatta di passione, ostacoli e trionfi, spesso oscurata dalla narrazione dominante del calcio maschile. È una storia che inizia tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo, in Inghilterra, la culla del football moderno, e che attraversa un percorso tortuoso, segnato da periodi di grande popolarità e da lunghi anni di ostracismo.
Il primo match di cui si ha notizia risale al 23 marzo 1895: a Londra, va in scena un evento che segna una svolta epocale: la prima partita ufficiale di calcio femminile della storia. Al Crouch End Athletic Ground, due squadre – il Nord e il Sud – si affrontano davanti a un pubblico curioso e scettico. Non è solo una sfida sportiva, ma un atto rivoluzionario che inaugura l’ingresso delle donne in un mondo fino ad allora ritenuto esclusivamente maschile.
L’iniziativa porta la firma di Nettie Honeyball, attivista e fondatrice del British Ladies Football Club, che con coraggio sfida i pregiudizi dell’Inghilterra vittoriana. In un’epoca in cui lo sport era considerato inadatto al corpo e al ruolo sociale delle donne, Honeyball organizza un incontro che farà da spartiacque. La partita, vinta dal Nord per 7-1, passa alla storia non tanto per il risultato quanto per l’audacia delle protagoniste, capaci di imporsi su un terreno che la società voleva loro precluso. Quell’incontro è il primo vero atto di riconoscimento del calcio femminile come disciplina autonoma.

Le eroine di Preston
Il vero boom avviene però durante gli anni della Grande Guerra: con gli uomini impegnati al fronte, le donne entrano nelle fabbriche per sostenere lo sforzo bellico e, durante le pause o dopo il lavoro, iniziano a giocare a pallone. Nasce così il fenomeno delle Munitionettes, le squadre formate dalle operaie delle fabbriche di munizioni: il calcio non diventa solo una distrazione dalla durezza della vita, ma è un ottimo modo per raccogliere fondi. Tra tutte le squadre, ce n’è una che spicca per talento e popolarità: le Dick, Kerr’s Ladies F.C., compagine fondata a Preston (a Nord di Liverpool) e formata prevalentemente dalle operaie di una fabbrica riconvertita alla produzione di munizioni. Le donne, lavorano in condizioni difficili e spesso pericolose, maneggiando esplosivi che le tingono di giallo e le rendono vulnerabili a malattie.
Tutto inizia quasi per caso, con una sfida amichevole lanciata dai lavoratori uomini, scettici del fatto che le loro colleghe potessero e sapessero giocare a calcio e che devono ben presto ricredersi. Il 25 dicembre 1917, a Deepdale, la casa del Preston North End, le neonate Dick, Kerr Ladies affrontano la squadra di un’altra fabbrica in una partita di beneficenza: 10.000 spettatori accorrono a vedere la gara e vengono e raccolte 600 sterline, (una somma considerevole per l’epoca) per i soldati feriti.
È l’inizio di un’epopea di successi senza precedenti. Le Dick, Kerr Ladies non sono solo una squadra di calcio, ma un vero e poprio fenomeno culturale. In maglia bianco-nera e calzoncini blu, con il caratteristico berretto di lana calcato sulle chiome fluenti, le ragazze riescono a sbaragliare ogni avversario.Anche la stampa britannica riconosce il loro talento: “Il loro gioco d’attacco era spesso sorprendentemente buono, una o due delle signore mostravano un controllo di palla davvero ammirevole”. È davvero l’inizio di un’era.

Il sogno prende forma grazie a un gruppo di atlete straordinarie, vere e proprie leggende del loro tempo: tra queste vanno ricordate Florrie Redford, il cuore e la mente della squadra; Lily Parr, ala sinistra con un tiro potente, si dice addirittura capace di rompere il braccio di un portiere professionista. Con oltre 900 gol in carriera, Parr è una delle più grandi marcatrici di sempre. Da citare anche Jennie Harris, la maga del dribbling, un’artista del pallone alta solo un metro e 47; Alice Kell, la capitana, un difensore eclettico che sapeva trasformarsi in un implacabile attaccante e Jessie Walmsley, la mediana con il sorriso contagioso, paragonata a una sorta di Jackie Charlton al femminile. Il gruppo è seguito da Frankland, il loro manager e vero e proprio talent scout: è in grado infatti di attirare le giovani promesse a Preston con offerte di lavoro e permessi retribuiti. Il risultato è una squadra imbattibile, rinforzata da quello che possiamo a tutti gli effetti considerare un archetipo di calciomercato.

