Champions League, ritorno semifinali: Inter-Barcellona 4-3 dts

Condividi articolo:

Chi aveva, anche giustamente, parlato di partita epica dopo il 3-3 del Montjuic nella sfida di andata tra Inter e Barcellona, non aveva fatto i conti con questa gara di ritorno che, per cifra tecnica ed emotiva, penso abbia poche eguali nell’intera storia moderna del Calcio. Nel complesso di questa semifinale, ci sono voluti 220’, tredici gol almeno metà dei quali da copertina di Magazine Calcistico, due arbitri da finale Mondiale, uno dei quali deve ringraziare chi ha inventato la Var per non essere oggi additato come affossatore di giustizia, alcune delle parate più belle degli ultimi tempi compiute da un nonno di Gigio, tre legni colpiti da un minorenne che gioca da veterano, c’è voluto tutto questo e molto altro ancora per designare chi avesse il diritto di andare a fine mese a Monaco di Baviera per conquistare la Champions 2024-25. E se quella Coppa ha grandi orecchie è per sentire certo il boato dei tifosi vincenti, ma pure e soprattutto il ticchettio cardiaco di chi, tra Catalogna e Lombardia, gioisce o soffre muto perché ogni tenzone sportiva che si rispetti è la solita, vecchia moneta a due facce. E una sola sorride.

Come dicevo, se la cronaca dell’andata è stata ricchissima, questa lo è, se possibile, ancora di più, sfiorando i limiti dell’immaginabile, consegnando poi ai nerazzurri i biglietti per la finale, dopo che i blaugrana li avevano già pagati e messi in tasca. I 90’ canonici erano finiti sul 3-3, se non erro per la terza volta consecutiva tra queste due compagini, con un andamento di gara molto simile a quello della scorsa settimana. L’Inter di quest’anno, e soprattutto di questo finale di stagione, non regge con la stessa intensità tutta la gara e il Barcellona di Flick e dei ragazzini che sembrano uomini, di contro, non ha ancora imparato a soffrire e a sacrificare lo spettacolo a favore del risultato. E se metti nello shaker gli stessi ingredienti, puoi agitare finché vuoi, il cocktail sarà sempre lo stesso.

L’inizio è appena più guardingo, l’Inter è la stessa del Montjuic, il Barca ha Eric Garcia in fascia destra per Koundè, ma Martin su quella sinistra è molto meno offensivo e non perde d’occhio Dumfries. Yamal è infermabile e Dimarco è in difficoltà palese, pur soccorso da Mkhitaryan, Bastoni o Acerbi in quello spicchio di difesa che è quest’anno, e lo sarà anche stavolta, il punto debole della retroguardia nerazzurra. Ma è lo stesso Dimarco, a dimostrazione della imprevedibile duttilità di questa squadra, a rubare un pallone sulla tre quarti centrale, niente meno che a Dani Olmo, e a servire Dumfries che manda in gol Lautaro. I catalani accusano il colpo, premono ma non sono mai pericolosi, mentre l’Inter sfiora il raddoppio con Calhanoglu e Mkhitaryan. Raddoppio che arriva su rigore sacrosanto per fallo di Cubarsì su Lautaro lanciato a rete e realizzato dal regista turco. Il primo tempo si chiude sul 2-0 nerazzurro tra le proteste incomprensibili ed esagerate di un ambiente, quello blaugrana, che, se vuole veramente fare la storia di questo sport, deve scrollarsi di dosso questi atteggiamenti da vittima sacrificale che non gli fanno onore, stella Yamal compresa.

Il rigore su Lautaro

Ma è il secondo tempo di San Siro quello che potrebbe finire sull’almanacco storico della Bellezza nel Calcio. De Jong, autore di una prima frazione superba, riesce addirittura ad aumentare il livello suo e della squadra e il Barcellona nel giro di sei minuti pareggia, mentre tra i due gol Sommer compie il primo dei suoi tre prodigi. È Garcia, quello per cui in Catalogna si strappavano i capelli dovendo lui giocare in luogo di Koundè, a essere l’autore del primo gol e del tiro sventato dal portiere svizzero, mentre è Dani Olmo a girare di testa nell’angolino alto. È sempre il solito settore a sinistra di Sommer a essere esiziale per l’Inter, ma quest’anno è così, e pare non vi sia rimedio…

I nerazzurri sembrano proprio sulle ginocchia e i cinque cambi di Inzaghi, già esauriti prima dell’80’, non producono granché. Viceversa, i catalani mostrano di avere energie da vendere e il vento gli soffia in poppa. Calhanoglu e Barella sono in bambola in fase di uscita e sulla palla persa banalmente dal primo, Mkhitaryan falcia Yamal al limite con Marciniak che assegna un rigore che per fortuna il Var toglie, mentre un pallone regalato dal sardo consente all’87’ a Raphinha di superare Sommer che aveva da poco deviato l’ennesima perla del fenomeno marocchino.

