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Affinità elettive: da Cantona-Totti a Giresse-Modric

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Inauguriamo per Game of Goals una nuova rubrica, il cui scopo è individuare (o forse stabilire, o al limite quasi inventare) analogie tra giocatori all’apparenza piuttosto distanti e non facilmente accostabili per epoca, contesto, a volte anche risultati e dimensione etc… E che, ciononostante, a parere di chi scrive, si somigliano.

Parlo di affinità stravaganti perché vorrei stimolare l’immaginazione e nel caso anche la vis polemica dei lettori, e schivare invece i paragoni più ricorrenti che alimentano il dibattito del web e dei bar da tempo immemore, che si tratti di Maradona e Messi, di Totti e Del Piero etc. Il gioco ha un senso, secondo me, solo se prova ad avvicinare due calciatori la cui associazione non è così immediata e non appartiene al discorso comune.

Eric Cantona e Francesco Totti

Provate a dare un’occhiata al video linkato. Dopo qualche minuto di interrogativi vani – che posso riassumere in un, ok a chi assomiglia Cantona? – nella mia testa si è accesa una torcia che ha illuminato il nome di Francesco Totti. Analogia stravagante, ne convengo, ma a mio parere del tutto sostenibile. Sia Eric che Francesco erano due numeri dieci/seconde punte piuttosto anomali dal punto di vista fisico (dotati di una mole e di una forza notevoli), straordinari in fase di rifinitura e capaci di aprire nuovi scenari alla partita con una verticalizzazione o con un colpo di tacco, ma anche efficaci nel calcio di collo pieno; Totti aveva anche il senso del gol della punta pura e un repertorio più vasto, Cantona, benché più imponente, era più sgusciante e rapido nel dribbling. Entrambi hanno scavato un solco con la concorrenza in campionato e reso meno del previsto sui palchi del calcio internazionale, benché non manchino loro le attenuanti e la loro carriera sia spesso giudicata con severità, su questo fronte (Totti ha messo nel carniere un campionato europeo da campione e un mondiale in cui ha dispensato qualche colpo di classe; Cantona ha disputato di fatto solo due Champions League, e nel secondo caso ha raggiunto le semifinali da miglior giocatore del torneo).

Franz Beckenbauer e Andrea Pirlo

Il Kaiser potrebbe reggere il paragone con una legione di fuoriclasse sparsi in ruoli diversi, ma credo che la sua versione giovanile possa essere accostata al Pirlo dei primi anni in rossonero. Stesso camoscio nei piedi, un portamento simile, posizione in campo pressoché identica; Pirlo aggiungeva un pizzico di genio, avendo una visione a 360 gradi del campo che era e resta merce rarissima nel mondo del calcio, mentre Beckenbauer era più efficace in fase di copertura, tanto da giocare anche come puro mediano e poi, come noto, da libero. Per il resto, ritengo però che il paragone sia sostenibile e possieda una logica, anche perché entrambi hanno trasformato il modo di intendere un ruolo. Il tedesco ha proprio rivoluzionato il concetto di libero, Pirlo ha forse ripristinato o trasportato nella modernità una concezione del regista che sembrava archiviata dalla storia.

Michael Owen e Pato

Obiezione accolta: il giocatore inglese, per quanto martoriato dagli infortuni ed evaporato nel nulla, nella seconda parte della carriera, ha in ogni caso dimostrato di potersi accomodare tra gli attaccanti più importanti del mondo, almeno per due o tre stagioni; più difficile sostenere una tesi simile in favore del Papero. Ciò premesso, ritengo che le affinità tra i due non manchino: si parla di due talenti precocissimi, che di fatto sbancano la concorrenza quando sono ancora minorenni, guadagnandosi l’ammirazione di un numero enorme di estimatori.
Paolo Maldini, prima del debutto di Pato nel gennaio del 2008, si espone e proclama che si tratta del giocatore destinato a cambiare le sorti del Milan; Ancelotti ne parla con estasi già nell’autunno del 2007, pregustando una coppia tutta brasiliana con Kakà che pare destinata a fare il vuoto. Owen si impone come il miglior attaccante inglese, Shearer permettendo, già nel corso della stagione 1997/1998, quando ha diciotto anni scarsi, e ai mondiali di Francia fa scendere la mandibola a metà della popolazione mondiale. E Pato, mutatis mutandis, ha un impatto simile: entrambi sembrano correre senza toccare il terreno, muoversi semplicemente a una velocità diversa rispetto a tutti gli altri, e sono puliti e lucidissimi quando si tratta di calciare in porta. Non si parla di giocatori completi, e anzi a volte sembrano ottusi quando si limitano a prendere il pallone e a puntare la porta, ma il destino sembra essere dalla loro parte. Come noto, non sarà così, a causa soprattutto di una serie infinita di problemi fisici, che impediranno a Owen di consacrarsi a lungo termine e a Pato di diventare un vero campione, confinandolo nel limbo dei talenti (almeno parzialmente) inespressi.

George Best e Neymar

Il fuoriclasse nordirlandese era un sudamericano nato per sbaglio a Belfast e per fortuna oggi abbiamo la possibilità di ammirarlo in numerose partite, nonché nei vari video celebrativi caricati su Youtube, che possiedono più di un’analogia con i vari video celebrativi del più giovane campione brasiliano (per entrambi, a un certo punto ho sentito pronunciare la frase “This boy is playing a game on his own“). Entrambi sprigionano fantasia quasi a ogni tocco, sono velocissimi palla al piede e capaci di saltare l’uomo in un fazzoletto. La cosiddetta sospensione dell’incredulità, quando giocano, è all’ordine del giorno. Simili anche i difetti: non è raro vederli ostinarsi in iniziative personali controproducenti o cercare il dribbling e/o la giocata impossibile anche nelle giornate no, ed è un vizio comune ai giocatori molto istintivi ed estrosi, che spesso però faticano a contenere il proprio istinto e a razionalizzare l’uso della quantità industriale di talento che madre natura ha messo a loro disposizione. La carriera del brasiliano non è ancora terminata e solo quando appenderà gli scarpini al chiodo potremo farci un’idea più precisa e meno emotiva di lui, ma a oggi credo che l’accostamento a George Best, con pregi e difetti annessi, sia già concretamente sostenibile.

Alain Giresse e Luka Modrić

Ho pensato di aggregare il francese al fuoriclasse croato seguendo un processo mentale simile a quello che mi ha portato a vedere analogie tra Totti e Cantona. Il piccolo regista francese, nella gestione del pallone, per le capacità di moto perpetuo, la visione di gioco, l’intelligenza in ogni zona del campo e anche alcuni dettagli tecnici (l’uso dell’esterno, le notevoli doti balistiche) mi ricorda davvero il giocatore croato, che probabilmente l’ha superato per longevità e carriera, ma che resta a mio parere un giocatore di statura simile sul piano tecnico e dell’impatto sulla squadra. Entrambi sono stati peraltro protagonisti di un grande torneo mondiale, che nel caso del francese vale un secondo posto nella graduatoria del pallone d’oro del 1982, alle spalle del solo Paolo Rossi, e per lo slavo vale il premio assegnato dopo Russia 2018.

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