Immagine di copertina: Paul Ince, migliore in campo
Manchester, Old Trafford, 30 maggio 1994
Era una di quelle giornate in cui Manchester sembrava risorgere dalla sua stessa pietra e pioggia, un mosaico di nuvole grigie che danzavano attorno alle cattedrali del calcio. Nella mente degli appassionati, la partita tra Manchester United e Liverpool è molto più di un semplice incontro sportivo: è la celebrazione di una rivalità infuocata, la liturgia che trascende il tempo. Le strade pulsano di vita, i colori della città alterati dalle sciarpe rosse dei tifosi, simboli di una fede che non conosce veramente confini.
Quella partita di ritorno apparteneva ancora ad una Premier League abbastanza acerba e mentre il mondo si stringeva attorno al campo, l’Old Trafford si trasformava in un’arena vibrante, un teatro antico dov’era facile perdere il confine tra il mito e la realtà. Al fischio d’inizio, l’attesa di una bella porzione di Lancashire si riverberava in ogni passaggio, in ogni contrasto. Praticamente una partita opposta a quella dell’andata ad Anfield finita 3 -3. Secca, ruvida e ventosa come il “breeze” che passa sopra le imbarcazioni del vecchio fiume Irwell. E poi, come un lampo in una tempesta, arrivò il momento di Ince, un cavaliere impetuoso nel suo impegno, che giocò con il coraggio di chi comprende l’importanza di essere eroe per un giorno (Moratti anni dopo confidò di essersi innamorato del centrocampista inglese proprio guardando quel match).
Il goal, un colpo preciso alla giugulare calcistica, non solo cambiò il corso della partita, ma congelò il tempo in un susseguirsi di emozioni che scaldavano l’aria fredda di gennaio. Era come se la città stessa tremasse di vita nuova, le case di mattoni rossi nel quartiere di Ancoats risuonavano con gli echi di una vittoria che sembrava destinata a scriversi nei tomi delle meraviglie calcistiche.
Nel frattempo, Manchester brillava con la sua solita miscela di industria e sogno: dalle altezze vertiginose di Beetham Tower alla storia racchiusa tra i vicoli di Northern Quarter. L’energia della città era composta di contrasti essenziali. Non era solo una competizione tra squadre, ma un rendez-vous tra due anime che, come amanti in un dramma di Burgess, si cercavano e si respingevano sulla tela verde del campo, abbracciando una notte di infinite possibilità.
Questa era Manchester. Questa è Manchester. In una delle sue giornate più significative,quel derby del Nord -Ovest dove un microcosmo di desideri umani, immortalato tra le luci che si spegnevano e il suono di “Mersey Paradise” degli Stone Roses , riesce ancora a realizzare quello che molti specialisti chiamano un “sogno lucido”.
Le pagelle – Manchester United
IL MIGLIORE: Paul Ince 8
Leone indomito in campo. Attacca tutti gli spazi lasciati dal Liverpool e recupera più di 31 palloni nella metà campo avversaria. Sembra avere 8 polmoni oltreché un tempismo perfetto sull’unico goal della partita.
Denis Irwin 7: un’annata fantastica quella del terzino irlandese. Nelle due gare contro i rivali di sempre si fa notare sempre per caparbietà,corsa e pure qualche giocata su sovrapposizione. Molto bravo nella diagonale difensiva.
Lee Sharpe 7: Lee secondo molti addetti ai lavori doveva essere l’astro nascente del nuovo United anni 90’ . Velocità,classe e istinto . Aveva tutto per diventare un top e in questa partita lo dimostra ampiamente. Purtroppo qualche infortunio di troppo, un comportamento non sempre professionale e un Giggs in ascesa ne limiteranno il percorso. VOTO 7
Eric Cantona 5,5: cerca lo spunto “magico” durante tutta la partita ma Ruddock lo limita in tutto e per tutto. Prova il dialogo con Hughes ma l’amalgama con il bomber gallese in questo match in particolare sembra davvero offuscata .
Le pagelle – Liverpool
IL MIGLIORE: Steve MacManaman 7
Quando è in giornata siamo di fronte ad un campione vero. Qualità e quantità senza limite. Corre sulla fascia destra e sinistra scambiandosi spesso di posizione con Barnes ma Pallister e Irwin fanno muro. Se avesse la continuità nell’arco di tutti i 90’ minuti a quest’ora ne staremmo parlando come uno degli esterni migliori degli ultimi 30 anni. Il Real Madrid comunque ne rimarrà ammaliato e si dice che Butragueno e Michel fossero sugli spalti di Old Trafford quel giorno.
David James 6,5: se i portieri non avessero fra i loro compiti le uscite, David James sarebbe stato il “goalkeeper” titolare della nazionale inglese. Fra i pali è un gatto . Puro istinto! Compie due salvataggi davvero importanti ma non potrà nulla sul colpo di testa di Ince. Dimostra personalità e temperamento ma spesso pecca di concentrazione.
Jamie Redknapp 5,5: uno dei miei pupilli nella Premier League anni 90’. Centrocampista che correva sulle punte , classico regista cresciuto con il mito di Glenn Hoddle. Abbina qualità a …qualità! Solo che alle volte “si piace” un po’ troppo e si perde nella densità del pressing dei Red Devils . Prova qualche giocata ma rimane sterile .
Ian Rush 5: La leggenda gallese , vincitore di tutto con la maglia dei Reds , autore di innumerevoli goal alcuni dei quali straordinari e di totale importanza non è altro che un mero ricordo. Gli anni passano e non sembrano risparmiare nemmeno uno dei più grandi bomber della storia del calcio d’oltremanica. Ci prova… Urla e combatte. Ma il piglio non sembra esserci più. Verrà sostituito da un giovane attaccante di cui si dice un gran bene : Robbie Fowler.