Inizio diametralmente opposto di Roma e Verona in questa prima parte di campionato, con i giallorossi che sono a punteggio pieno mentre i gialloblu hanno conosciuto solo sconfitte. Non ci sarà dunque la sfida tra Di Francesco e la sua ex squadra, già sostituito con Tudor in panchina, per una sfida lanciata a José Mourinho che sembra quasi disperata. Se sarà vittoria romanista o veneta lo scopriremo questa sera, ma intanto vediamo se vi ricordate questi cinque giocatori che hanno vestito entrambe le maglie.
Dario Bonetti
Difensore arcigno, amante dei metodi decisi e senza troppi fronzoli, è riuscito a ritagliarsi una carriera di tutto rispetto, nonostante il triste record legato al maggior numero di giornate di squalifica. Dario Bonetti iniziò molto presto nella sua Brescia facendosi conoscere come uno dei migliori difensori della Serie B di fine anni ’70 e così fu proprio Nils Liedholm a volerlo alla Roma. Il suo debutto in Serie A è datato 30 novembre 1980 in una partita contro l’Udinese, ma nei primi due anni si dimostrò ancora un po’ troppo acerbo e così nel 1982 venne prestato alla Sampdoria, perdendo così la stagione dello Scudetto.
Tornò alla base ancora più sicuro dei propri mezzi e fu un titolare della squadra che arrivò fino alla finale della Coppa dei Campioni, prima di essere ceduto al Milan nel 1986. Dopo un solo deludente anno in rossonero venne ceduto al Verona dove ebbe qualche problema fisico, ma per due anni guidò magistralmente la difesa scaligera verso due salvezze e al termine della stagione 1989 passò alla Juventus. La sua carriera stava ormai giungendo al termine e così dopo i bianconeri vestì le maglie anche di Sampdoria e Spal, prima di ritirarsi nel 1993.

Angelo Domenghini
Uno dei più grandi giocatori d’attacco della Nazionale italiana di sempre, capace di essere straordinario goleador in gioventù per poi diventare un’infaticabile ala destra negli anni della maturazione. Angelo Domenghini iniziò nella sua Atalanta, lui bergamasco di Lallio, e il debutto in Serie A avvenne nell’ultima giornata della stagione 1960-61, quando aveva solo vent’anni, in una trasferta a Udine.
Rimase aggregato alla squadra giovanile anche per la stagione successiva, fino a quando Paolo Tabanelli non decise di lanciarlo definitivamente tra i grandi facendolo diventare un titolarissimo e la prima rete è una di quelle che non si scordano. A Torino contro la Juventus è Domingo a sbloccare il risultato e a portare la Dea in Paradiso con una fantastica vittoria per 2-3 ed è solo l’inizio di quella che sarà una stagione memorabile. I bergamaschi arrivarono in finale di Coppa Italia contro il Torino e fu proprio una tripletta di Domenghini a stendere i granata e a regalare quella che ancora oggi risulta essere l’unico trofeo degli orobici. Partecipò anche alla Coppa delle Coppe dove realizzò una rete a Bergamo contro lo Sporting ma ben presto avrebbe dovuto cambiare tipologia di nerazzurro.
L’Inter del Mago Herrera aveva bisogno di un centravanti per il campionato e così, mentre lo spagnolo Peirò poteva essere usato in Coppa dei Campioni, in Serie A fu Domenghini a diventare l’uomo gol per portare la squadra alla vittoria di due campionati consecutivi, in particolar modo nella seconda stagione dove segnò 12 reti, il suo record personale. Divenne anche campione d’Europa nel 1965, seppur con un ruolo minore, ma iniziò la sua trasformazione da centravanti ad ala destra e questa sua nuova posizione gli permise di diventare una colonna della Nazionale, anche se i problemi col neopresidente Fraizzoli lo portarono a cambiare maglia per andare a Cagliari.
Nell’isola divenne uno degli eroi dello straordinario Scudetto del 1970 e nello stesso anno sfiorò la vittoria del Mondiale in Messico. In Sardegna vi rimase fino al 1973 prima di passare alla Roma in quella stagione dove contribuì allo Scudetto della Lazio perché una sua rete permise ai giallorossi di battere la Juventus per 3-2 all’Olimpico alla terz’ultima giornata di campionato, evitando un sensibile avvicinamento dei bianconeri alla vetta. Nel 1974 decise di accettare l’offerta del Verona, nonostante questo volesse dire scendere di categoria, ma il bergamasco mise tutto il suo grande servizio a disposizione della squadra risultando uno dei giocatori decisivi per la promozione, nonostante un infortunio gli impedì di giocare lo spareggio per la A contro il Catanzaro.
I problemi fisici gli negarono apparizioni con gli scaligeri nel massimo campionato e così passò prima al Foggia e poi all’Olbia, chiudendo a trentotto anni in quel di Trento.

