Immagine di copertina: l’Uruguay festeggia la Coppa América del 1923
È la prima competizione per nazionali mai creata: è la Coppa América, giunta quest’anno alla 47ª edizione. Si giocherà in Brasile dopo i problemi (legati alla pandemia da COVID-19, ma non solo) sorti in Argentina e Colombia. I verdeoro, già detentori del trofeo, saranno ancora i favoriti. La Coppa América è una competizione di enorme fascino. Né Pelé né Maradona, le due icone somme del calcio sudamericano e non solo, l’hanno mai vinta: Pelé fu capocannoniere e miglior giocatore nel 1959, ma il suo Brasile fu preceduto nella classifica finale dall’Argentina. Maradona ha disputato la competizione tre volte (1979, 1987 e 1989) brillando a ondate e ottenendo al massimo un 3° posto. E finora non è riuscito a vincere nemmeno Messi, con cinque tentativi andati a vuoto: due finali perse e prestazioni da montagne russe per il fenomeno del 21° secolo che tra pochi giorni in Brasile tenterà di dare un nuovo assalto alla competizione.
Per tuffarci nella storia, anche qui ho provato a imbastire una top 11 dei giocatori che l’hanno vinta. Scelte non facili poiché bisogna giocoforza sconfinare nell’epoca pretelevisiva e dell’anteguerra. Il parametro usato, come per l’Europeo, è stato di guardare sì all’impatto avuto nelle competizioni, ma anche al valore assoluto dei giocatori.
Portiere
LADISLAO MAZURKIEWICZ
Uruguay, 1967
Probabilmente il più grande portiere della storia dell’Uruguay e uno dei massimi anche a livello sudamericano. Temerario nelle uscite, solido tra i pali, dotato di riflessi felini. Icona del suo tempo, celebre l’uno contro uno con Pelé al Mondiale ’70, quando O Rei lo irrise con una finta, ma calciò fuori di un soffio in diagonale. Ha fatto parte del più grande Uruguay degli ultimi 60 anni, quello capace di vincere la Coppa América 1967 e giungere quarto nel Mondiale messicano.
Difesa
CAFU
Brasile, 1997-1999
Scelta ai punti tra lui, l’uruguagio José Leandro Andrade e un altro brasiliano, Dani Alves, per la corsia di destra. Ma voto per il Pendolino, capace di vincere tutto in carriera e più volte: Libertadores, Intercontinentale, Champions League, Coppa América, Mondiale… Un palmares infinito. Nato esterno d’attacco, si è presto tramutato in un terzino completo, bravissimo ad attaccare ma anche a difendere. Un portento in termini di apici, continuità e longevità.
JOSÉ NASAZZI
Uruguay, 1923-1924-1926-1935
El gran mariscal o anche El terrible, era il capitano e il leader mentale del meraviglioso Uruguay pigliatutto degli anni ’20, che vinse anche 2 Olimpiadi e il primo Mondiale della storia. Terzino metodista, giocava nel cuore dell’area e spazzava via ogni insidia: lo si vede chiaramente dalle rare immagini in bianco e nero della finale mondiale 1930 contro l’Argentina. Difensore duro, carismatico, dotato nel tocco, fu impiegato in carriera anche da mezzala.
HÉCTOR CHUMPITAZ
Perù, 1975
I sudamericani ritengono lui, Nasazzi, Passarella e Figueroa i quattro cavalieri difensivi del calcio del subcontinente. Forse ci starebbero anche Perfumo o Domingos da Guia. Ma questo la dice lunga sull’enorme considerazione che c’è oltre Oceano per il centrale difensivo peruviano, che con Teofilo Cubillas fu la stella della miglior generazione mai espressa dal Perù: campione del Sudamerica nel 1975, quarti di finale al Mondiale ’70, seconda fase raggiunta anche nel ’78 mettendosi alle spalle nel primo girone l’Olanda.
