Més que un club. Sta tutta in queste quattro parole la magia del Barcellona. Il Barça, che in questi ultimi anni con il suo gioco – il “tiqui taca” – sta incantando il mondo e mietendo successi in serie, rappresenta qualcosa di più di un semplice club di calcio. È la Catalogna, ne incarna lo spirito, l’identità, la lingua, le speranze e le istanze, le pulsioni e la filosofia di vita.
Andrea Fanì, in -“Sognando il Barça”, Lìmina – ripercorre e racconta i momenti gloriosi e quelli tormentati del sodalizio blaugrana. Cosmopolita per nascita, tra i suoi fondatori si annoverano svizzeri, inglesi e catalani, il club vide la luce nel 1899 grazie al coraggio di Joan Gamper che con tenacia e competenza diede forma ai sogni plasmando una squadra capace di far veramente sognare, quella di Alcantara, Zamora, Samitier.
Ma è con Kubala, Kocsis, Czibor e Suárez che i blaugrana iniziano a scrivere la storia. I sogni però durano poco e si frantumano prima per il mancato arrivo di Di Stefano – finito all’odiato Real – poi per la finale di coppa dei Campioni persa contro il Benfica nel 1961. Il popolo culè, soprannome dei supporters blaugrana, vive quindi un lungo digiuno interrotto solo agli inizi degli anni ’70 dall’arrivo del duo orange Michels-Cruyff, spartito e musica del “calcio totale” olandese, prontamente ridisegnato in salsa catalana.
Con il “Profeta” in campo e con Laureano Ruiz a dirigere il settore giovanile si gettano le basi della ‘filosofia Barça’, i cui frutti i catalani stanno raccogliendo a piene mani in questi anni. Nasce la Masia, la casa della cantera, il settore giovanile del Barcellona, pozzo dei miracoli attuali dal quale il club attinge i suoi talenti a km 0.
Per salire sul tetto d’Europa il Barcellona deve però attendere il passaggio di Cruyff dal campo alla panchina a dirigere l’orchestra o meglio il primo Dream team, – il cui nome derivava dai fenomeni del basket USA che diedero spettacolo alle Olimpiadi di Barcellona del ’92 – quello di Zubizzareta, Guardiola, Stoichkov, Laudrup e del ‘giustiziere’ della Sampdoria nella finale di coppa Campioni del ’92 a Wembley, Ronald Koeman.
La storia del Barça si intreccia anche a quella di due grandissimi: Diego Armando Maradona e Ronaldo. Quella dei due fuoriclasse in blaugrana rimarrà però poco più che un’avventura, un raggio di luce che passa veloce e non si lascia afferrare.
È un altro olandese, l’allenatore Louis Van Gaal, ad aprire la stagione più felice del club. Il suo lavoro è perfezionato dal “tulipano nero” Frank Rijkaard che si avvale del talento cristallino del brasiliano Ronaldinho. Ma la macchina diviene vincente ed incontenibile quando alla guida viene chiamato il ‘cervello’ del dream team di Cruyff, Pep Guardiola. Con lui in panchina e con Messi, Xavi, Iniesta, Fabregas e tanti altri fenomeni a ricamare calcio, il Barça torna a far sognare: 14 trofei in 4 stagioni, tanto calcio spettacolo e la consapevolezza di essere «més que un club».
Alessandro Sartore