Urby Emanuelson
È stato uno dei tanti ragazzi prodigio usciti dal grandioso vivaio dell’Ajax, ma crescendo si è perso sempre di più diventando irriconoscibile rispetto agli inizi. Urby Emanuelson passò una vita intera con i Lancieri, entrando nel settore giovanile quando questi aveva solamente otto anni e rimanendo fino all’età di venticinque dopo aver scorrazzato su e giù per la fascia sinistra per tutto questo periodo. Le sue prestazioni lo avevano portato a essere considerato come uno dei migliori talenti Oranje della sua generazione, dove vinse anche l’Europeo Under 21 nel 2006, ma già dagli ultimi anni in Patria ebbe un importante calo di rendimento.
Nel gennaio 2011 il Milan lo acquistò comunque vedendo in lui una grande occasione per poter allungare la rosa in vista del finale di campionato e con il Diavolo vinse la Serie A. Allegri lo stimava enormemente, tanto che nella stagione seguente giocò ben trenta partite e contro il Cesena segnò un gran gol da fuori area, il primo in campionato con la nuova maglia. Dopo un buon inizio anche nell’annata successiva venne ceduto in prestito a gennaio al Fulham prima di tornare ancora dalle parti di San Siro la stagione seguente vendendo però travolto dal disastro rossonero.
Passò alla Roma dove fu poco più che una meteora, addirittura Garcia non lo inserì nella lista Champions disputando solo due spezzoni di partita in sei mesi, e a gennaio ecco l’approdo all’Atalanta dove dimostrò di essere ormai sul viale del tramonto. A Bergamo vi rimase per soli sei mesi, giocando solamente nove partite e non lasciando un grande ricordo, prima di passare al Verona. In gialloblu ci arrivò praticamente dopo un girone intero di un’attività e il suo rendimento ne risentì moltissimo. Delneri gli diede fiducia, ma non riuscì a evitare la retrocessione venendo così definitivamente ceduto e ancora oggi continua a giocare per l’Utrecht.

Nicolás López
Al Mondiale Under 20 del 2013 era stato uno dei giocatori più forti e il suo avvenire radioso sembrava scritto e certo, ma non sempre tutto va come previsto. Nicolás López fu uno dei tanti talenti scoperti dal floridissimo settore giovanile del Nacional di Montevideo e non ancora ventenne venne acquistato dalla Roma di Zeman con l’esordio che fu da favola. Subentrato al posto di Totti riuscì subito a segnare la rete decisiva per il pareggio giallorosso contro il Catania e tutti parlarono di segno del destino.
Per il resto della stagione però vide il campo con il contagocce e quello rimase il suo unico gol giallorosso prima di passare all’Udinese. In Friuli giocò con più continuità ma senza diventare mai un titolare e le cose migliori le fece vedere in quel di Verona. Con Luca Toni riuscì a trovare un’ottima intesa diventando anche il mattatore delle milanesi segnando a entrambe a San Siro e con cinque gol visse la sua migliore, e ultima, annata italiana. Dopo un breve passaggio al Granada tornò in Sudamerica tra Nacional, Internacional e ora Tigres in Messico.

Sebastiano Siviglia
Difensore non troppo appariscente ma molto essenziale nelle giocate ha saputo ritagliarsi un’ottima carriera senza dover essere un predestinato. SebastianoSiviglia finì presto nei dilettanti con l’Audax Ravagnese, dopo essere stato scartato dalla Reggina, ma su di lui decise di puntarci il Parma. In Emilia rimase però sempre e solo nel settore giovanile prima di essere ceduto alla Nocerina e dopo tre anni si guadagnò la Serie A grazie alla chiamata del Verona. Con i veneti segnò il suo primo gol contro la Reggiana ma nonostante una buona stagione non riuscì a evitare la retrocessione. Rimase anche un anno in cadetteria prima di passare all’Atalanta e vivere grandissime annate.
Con i bergamaschi conquistò la promozione nel 2000 e si confermò molto bene nell’ottima stagione seguente in A, tanto che venne acquistato dalla Roma campione d’Italia. Chiuso da due mostri sacri come Samuel e Aldair scese in campo solamente in cinque occasioni in Serie A non riuscendo a incidere e iniziando un periodo negativo proseguito a Parma e con un deludente ritorno a Bergamo. Si riprese a Lecce con Delio Rossi e nell’estate 2004 tornò nella Capitale, questa volta sponda Lazio dove vi rimase fino al 2010, anno in cui chiuse la carriera.