Le Dick, Kerr Ladies non sono solo imbattibili, ma diventano ben presto anche famosissime, tanto da intraprendere presto una tournée in Francia, dove la loro forza fisica contrasta con la grazia delle avversarie francesi. E non solo: anche il mondo dello spettacolo, soprattutto il cinema, si interessa a loro tanto da volerle scritturare. Passano gli anni, la Grande Guerra finisce e i sopravvissuti tornano a casa. Si torna quindi, più o meno, alla normalità e non è più necessario raccogliere fondi da mandare ai soldati al fronte. Nonostante ciò le calciatrici continuano ad avere seguito, fino al 5 dicembre 2021, quando la Football Association (FA) bandisce dai suoi campi il calcio femminile.
«A causa dei reclami fatti a proposito del calcio femminile» si legge nella nota diffusa dall’associazione «il Consiglio si sente costretto ad esprimere il suo parere, ritenendo il calcio non adatto alle donne e per questo motivo non deve esserne incoraggiata la pratica. Il Consiglio richiede, quindi, alle squadre appartenenti all’associazione di non fare disputare tali incontri sui loro campi da gioco». Il calcio femminile viene ufficialmente bandito ufficialmente perché non reputato uno sport da donne, ufficiosamente perché, in realtà, le calciatrici toglievano spettatori preziosissimi ai colleghi uomini. Il colpo è durissimo perchè oltre a essere la fine di una favola, relega il calcio femminle ai margini per mezzo secolo.un boicottaggio che durerà fino agli Anni ’70, ma che non impedisce alle Kerr’s Ladies di continuare a giocare – dal 1926 con il nome di Preston Ladies F.C. – fino al 1965. Vincendo 758 partite su 828.
Resilienza e ribellione
Nonostante l’opposizione quindi, le donne inglesi non si arrendono. Con una tenacia straordinaria che oggi definisce lo spirito del movimento, circa 30 squadre si riuniscono a Liverpool il 10 dicembre 1921. L’incontro non è solo una ribellione, ma la fondazione ufficiale dell’English Ladies Football Association (ELFA), un’organizzazione che ha come missione la diffusione del gioco e l’uso del calcio come strumento di beneficenza. La loro determinazione porta subito a un risultato concreto: l’anno successivo, le Stoke Ladies alzano la prima e unica ELFA Challenge Cup, sconfiggendo per 3-1 le Doncaster e Bentley Ladies. È un primo, fondamentale, segnale della ferrea volontà e della solida base del calcio femminile oltremanica
Ma la strada è ancora in salita. La mancanza di strutture adeguate è un ostacolo quotidiano. Le squadre sono spesso costrette a giocare su campi da rugby o in spazi ridotti che limitano la partecipazione e la visibilità. Il calcio femminile vive costantemente all’ombra di quello maschile e i pregiudizi non accennano a diminuire. Un caso emblematico di questa mentalità è la sospensione di un arbitro da parte della Kent County Football Association nel 1947, motivata dal fatto che la gestione di una squadra femminile da parte di un uomo “getta discredito” sull’intero sport.
Tuttavia, la passione è più forte di ogni divieto. Nuovi club continuano a nascere, spinti da un desiderio puro di giocare. Tra questi spicca il Manchester Corinthians, fondato nel 1949 da Percy Ashley, un osservatore del Bolton Wanderers, per permettere a sua figlia, Doris, di esprimere il suo talento. Le giocatrici si allenano al Fog Lane Park, dove l’assenza di spogliatoi con acqua corrente le costringe a lavarsi in uno stagno dopo le partite. Nonostante queste difficoltà, la squadra diventa leggendaria, vincendo numerosi trofei nazionali nei primi due anni.

La fama del Corinthians cresce a tal punto che, per mancanza di avversarie, Ashley crea una seconda squadra, The Nomads, nel 1957, per poter organizzare partite di beneficenza. Le loro tournée internazionali in Portogallo, Olanda, Sud America e Marocco, spesso con l’aiuto del portiere del Manchester City, Bert Trautmann, per la traduzione, le trasformano in vere e proprie ambasciatrici del calcio femminile. La squadra colleziona oltre 50 trofei e raccoglie 275.000 sterline in beneficenza, dimostrando che il calcio femminile non è solo sport, ma anche un potente veicolo di cambiamento sociale.
Con i profondi cambiamenti sociali degli anni ’60, le donne iniziano a reclamare i propri diritti. Il calcio non fa eccezione. Il 1° novembre 1969, rappresentanti di 44 club si incontrano a Londra per il primo incontro della Women’s Football Association (WFA). Sotto la guida del falegname Arthur Hobbs e della presidente Pat Dunn, la WFA getta le basi per la rinascita del calcio femminile, organizzando un torneo a Deal, nel Kent, che anticipa la futura Women’s FA Cup.
