Immagine di copertina: l’esultanza dei madridisti dopo i calci di rigore
La crudele mannaia della Champions League non fa sconti neanche ad un boia solitamente cinico e spietato come Diego Simeone, che neanche di fronte alla più atroce delle beffe riesce ad abbassare il capo, andando a riscuotere dal pubblico del Metropolitano gli scroscianti applausi per il suo Atletico Madrid. Insomma, senza girarci troppo intorno, è andata proprio come la tradizione ci ha insegnato ad aspettarci che andasse: l’applicazione marziale dei Colchoneros contrapposta alla classe e alla malizia del Real Madrid, destinato ad avere la meglio per una specie di diritto divino.
In molti tuttavia, dopo il match d’andata, erano rimasti con l’impressione che la squadra di Ancelotti avesse abbassato un po’ troppo il ritmo dopo aver trovato il 2-1 a inizio ripresa, esponendosi dunque ulteriormente alle innumerevoli trappole del Wanda Metropolitano. Questi sospetti trovano conferma dopo appena 27 secondi: il tap-in di Gallagher, inseritosi alla perfezione per concludere un’azione sviluppatasi sulla destra (il lato forte dell’Atleti), ristabilisce immediatamente la parità. Soltanto in un’altra occasione il Real Madrid aveva subito gol così rapidamente in Champions League, sempre in un ottavo di finale di ritorno: era il 2007, e l’avversario era il Bayern Monaco del Pistolero Roy Makaay.
La rete incassata a freddo è un duro colpo per i Blancos, che pur senza cedere non riescono a trovare le contromisure adeguate nel corso dell’intero primo tempo; il possesso perimetrale di Modric & co. fa soltanto il solletico a un blocco basso esperto come quello dell’Atletico, che va all’intervallo avendo creato ben più pericoli, e con la sensazione che la gara stia andando sui binari prediletti da Simeone. Il secondo tempo inizia dunque sulla falsariga del primo, con un Real ancora più insistente, e un Atletico che non riesce ad approfittarne in transizione.
Un ruolo importante lo svolgono i cambi: il Cholo mantiene l’XI titolare intatto fino all’85’, mentre le prime sostituzioni di Ancelotti arrivano ben 20 minuti prima. Ad avere l’impatto migliore dalla panchina è indubbiamente Camavinga, abilissimo a recuperare palla e a innescare il primo contropiede della serata del Real, evento raro considerando l’ontologica renitenza dell’Atletico Madrid a farsi trovare scoperto; chi va a nozze con certi spazi è Mbappé, fin lì in ombra, che sfreccia tra Gimenez e Lenglet venendo abbattuto da quest’ultimo in area di rigore. Il dischetto regala tuttavia il primo grande momento di shock della serata: Vinicius, nemico pubblico n°1, sbaglia clamorosamente, spedendo il pallone in curva.
I supplementari, e gli eventuali rigori, sembrano dunque la soluzione più logica per sbloccare un doppio confronto così equilibrato. A sparigliare le carte ci prova il dodicesimo uomo per eccellenza di Simeone, ossia Angel Correa, protagonista degli ultimi due lampi offensivi della partita dei biancorossi: nel primo caso, l’argentino pecca di egoismo, non servendo il proprio connazionale Alvarez nel cuore dell’area, e intestardendosi nella soluzione personale, mentre qualche minuto dopo sarà soltanto un grande recupero di Rudiger a negargli l’assist al bacio per il neoentrato Sorloth.
Dopo due ore di gioco non esattamente indimenticabili, i rigori sono dunque il giusto epilogo dell’Euroderby Madrileño; dopo i tiri impeccabili di Mbappé, Sorloth e Bellingham, la sliding door destinata a consegnare alla storia questa partita capita sul destro di Julian Alvarez, che trasforma anch’egli il proprio rigore, ignaro del tremendo scherzo che il destino ha preparato per lui. L’ex River Plate, scivolato mentre calciava, ha infatti toccato il pallone in maniera impercettibile col piede d’appoggio, con conseguente annullamento al VAR, e inerzia psicologica completamente nelle mani del Real Madrid. Persino l’errore di Lucas Vazquez, che potrebbe riportare in parità l’Atletico, sembra un semplice incidente di percorso, incapace di intaccare veramente l’ineluttabilità delle Merengues.
La successiva traversa di Llorente, e il penalty decisivo di Rudiger, stoccatore decisivo proprio come l’anno scorso ai quarti di finale in casa del Manchester City, regalano ad Ancelotti il pass per Londra, dove affronterà l’Arsenal di Arteta. Per il popolo colchonero invece, il letale doppio tocco di Julian entra a far parte di una collezione di momenti da horror, accomunati dal medesimo carnefice: dal cabezazo di Sergio Ramos nel 2014, alla danza del ventre di Benzema del 2017, passando per l’unsung hero Chicharito Hernandez nel 2015, ed il rumore sordo del palo di Juanfran nella finale del 2016, il minimo comune denominatore è sempre lo stesso, e si chiama Real Madrid.
