Madrid, Stadio Santiago Bernabéu, 7 dicembre 1996
Dopo una stagione di transizione, conclusa con degli anonimi terzo e quinto posto, Barcellona e Real Madrid rialzano la testa, rivoluzionando le proprie rose e optando per nomi nuovi in panchina.
A Madrid è arrivato Fabio Capello, reduce da un epocale ciclo nella Milano rossonera, e con lui il piccolo fenomeno della balistica (e non solo) Roberto Carlos, un paio di attaccanti slavi dai luminosi presente e futuro: tre giocatori di grande talento si affiancano così ai tre pilastri della squadra, Hierro, Redondo e Raúl.
A Barcellona si è chiusa l’epopea di Johann, con un campionato deludente e con una semifinale UEFA: la rivoluzione innescata dal genio olandese devierà per sempre il corso della storia blaugrana, ma per la stagione 96/97 il club punta su un allenatore dal pedigree di prim’ordine e figlio di un calcio diverso da quello predicato da Johann, il grande Bobby Robson, affiancato in panchina da un giovane portoghese che sta prendendo appunti ed è in rampa di lancio per la gloria, José Mourinho. Il Barcellona ha inoltre deciso di puntare su talento emergente del calcio mondiale, un brasiliano di vent’anni che possiede doti atletiche avveniristiche e che è destinato a riscrivere, per qualche stagione, le coordinate di ciò che è possibile portare a termine su un campo di calcio.
Il Clasico che si disputa nel dicembre 1996 è già una partita potenzialmente decisiva per il titolo, con le due grandi in fuga solitaria. La sfida è più equilibrata di quanto non dica il risultato, perché gli ospiti, soprattutto nella ripresa, giocano un ottimo calcio e sfiorano ripetutamente il gol, ma nel complesso il successo madrileno è legittimo.
Le pagelle – Real Madrid
IL MIGLIORE: Fernando Hierro 7
Il sultano di Madrid tiene strette nelle sue solide mani le redini della squadra: insuperabile in fase difensiva, nonostante affronti un Fenomeno della natura, ha more solito il pregio di salire fino a centrocampo impostando il gioco come il più navigato dei registi. Campionissimo.
Roberto Carlos 6,5: l’atomico freak della natura non è ancora continuo sui novanta minuti, ma quando si accende è capace di qualsiasi prodezza balistica. Suo l’assist per il gol che sblocca la partita.
Predrag Mijatović 6,5: il suo annus mirabilis, che lo porterà al secondo posto nella graduatoria del pallone d’oro nel 1997, lo vede primeggiare tra i compagni di squadra per colpi di classe, e segnare con un tocco morbido di destro il gol che chiude la partita.
Davor Šuker 6,5: reduce da un Euro 1996 che l’ha lanciato tra i grandi del Vecchio Continente, Davor commette qualche errore di misura ma si conferma giocatore di classe superiore e sblocca la partita con un sinistro velenoso.
Clarence Seedorf 6,5: come gli altri, il giovanissimo e nuovo volto del Real è poco continuo nel corso dei novanta minuti, ma esibisce gamba, classe e determinazione. Suo l’assist, con uno splendido tocco di destro, per il gol di Predrag.
Le pagelle – Barcellona
IL MIGLIORE: Luis Enrique 7
Lucho, protagonista di un discusso trasferimento proprio da Madrid, sta disputando una delle stagioni della vita, schierato come laterale destro che si trasforma tuttavia e più che altro in un universale. La rasatura e alcuni spunti in velocità sono ingannevoli: in diverse azioni sono convinto di vedere all’opera Ronaldo, e invece la giocata porta la firma di Lucho. Meravigliosa una rovesciata che sbatte sul palo.
Luís Figo 7: nel primo tempo disegna calcio, superando Roberto Carlos e chiunque gli si pari davanti con alcune veroniche da capogiro. Cala nella ripresa, ma rimane uno dei più positivi tra gli ospiti.
Gheorge Popescu 5,5: serata poco brillante del centrale rumeno, spesso in affanno contro i due attaccanti dei Blancos e corresponsabile dei loro gol.
Laurent Blanc 5: il “libero” francese commette alcuni errori di posizionamento indegni di un campione come lui, e regala a Davor il gol dell’uno a zero. Serata da dimenticare.
Ronaldo 5: la nota dolente. Chiaramente nessuno si sogna di discutere il Ronaldo dell’epoca, un marziano sbarcato tra gli umani. Ma la prestazione del Bernabéu è da dimenticare: un paio di spunti da Fenomeno sullo stretto non possono riscattare una decina di palloni persi nell’uno contro uno, un gol sbagliato in maniera incomprensibile e almeno quaranta minuti trascorsi senza che tocchi palla.