La pressione sulla Football Association (FA) diventa a un certo punto insostenibile. La FA è costretta a riconsiderare la sua posizione e, nel gennaio 1970, vota per abrogare la controversa risoluzione del 1921. Il 24 giugno 1971 è una data storica: in un’assemblea generale, viene finalmente concesso il permesso di giocare su campi affiliati alla FA e di utilizzare arbitri registrati. La strada per il calcio femminile professionistico è finalmente aperta. L’Inghilterra è tra le prime nazioni a rispondere positivamente all’invito della UEFA, che raccomanda alle federazioni nazionali di governare il calcio femminile. Il 29 febbraio 1972, la FA riconosce ufficialmente la WFA.
La prima squadra ufficiale inglese della WFA gioca la sua prima partita internazionale in Scozia, vincendo 3-2. Questa vittoria riscatta la storica sconfitta di 91 anni prima e, non a caso, avviene a 100 anni esatti dalla prima partita internazionale maschile. Le giocatrici, come Sylvia Gore, Lynda Hale e Jeannie Allott, diventano eroine di una nuova era. La WFA continua a guidare la crescita del calcio femminile per tutti gli anni ’70 e ’80. Sebbene lo sport sia ancora gestito in gran parte da volontari, l’organizzazione apre un proprio ufficio amministrativo nel 1981 e si afferma come la principale forza trainante del movimento.
Verso la gloria
Gli anni ’90 portano cambiamenti epocali e una vera e propria professionalizzazione del gioco. Nel 1991, la WFA lancia un campionato nazionale, che l’anno successivo si espande su tre divisioni. Ma il passo più significativo arriva nel 1993, quando la WFA, senza le risorse finanziarie per sviluppare il calcio su vasta scala, trasferisce le sue attività alla FA. Nasce un Comitato per il Calcio Femminile e, con esso, la figura a tempo pieno del Coordinatore. Il controllo della FA porta alla gestione centralizzata del campionato e della coppa di lega, dando vita alla Women’s Premier League (FAWPL). Nel frattempo, la FIFA introduce la Coppa del Mondo femminile nel 1991, un evento che culmina con la finale del 1999 negli Stati Uniti, giocata davanti a 90.000 spettatori. Il calcio femminile sta guadagnando l’attenzione globale.
Le Olimpiadi di Londra del 2012 danno un’ulteriore spinta: la vittoria per 1-0 della Gran Bretagna contro il Brasile si gioca davanti a 70.584 tifosi a Wembley, un contrasto straordinario con la prima partita femminile giocata nello stadio, che era stata relegata a mero “riscaldamento” per un match maschile. L’entusiasmo crescente spinge il calcio di club a riformarsi: nel 2011 nasce la FA Women’s Super League (WSL). Inizialmente una competizione estiva, la WSL si evolve in un campionato professionistico a due divisioni nel 2017, allineandosi alla stagione maschile. L’interesse dei media e gli sponsor creano una solida piattaforma commerciale che attira talenti da tutto il mondo. Nel 2024, la WSL e il Barclays Women’s Championship diventano indipendenti dalla FA, dando vita alla Women’s Professional Leagues Limited, con l’obiettivo di massimizzare il potenziale dello sport.
Gli ultimi 15 anni segnano l’apice di questa crescita. Nel 2014, le Lionesses, come viene chiamata la nazionale inglese, giocano la loro prima partita nel nuovo stadio di Wembley, attirando un pubblico record. La squadra diventa una contendente seria a livello globale, vincendo il bronzo ai Mondiali del 2015 e raggiungendo le semifinali degli Europei 2017 e dei Mondiali 2019. La sconfitta in semifinale contro gli Stati Uniti attira un pubblico televisivo di 11,7 milioni di spettatori su BBC One, un numero impensabile solo pochi anni prima.
Il trionfo finale arriva agli UEFA Women’s EURO 2022. L’Inghilterra vince contro la Germania davanti a un pubblico record di 87.192 persone a Wembley. La vittoria non solo consolida il calcio femminile nell’immaginario nazionale, ma genera oltre 400.000 nuove opportunità per ragazze e donne di avvicinarsi allo sport. Le Lionesses continuano a fare la storia, raggiungendo la finale della Coppa del Mondo in Australia nel 2023. E un anno dopo, il cerchio si chiude magnificamente: l’Inghilterra vince gli UEFA Women’s EURO 2024 ai rigori, diventando la prima squadra inglese a vincere un trofeo importante lontano da casa. È la vittoria di una storia di coraggio, tenacia e infinita passione.