ROBERTO CARLOS
Brasile, 1997-1999
Cafu da un lato, Roberto Carlos dall’altro. Una coppia di terzini con la C e la T che andrebbero rigorosamente maiuscoli, forse come somma di valori il duo di esterni bassi più forte mai visto. A dispetto dei falsi miti, Carlos è stato un ottimo difensore. Anche se la sua più grande qualità era nel saper spingere a tutta fascia, un treno difficile da arginare nelle giornate di vena. Carriera longeva e molto vincente, aveva piedi e visione di gioco da mezzala.
Centrocampo
ALFRÉDO DI STEFANO
Argentina, 1947
Non un vero centrocampista, ma il calciatore universale per eccellenza. Nato attaccante – in questa veste vinse la Coppa América del 1947 e si guadagnò il soprannome di Saeta Rubia – in carriera si è poi trasformato in maestoso uomo-ovunque. Vent’anni ad alto livello senza mai scendere da un’altissima cifra di rendimento, secondo accreditate correnti di pensiero è il migliore di sempre. Il Real Madrid con lui in plancia di comando è diventato il Grande Real, la stella polare dell’Europa calcistica. Corsa, recuperi, regia, inserimenti e gol: una meraviglia a tutto campo.
OBDULIO VARELA
Uruguay, 1942
Se c’è un mediano iconico nella storia del calcio mondiale, questo è lui. L’eroe del Maracanaço, che otto anni prima compì un’impresa quasi altrettanto memorabile: il suo piccolo e sfavorito Uruguay che piegò di misura nello scontro decisivo per assegnare la Coppa América la favoritissima Argentina. E Obdulio, El Negro Jefe, all’epoca 25enne, era già il capopopolo, il leader assoluto, tanto da venire proclamato miglior giocatore della manifestazione.
JOSÉ MANUEL MORENO
Argentina, 1941-1947
Il dominatore assoluto degli anni ’40, un Maradona ante litteram per genio e sregolatezza. Con un pallone ai piedi in grado di concepire e realizzare qualsiasi prodezza. Architrave del meraviglioso River Plate della Máquina, venerato come un dio dai suoi compatrioti e dai suoi contemporanei, amante dei vizi e della bella vita. Eppure sempre irreprensibile in campo e protagonista di una carriera particolarmente longeva, oltre che straordinariamente vincente.
Attacco
HÉCTOR SCARONE
Uruguay, 1917-1923-1924-1926
Il Mago o il Gardel del fútbol, mezzala destra e stella assoluta dell’Uruguay imbattibile degli anni ’20. Dribbling, personalità, completezza tecnica, scaltrezza, assist e gol: un bagaglio tecnico infinito. Specialista dei calci di punizione, dei rigori e fortissimo anche di testa nonostante la statura non elevata. Ha attraversato oltre 10 anni di calcio ad alto livello, una rarità per la sua epoca. Idolo giovanile di Santiago Bernabéu, per Zamora, Meazza, Monti e diversi altri è stato il più grande calciatore dell’anteguerra.
ROMÁRIO
Brasile, 1989-1997
Un predatore del gol, dopo Bican e Cristiano Ronaldo l’uomo che ha segnato più reti in gare ufficiali nella storia. Qualche vizio, amante del carnevale e della vita notturna, ma senza gli eccessi di certi suoi connazionali: Romário si è sempre gestito con furbizia e intelligenza anche fuori dal campo, le stesse qualità che metteva in mostra sul rettangolo di gioco. Anche per questo ha saputo conservarsi a lungo. Rapido, sgusciante, tecnico e mortifero, un cobra dell’area di rigore, tipica personificazione del malandro brasiliano.
RONALDO
Brasile, 1997-1999
Il Fenomeno, l’attaccante che per un biennio sembrava destinato al gotha. Dopo il mistero di Francia ’98, piagato da diversi infortuni devastanti, è rimasto un favoloso centravanti ma distante anni luce dal portento abbagliante di prima. Al suo prime, inarrestabile: tecnica in velocità da capogiro, istinto del gol, un repertorio pazzesco di dribbling e finte, un missile capace di travolgere ogni avversario. Due Coppa América in bacheca, oltre al Mondiale 2002, in nazionale ha sempre offerto un rendimento eccezionale.