Le pagelle
ATLETICO MADRID
IL MIGLIORE: GIULIANO SIMEONE 7
Sarebbe troppo facile parlare di trasposizione genetica del Cholismo, ma è quasi inevitabile pensarlo vedendolo giocare. Non si risparmia mai in nessuna delle due fasi, crea innumerevoli problemi al Real Madrid sul lato destro, e raramente pecca di lucidità. Per ciò che mette in campo, è indubbiamente l’uomo “in più” dell’Atletico Madrid 2024/25.
DE PAUL 7
Il nucleo argentino dei Colchoneros sa bene come si interpretano partite come questa, in particolare un campione del mondo come De Paul, bravissimo a connettersi con Llorente e Simeone in quella zona di campo, e a innescare potenziali ripartenze con una pulizia tecnica che non tutti gli riconoscono. Solo i crampi lo estromettono dai supplementari.
GIMENEZ 7
Califfo della difesa di Simeone, ha ereditato come meglio non potrebbe lo scettro che fu del Flaco Godin, e si esalta come suo solito negli scontri con gli odiati cugini. Non va praticamente mai in affanno, se non in occasione del rigore conquistato da Mbappé nella ripresa.
GALLAGHER 6,5
Riassume in pieno lo spirito della propria squadra per attitudine e modo di stare in campo, bravissimo a inserirsi nel cuore dell’area piccola per firmare il vantaggio, e a tamponare ripetutamente Rodrygo e Modric, entrambi decisamente poco incisivi nel corso della partita. Svolge al meglio i compiti assegnatigli dal Cholo.
ALVAREZ 6,5
Se nel match d’andata si era visto abbastanza poco, ma gli era bastato per firmare il gol più bello della partita, la sua gara-2 lo vede ben più presente e attivo nel far risalire il campo alla propria squadra, in collaborazione col solito principesco Griezmann (6,5). Si rende pericoloso anche in area di rigore, venendo disinnescato con sicurezza da Courtois, e quanto successo nella lotteria finale non può macchiare quanto fatto vedere da Alvarez nel corso dei 120′.
REAL MADRID
IL MIGLIORE: BELLINGHAM 7
Un po’ sotto tono in un primo tempo giocato a ritmi bassi dal Real, emerge alla distanza, dando verve al centrocampo e assumendosi molte responsabilità all’interno della gara. Probabilmente non verrà celebrata a dovere per la sua poca appariscenza, ma, per chi scrive, è stata una delle migliori serate europee di Bellingham in maglia blanca.
CAMAVINGA 7
Ingresso vitale dalla panchina per il francese, dopo aver parzialmente toppato la gara d’andata. Con lui in mezzo, la squadra di Ancelotti cambia volto, guadagnando gamba e fisicità senza rinunciare alle geometrie, ed alcuni suoi interventi per bloccare i contropiedi dell’Atletico risultano provvidenziali.
ASENCIO 6,5
Si fa un po’ fregare da Simeone in occasione del gol incassato a freddo, ma non si fa condizionare e si conferma un’assoluta certezza difensiva, rimediando anche a qualche rara sbavatura di Rudiger. Oltre alla personalità e alla temperatura emotiva perennemente elevata con cui affronta certi match, impressiona la sua rapidità nei recuperi.
MENDY 5,5
L’ex terzino dell’Olympique Lione, pur non essendo certamente da buttare, non è più così affidabile come negli anni migliori (non solo sul piano fisico, ma anche su quello tecnico), e non stupisce che Ancelotti in stagione si sia affidato a più riprese all’onesto mestierante Fran Garcia. Soffre molto le continue rotazioni dell’Atletico sul proprio lato di competenza con i sopracitati De Paul, Llorente e Simeone, commettendo anche qualche svarione potenzialmente molto pericoloso.
VINICIUS 5
Non da lui steccare ben due partite di fila di tale importanza, considerando quanto ci avesse abituato bene nelle notti di Champions League. Se al Bernabeu tuttavia era semplicemente rimasto in ombra, al Metropolitano risulta addirittura un vero e proprio protagonista in negativo; tenuto a bada alla perfezione dalla catena di destra dell’Atletico, si intestardisce, e perde completamente la lucidità necessaria per battere Oblak dagli 11 metri. Avesse segnato lì, Carletto si sarebbe risparmiato un’ora abbondante di sofferenza…