Il 2-3 appare giusto e, ancora una volta, emblematico per queste due squadre meravigliose e fragili, capaci di prestazioni liriche e drammatiche, intense e frivole, epiche e superficiali e dai finali luminosi o tragici, ma sempre, comunque eroici. Anche stavolta è così, come nei film di Bertolucci che si innamorava delle proprie opere e faceva fatica a staccarsene, producendo così due, tre o quattro finali. Anche stavolta è così, con tutto l’ambiente catalano, compreso il dirigenziale in tribuna, a festeggiare il viaggio a Monaco e altro ancora. È euforia da Ramblas e il palo di Yamal è un rammarico che non cambia l’umore.

Chi invece lo sbriciola, provocando le solite insopportabili proteste, è la follia di Acerbi che si inventa il gol che sognava da almeno trent’anni, da quando, invece magari di fare i compiti, si immaginava di diventare un goleador capace di far crollare lo stadio ai suoi piedi. Lo fa di destro, lui che solo l’altro piede e lo fa al volo all’incrocio. Il 6 maggio 2025 è successo, a fine carriera da difensore centrale burbero e arcigno, di fronte all’attacco più forte del pianeta, conquistando altri 30’ di gioco, un’altra mezzora di vita. A Inzaghi rimane solo il sesto cambio consentito dai supplementari, Flick ha forze fresche in abbondanza. E un certo Lewandowski… Da parte nerazzurra sembra già eroismo, ma il timore di un accanimento terapeutico è forte. E, invece, Frattesi, Sommer e De Vrij… Sul serio, c’è bisogno che vi racconti com’è finita?

L’esultanza di Frattesi dopo il gol

Il tabellino

INTER-BARCELLONA 4-3 dts (2-0; 3-3)
Marcatori:
Lautaro (I) al 21’, Chalanoglu (I) al 45 (r), Garcia (B) al 54’, Dani Olmo (B) al 60’, Raphinha (B) all’87’, Acerbi (I) al 90+3’, Frattesi (I) al 99’.
Inter (3-5-2): Sommer; Bisseck (dal 70’ Darmian), Acerbi, Bastoni; Dumfries (dal 107’ De Vrij), Barella, Chalanoglu (dal 79’ Frattesi), Mkhitaryan (dal 79’ Zielinski), Dimarco (dal 54’ C. Augusto); Thuram, Lautaro (dal 70’ Taremi). All. Inzaghi.
Barcellona (4-2-3-1): Szczesny; Garcia (dal 97’ Fort), Cubarsi (dal 105’ Victor), Martinez (dal 75’ Arajuco), Martin; De Jong, Pedri (dal 105’ Gavi); Yamal, Dani Olmo (dall’82’ Lopez), Raphinha; Torres (dal 90’ Lewandowski). All. Flick.
Arbitro: Marciniak.

Le pagelle

INTER

IL MIGLIORE Sommer 8,5 Almeno quattro interisti meriterebbero questo riconoscimento, ma alla fine optiamo per il portiere, non solo per alcuni interventi strepitosi e, tra questi, quello che è per me la più bella parata del decennio in corso, ma perché a compierla è stato un uomo di 36 anni, alto appena 1,83. Il Barcellona l’ha trafitto sei volte, ma se il 31 maggio Pedri e compagnia andranno in spiaggia e vedranno la finale (forse) in tv, il merito è in gran parte suo.

Acerbi 8 Un altro vecchietto che ha sputato due anime, una là e un’altra qui, e, se non si è accorciato la vita, se la è allungata a dismisura. Quello che è certo è che Flick stanotte ha tentato inutilmente di espellerlo dalla camera, di cacciarlo dagli incubi o, magari, di annegarlo nell’alcool.

Frattesi 7,5 Un giocatore che non amo, si sa, ma che ha pochi emuli al mondo nella capacità di materializzarsi dal nulla quando gli avversari lo pensano da tutt’altra parte. E se ciò avviene nell’area avversaria, diventa un killer freddo e infallibile.

Lautaro 7,5 Uscito dal campo a metà gara all’andata con il rischio di dover vedere il resto della stagione sul divano in famiglia, eccolo in campo sei giorni dopo, ferreo come un Capitano, a sbloccare la gara e a subire il rigore del raddoppio interista. A 27 anni, ha segnato ieri sera il suo 151° gol nerazzurro. Fosse un rigorista, tra penalty sbagliati e quelli, per fortuna, tirati da altri, sarebbe a mio parere già terzo alle spalle di Altobelli, secondo tra i bomber del Biscione di sempre con 209 reti.

