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Marco van Basten vs Roberto Baggio, duello musicale tra due eterni poeti

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Due dei giocatori più amati e importanti nella storia della serie A. Due ruoli diversi, ma questo non impedisce a Tommaso Ciuti di proporre questo nuovo, appassionante, confronto. Ad accomunarli oltre al periodo storico (van Basten classe ’64, Baggio classe ’67) sia un tocco di classe pazzesco sia i tanti devastanti infortuni che hanno accorciato o frenato la loro carriera.

Tommaso Ciuti

Due talenti dal dribbling morbido ed etereo, anche se dal fisico e dalla corporatura diversa. Baggio era più un pittore anarchico senza regole, impossibile da ingabbiare; Van Basten un centravanti “atipico”, non solo opportunista ma anche un “espressionista del Bello”. Tormentati entrambi dagli infortuni che segnarono irreversibilmente le rispettive carriere, non è un caso che entrambi abbiano avuto un rapporto controverso con l’allenatore che più di tutti è stato accusato di essere brutale con i giocatori di talento che però sono poco inclini a seguire la rigidità di moduli e schemi: Arrigo Sacchi.
Per quanto reputi entrambi fuoriclasse della stessa caratura, il fatto di stare più tempo dentro squadre che lottano per i vertici fa pendere l’ago della mia bilancia più verso il Cigno complessivamente, anche se il Divin Codino rimane uno dei giocatori che ho amato di più.

Alessandro Sartore

Quello tra Baggio e Van Basten è il confronto tra due artisti. Due fuoriclasse con caratteristiche diverse, ma accomunati da un aspetto: hanno regalato emozioni e spettacolo.
Entrambi hanno lottato contro gli infortuni e contro gli schemi – e lo stesso allenatore, Arrigo Sacchi – che ne limitarono il genio, conquistando, però, in modo plebiscitario il grande pubblico.
Baggio è il campione di tutti.
Nonostante abbia indossato tante maglie, per i tifosi è il Divin Codino. Dalle notti magiche del ’90 a Pasadena ’94 ha dispensato pennellate indimenticabili, portando l’Italia ad un passo dal tetto del mondo.
Van Basten è il Cigno, forse l’attaccante più elegante della storia nella categoria oltre il metro e ottanta di altezza.
Eupalla – la mitica divinità del pallone inventata da Brera – non seppe difenderlo dal fato meschino che ne stoppò anzitempo la carriera.
Al netto delle vittorie, li metto ex equo nella mia personale classifica.
La poesia, l’arte, la musica erano condensate nelle sublimi giocate di Roby&Marco.

Jo Araf

Vado per Van Basten. Ovviamente parliamo di due fuoriclasse dal ruolo diverso e che avrebbero potuto coesistere a meraviglia, ma reputo Van Basten mezzo gradino sopra. Perché più di Baggio è riuscito a legare il suo nome ad un club (con tanto di ciclo di vittorie) e ad una nazionale, cosa che Baggio ha fatto un po’ ad intermittenza. Le distanze comunque sono tutt’altro che abissali, e credo che Baggio abbia, paradossalmente, pagato il fatto di essere ‘italiano’ perché più di un allenatore o non lo ha compreso del tutto o lo ha sacrificato sull’altare del modulo e della tattica.

Niccolò Mello

Paragone difficile. Due giocatori diversi. Una prima punta con la classe e la visione di gioco del 10. Una seconda punta di puro genio. Sarebbero stati forse una coppia immensa. Avrei visto di più un parallelo Baggio vs Zico, Baggio vs Rivera, Baggio vs Zidane. E van Basten confrontato agli altri grandi numeri 9, stile Gerd Müller o Ronaldo il Fenomeno, tutt’al più con CR7, che pure non è un centravanti.
Sia van Basten sia Baggio accomunati da una classe e un tocco di palla sopraffini; dagli infortuni che li hanno penalizzati e hanno impedito di ammirarli a un livello ancora più alto; dall’amore e dall’affetto incondizionato della gente.
Come valore assoluto ritengo che van Basten abbia avuto qualcosa in più.
Più vincente, più determinante ad alto livello, più impattante per le proprie squadre.
Baggio resta ad ogni modo un grande genio senza dubbio, probabilmente con Rivera il più grande calciatore italiano del dopo-Superga.

Francesco Buffoli

van Basten era la perfezione, celebrava magici rituali di armonia e cercava il gol come l’approdo naturale della sua coordinazione e della sua precisione. Baggio un giocatore fuori dagli schemi, quasi la personificazione del concetto di talento, un altro atleta capace di far apparire naturale ogni gesto. La carriera premia di poco l’olandese, perno e primo violino di squadre epocali, dotato della cattiveria dei giganti nei momenti cruciali. È un enorme peccato che i guai fisici abbiano limitato la carriera di entrambi.

Una carrellata di grandi gol del Cigno di Utrecht

Roberto Baggio, il genio italiano


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