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La rivoluzione del ’76, di Fabrizio Turco

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«Gli anni Settanta sono gli anni dello Statuto dei lavoratori e del referendum sul divorzio, dell’austerity per la grande crisi petrolifera e delle Brigate Rosse». Parte da questa cornice perfetta oltre che necessaria per ambientare e comprendere l’impresa dello scudetto del Torino nel ‘76, il libro  di Fabrizio Turco – La rivoluzione del ’76, Lìmina -.


Sono anni di grande cambiamento per la città di Torino.  La prima grande emigrazione interna dal Sud del Paese ne ridisegna i tratti, nasce la company town. La rivalità tra le due squadre della città riassume e riflette le differenze sociali ed identitarie presenti. Il Toro rappresenta la parte proletaria e popolare della città e ne incarna lo spirito originario torinese e piemontese, mentre la Juventus, che raccoglie anch’essa il sostegno dei tanti operai venuti dal meridione, è però vista come la squadra dell’aristocrazia e dei padroni, gli Agnelli.

È, quindi, quello che si gioca sul rettangolo verde tra Torino e Juventus, più di un semplice derby.
Il Toro non vince il campionato da 27 anni, da quando il Grande Torino fu rapito in cielo. La Juve parte forte, ma in primavera cade tre volte di seguito. Il Toro ne approfitta, la raggiunge e la sorpassa e dopo gli ultimi 90 minuti al cardiopalma si aggiudica lo scudetto
“Superga vi guarda” è lo striscione che campeggia in Maratona e saluta i campioni d’Italia.
Turco ripercorre con la memoria le tappe di quella cavalcata vincente, i suoi protagonisti, su tutti i gemelli del goal Pulici e Graziani, quindi gli artefici di quel successo il presidente Pianelli e l’allenatore Radice. Quei momenti di gioia infinita, le ore successive, il pellegrinaggio dei tifosi al colle di Superga dove si spense la squadra degli Invincibili rivivono in modo intenso, carichi della passione che può albergare solo in un grande cuore granata come quello dell’autore
Accanto alle pagine felici ecco poi quelle tristi che da sempre accompagnano la storia granata.  Così nel libro trova spazio il ricordo di capitan Ferrini, scomparso pochi mesi dopo lo scudetto, la partecipazione alla Coppa dei Campioni ed il testa a testa con i ‘cugini’, della stagione successiva, finito in beffa.

Turco trova con ‘Torino grande’ una felice chiave di lettura, rispettosa del Grande Torino, per definire la compagine del ’76. Quella squadra vide riconosciuta la sua forza dal CT Bearzot, ex granata, che il 26 gennaio ’77 contro il Belgio vestì di azzurro ben 7 giocatori del Toro. Era dai tempi del Grande Torino che una rappresentativa così nutrita non poteva fregiarsi di tale onore.

Alessandro Sartore 

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