Acerbi, immenso

BARCELLONA

IL MIGLIORE Yamal 9,5 So che i miei giudizi molto positivi su di lui fanno molto discutere e di questo sono molto contento, perfino orgoglioso. Nel senso che, intorno alle cose di spessore culturale come è anche il Calcio a questi livelli, la discussione, anche accesa e divergente, è conferma di vita, di succo e di sostanza. A mio modo di vedere, la prestazione di Yamal a San Siro conferma e amplifica quanto già espresso mercoledì scorso. L’aumento del voto è giustificato dal fatto di aver giocato in un ambiente sportivamente ostile.

De Jong 8,5 Prestazione lussuosa quanto efficace per questo piccolo faro olandese che illumina tutto e convoglia nel posto giusto ogni pallone in transito. Baluardo, sponda, traghetto, luce che guida o luce che proietta, ogni ruolo ch interpreta sembra il suo da sempre. È lui, con buona pace di quelli cui piacciono i lustrini, il vero sangue vitale del Barcellona.

Raphinha 6 Ecco un giocatore vincente, uno che sa aspettare il momento giusto per piazzare la zampata. Al Montjuic ha scagliato una fiondata da lontanissimo, a Milano ha atteso paziente l’uscita di Dumfries (8 anche ieri), che l’aveva ben contenuto, per scagliare alle spalle di Sommer un pallone con su scritto Munich. Meno male che Acerbi l’ha bucato e Frattesi l’ha poi tagliato a fette.

Pedri 5,5 Persevero e ribadisco. Anche in questo caso, ma in senso opposto, mi sono giunte perplessità sul mio giudizio intorno alla partita di questo sicuro talento che, secondo me, difetta però di coraggio. È troppo giovane per fare il giocatore d’ordine come Jorginho che, quando lucido, non sbagliava un passaggio, ma li faceva tutti di un metro e mezzo o due al massimo. Pedri contro l’Inter, là e qua, è stato un po’ così, è andato sul sicuro, aumentando le proprie percentuali, ma non illuminando veramente mai.

ARBITRO

Marciniak 4– Chiudo questo resoconto con un doveroso commento sull’arbitraggio. I lettori di Game of Goals sanno quanto io mi sia occupato del modo dei fischietti e dell’evoluzione tecnologica, ahimè più che mai necessaria, che gli sta intorno. Ieri sera è stato designato l’arbitro che ha diretto l’ultima Finale Mondiale e che è giustamente considerato il numero uno a livello planetario. Ebbene, il signor Marciniak, tra altre cose, non ha assegnato un rigore evidente all’Inter e ne ha concesso uno ai blaugrana per un fallo commesso fuori area. Meno male che i colleghi al VAR l’hanno corretto, altrimenti staremmo commentando un 4-1 per il Barcellona con buona pace dei soliti piagnistei degli sconfitti, come si diceva una volta.
Il problema vero, purtroppo, è il fatto che l’uso, peraltro appunto inevitabile, della tecnologia ha peggiorato di molto il livello di prestazione e attendibilità degli arbitri di campo, anche dei migliori in assoluto. Ripeto, se questa partita si fosse giocata prima del Var, i catalani l’avrebbero vinta in carrozza. E si fosse giocata prima della moviola, quel risultato fasullo non avrebbe destato alcuna polemica. Questo voto, più che al singolo polacco, è alla categoria e a un sistema che scoppia.
L’aspetto paradossale è che, persino il giorno dopo, a lamentarsi di lui sia il Barcellona.

Seguici

Altre storie di Goals

1988 Girone B: URSS-Olanda 1-0

Immagine di copertina: Mychajlyčenko, vanamente inseguito dai difensori olandesi È un’autentica beffa per l’Olanda il debutto all’Europeo 1988. Gli olandesi costruiscono moltissime palle-gol, ma vengono

Inter-Barcellona, la “Guerra dei mondi”

Ungheria-Germania Ovest 1954, Olanda-Germania Ovest 1974, Italia-Brasile 1982, Inter-Barcellona 2010, e volendo possiamo aggiungere Ajax-Tottenham 2019 e ovviamente Inter-Barcellona 2024, l’ultima puntata di quello che

1998 Finale: Real Madrid Juventus 1-0

La zampata di Pedrag Mijatovic regala al Real Madrid il suo settimo trionfo in Champions League, nella cornice dell’Amsterdam Arena. La Juventus di Marcello Lippi